LA LEGA VUOLE 400 ITALIANI MORTI IN PIU’ SULLE STRADE: COSA DICONO GLI STUDI SULL’AUMENTO DEL LIMITE DI VELOCITA’ A 150 KM ORARI
L’ESEMPIO FRANCESE PROVA LA TEORIA: PIU’ VITTIME E INCIDENTI
E’ dal 2001, il progetto era dell’allora ministro Lunardi, che si discute di alzare il limite in autostrada a 150 orari.
Già oggi l’articolo 142 del Codice della Strada prevede la possibilità di elevare il limite a 150 km in particolari condizioni di sicurezza sulle autostrade a tre corsie.
La decisione dovrebbe essere presa dagli enti proprietari o concessionari delle autostrade, ma non l’hanno mai decisa. Perchè? E che succederebbe se si alzassero i limiti? Ecco punto per punto l’analisi della nostra inchiesta.
La teoria ci spiega che aumenterebbero incidenti e feriti. In un Paese grande come l’Italia parliamo di almeno 400 morti in più se si alzasse la velocità media di 5 km/h. Tesi dimostrata dall’esempio francese che abbassando i limiti ha ridotto drasticamente morti e feriti.
Ma andiamo per gradi.
Il professor Claude Got, già presidente del Consiglio scientifico di CEESAR (Centre Europèen d’Etudes de sècuritè et d’Analyse des risques) e membro anziano del Comitato di esperti presso il Consiglio Nazionale della sicurezza stradale francese, sulla rivista “Sciences et Avenir” lo scorso luglio ha spiegato che “In Francia ridurre la velocità massima di 10 km/h, permetterà di salvare mediamente 400 vite all’anno, a patto che la misura centri l’obiettivo di abbassare la velocità media di almeno 5 km/h. Le vite salvate saranno 200 se la media si abbasserà di 2 o 3 km/h. Tutto dipenderà dal modo in cui la legge sarà applicata. Per esempio, se sarà tollerato l’utilizzo di dispositivi di rilevamento di postazioni radar, l’efficacia sulla riduzione della mortalità sarà inferiore”.
Lo studio di Claude Got arrivava a queste conclusioni elaborando in chiave moderna il Salomon, del 1964, effettuato su un campione di 10.000 veicoli incidentati e fondato sui rapporti di polizia stilati, che parte dalle tracce lasciate sul campo del sinistro (ad esempio i segni degli pneumatici), concentrandosi sulla velocità dei mezzi in una situazione di incidente per studiare il tempo di reazione del conducente al momento in cui realizza il pericolo
Ma anche studiando le statistiche relative alla la velocità della vettura al momento dell’impatto, concentrandosi sulla frazione di secondo in cui l’incidente si concretizza, per analizzare la deformazione dei veicoli al momento in cui colpiscono l’ostacolo: si tratta del sistema utilizzato nei crashtest dei costruttori.
Infine, il terzo studio preso in esame da Got è un modello puramente statistico e calcola il rischio di incidente basato sulla velocità media dei veicoli in un determinato tratto di strada.
“Il legame tra velocità e incidenti — conclude il professore – è provato da almeno 115 studi scientifici che esistono, sono noti al mondo scientifico e che si fondano tutti su tre distinti modelli matematici”.
I dati diffusi dall’istituto DESTATIS non sono incoraggianti, per i difensori della libertà di correre, e non solo per le questioni di inquinamento atmosferico.
Un rapporto del 2008 del Consiglio europeo per la sicurezza dei trasporti (CTSE), aveva infatti rilevato che dei 645 decessi stradali in Germania nel 2006, il 67% si era verificato su tratti autostradali senza limiti permanenti, nei quali però sono frequenti interventi giornalieri di limitazione della velocità da remoto in relazione alle condizioni di traffico o meteo.
Ciò indica —e il dato andrebbe allineato con la quantità di ore “limitate”, come suggerì a suo tempo l’ETSC (European Transport Safety Council) — che questi tratti sono assolutamente più pericolosi. Infatti solo il 33% delle vittime si era all’epoca verificato sui tratti limitati.
Sembra incredibile ma proprio l’Italia, con l’introduzione del Tutor — e quindi con il drastico abbattimento della velocità medie delle autostrade — è diventata la prova che più velocità è uguale a più morti e feriti.
Ma la scientificità della tesi non era precisa.
E qui si arriva al clamoroso e recente caso francese: qui è stato abbassato il limite e tutta la situazione è stata messa sotto stretto controllo dall’Osservatorio interministeriale.
