AUTOCRITICA GRILLINA: “I NOSTRI TONI HANNO SPAVENTATO”
NOVE ORE DI RIUNIONE TRA GRILLO, CASALEGGIO E LO STAFF….E FARAGE SPINGE PER UN GRUPPO COMUNE
“Abbiamo perso. Non è una sconfitta, siamo oltre la sconfitta”.
Nel Movimento 5 stelle va così. Tutto alla fine rientra nelle categorie dell’essere, non dell’esistere.
Quella che Grillo descrive è una vicenda che va oltre i meri dati numerici, una Caporetto ontologica. Il leader si infila negli uffici della Casaleggio Associati alle 10.00 del mattino, non ne esce che a tarda sera.
Si chiude con l’amico di sempre e con lo staff ad analizzare dati, numeri, dettagli.
Ma le parole che pronuncia nel video diffuso all’ora di pranzo, unica apparizione (online) di una giornata passata chiusa fra quattro mura, danno il polso della fusione del pensiero dei diarchi stellati.
Sì, si è persa una battaglia. Ma non quella combattuta a suon di voti. Piuttosto l’ex comico ha dovuto rimandare la vittoria sulla coscienza civica degli italiani, quella di un paese “formato da generazioni di pensionati che forse non hanno voglia di cambiare, di pensare un po’ ai loro nipoti, ai loro figli, ma preferiscono stare così”.
Di questo hanno parlato Grillo e Casaleggio.
I sondaggi commissionati dal guru durante tutte le ultime due settimane davano costantemente il Movimento sotto il Pd. Distante, troppo distante, non quanto le urne hanno sentenziato, ma in netto ritardo.
Così “l’operazione dolcezza”, quell’ultima settimana di campagna elettorale giocata sull’ammorbidimento dei toni, sulle parole d’ordine della “rivoluzione gentile” a sostituzione del vaffa, non erano un tentativo di drenare quella manciata di voti necessaria per un sorpasso, ma un disperato tentativo di recuperare consensi in quelle fasce che non hanno fatto propria la rabbia antisistema della retorica del capo.
“Vado da Vespa per parlare a chi pensa che io sia Hitler”, aveva detto a otto giorni dalle urne.
“Mi hanno detto di venire qui perchè c’è da recuperare…” aveva detto al conduttore di Porta a Porta, fermandosi a un centimetro dall’ammissione.
Il riferimento al “paese di pensionati” non è casuale. “È lì che abbiamo perso la battaglia – si ragiona a Milano – non ci hanno capito, il nostro messaggio ha spaventato quella parte di elettori”.
“In alcuni momenti i toni forti possono essere utili, in altri momenti storici invece la gente può sentirsi spaventata, non capire il messaggio”, ha spiegato Claudio Messora – capo della comunicazione al Senato e uno dei pivot dell’operazione-Europa – al termine di un brainstorming durato più di nove ore.
“Grillo ha fatto un’analisi, ha detto che c’è una parte di ceto sociale che non vuole cambiare e vuole mantenere i suoi privilegi – ha proseguito – il suo messaggio è stato forse compreso solo parzialmente, noi abbiamo fatto quello che potevamo. Questa è una prima analisi, sicuramente alcune cose possono non avere funzionato”.
Dopo una notte di sofferenza, durante la quale l’ex comico è passato senza soluzione di continuità dalla rabbia alla depressione, arrivando – in ore di puro sconforto – a ponderare seriamente l’ipotesi di mollare tutto, la sconfitta è stata metabolizzata.
“Dobbiamo dare un segnale – hanno ragionato i due leader – dobbiamo spiegare con pacatezza che abbiamo perso, ma che ci siamo, che non molliamo”.
Così, il giorno dopo il diluvio, il volto di Grillo è lavato dal cipiglio.
Quando esce di casa di primo mattino sorride alle telecamere che lo aspettano, e da oltre il finestrino mima una pugnalata al cuore.
A conclusione del video ingoia un maalox, un altro lo offre a Casaleggio, in riferimento a quanto detto davanti al seggio: “O noi o loro ne avremo bisogno”.
La riflessione su quel che è stato e quel che sarà è ancora in fase embrionale. I parlamentari si tengono lontani da Roma, i cellulari dello staff suonano a vuoto.
Il mantra è quello di “una rivoluzione che ha bisogno di più tempo di quello che ci aspettavamo”.
Lo stato d’animo è sintetizzato in una citazione da Laura Castelli: “Voi non avete fermato il vento, gli avete fatto perdere tempo.”
Al contrario, hanno fatto in fretta i fuoriusciti. Al Senato oggi si sono riuniti gli espulsi dal gruppo parlamentare. Un’accelerazione in vista del nuovo gruppo (che dovrebbe contare su undici o dodici effettivi), ormai questione di giorni, se non di ore.
A Milano liquidano la questione con un’alzata di spalle. Sono ore frenetiche, concentrate sul programmare l’immediato futuro.
Gli sherpa di Nigel Farage sono già partiti. Il leader dell’antieuropeista Ukip (vincitore delle elezioni in Gran Bretagna) è alacremente al lavoro, convinto di poter formare a Strasburgo un gruppo alternativo ai populisti di Marine Le Pen.
Per farlo, ha bisogno di convincere gli uomini di Grillo a unirsi in un progetto comune.
Lo staff nicchia: nessuna decisione per il momento, i tempi non sono maturi. Ma l’interesse è grande. E se son rose…
(da “Huffingtonpost”)
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