Così dopo aver spostato sul circa 400mila km di strade secondarie (quelle a doppio senso di marcia e prive di securvia centrale) il limite da 90 a 80 km/h; la velocità media rilevata sui veicoli in transito sulle strade oggetto di sperimentazione è scesa di 4,7 km/h, portando a un immediato abbassamento sia dell’incidentalità che delle conseguenze fisiche sulle persone (conducenti, passeggeri, altri utenti inseriti nei contesti della circolazione), portando un deciso miglioramento in termini costi-benefici.
Ecco i dati dell’Osservatorio interministeriale della sicurezza stradale (ONISR): le vittime a luglio sono diminuite del 5,5%, mentre in agosto il decremento è stato molto più marcato, arrivando al -15,5%.
Nei 31 giorni di luglio le lenzuola bianche stese sull’asfalto sono state 324, mentre nello stesso periodo dello scorso anno le forze di polizia francesi avevano verbalizzato 343 decessi. Scende anche il numero di persone ferite, in tutto 6.651 (-2%) e il numero di lesioni trattate in ospedale con ricoveri superiori a 3 giorni, con 2.469 referti stilati (-10,5%)
A beneficiare del calo generalizzato sono stati automobilisti e pedoni, mentre motociclisti e ciclisti hanno visto crescere il loro tributo di sangue alla strada, facendo segnare il peggior risultato degli ultimi 5 anni.
Questa tendenza nefasta per moto e bici è stata rilevata anche nel mese di agosto, periodo nel quale, tuttavia, è proseguito il costante abbassamento di tutti gli indici statistici generali: insomma, si muore di meno.
Le vittime complessive sono state 251, mentre nello stesso mese del 2018 il bollettino era arrivato a 297 uccisioni: 46 persone in più sono tornate a casa sane e salve.
È un abbassamento molto importante, come già detto del 15,5%, che inciderà molto sull’andamento annuale francese, già molto importante nel primo semestre dell’anno. 5.395 feriti complessivi (contro i 5.523 di agosto 2017, pari al -2,1%) e 2.082 ricoveri ospedalieri per ferite gravi (nello stesso mese dello scorso anno erano stati 2.402, 320 in più). Quest’ultimo dato fa dunque scendere questa voce del bollettino del 13,3%.
Ma torniamo all’Italia.
Se aumentano i sinistri, magari anche di lieve entità parallelamente ci sarebbero più code e rallentamenti, quindi si correrebbe di più per fermarsi più spesso, è indubitabile. Senza contare che aumenterebbe il differenziale di velocità fra veicoli.
Accadrà di vedere un camion che va in sorpasso ad 82 km/h rispetto ad un altro che va ad 80. Il che significa che per un paio di km le due corsie di destra e centrale saranno occupate e nella terza di sorpasso si butteranno tutti compresi quelli che viaggeranno ad almeno 157 km/h senza sanzione e gli altri che non se ne preoccupano.
La differenza da 130 a 150 km/h comporta un aumento percentuale della velocità di solo il 15%, ma l’energia accumulata aumenta del 33%.
Un esempio? L’energia da riassorbire a 130 km/h e pari a 130×130=16.900 punti. A 150 è pari a 150×150=22.500 punti, +33%.
Lo spazio di frenata cambia radicalmente. A 130 con strada asciutta ci servono circa 90 metri a 150 ne servono circa 120. Con strada bagnata a 130 sono necessari 130 metri per fermarsi. A 150 oltre 170.
Viaggiare a 150 invece che a 130 comporta, a seconda delle auto, un incremento dei consumi di circa il 30 per cento in più. E i maggiori consumi si trasformano ovviamente in maggiori emissioni.
Infine il capitolo “favorevoli e contrari”, per ora non si può fare: essendo un argomento spinoso fino ad oggi nessuno si è pronunciato. Solo l’Asaps si è schierata. “L’elevazione del limite — ci ha spiegato il presidente Giordano Biserni – non porterà concretamente nessun vantaggio, ma comporterà solo svantaggi: più consumi, più inquinamento, più rischi di incidenti e inutili e spesso inesistenti guadagni di tempo”.
“E in Germania poi – conclude Biserni – il numero di persone uccise in incidenti stradali sulle autostrade tedesche senza limite di velocità è aumentato drasticamente, sfidando le previsioni di un calo costante man mano che le auto diventano più sicure. Anche il numero di tamponamenti autostradali è aumentato.
(da “La Repubblica”)
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