BERLUSCONI CONTINUA A PENSARE AL QUIRINALE
VARATA LA STRATEGIA
«Allora, per le prime tre votazioni, chiederemo a tutti di votare scheda bianca. È l’unico modo per arrivare alla quarta e provarci per davvero». Ai veterani del berlusconismo, agli uomini che stanno con lui da più tempo e che lo conoscono da una vita, il Silvio Berlusconi impegnato nella campagna del Quirinale ricorda quello delle origini, il costruttore che edificava su terreni su cui altri non avrebbero scommesso una lira, il presidente del Milan che suggeriva al mister la formazione da schierare.
L’uomo dell’intuizione, giusta o sbagliata che fosse. Così, quando ha bollinato la strategia d’Aula già proposta a Giorgia Meloni e Matteo Salvini — «alle prime votazioni, scheda bianca» — in tanti hanno rivisto in lui non il politico degli ultimi ventotto anni ma l’imprenditore del decennio precedente.
A dispetto del tempo eterno che manca alla prima votazione del Parlamento in seduta comune, più di un mese, nella complicatissima partita a scacchi in cui si gioca l’ambizione di una vita intera, e cioè la presidenza della Repubblica, Berlusconi ha già in testa quali pedoni muovere nelle prime tre mosse: scheda bianca, scheda bianca, scheda bianca.
Niente candidati di bandiera, niente dispersione di voti, niente trucchetti, nessuna nota stonata rispetto allo spartito che nella sua testa è già ben definito, in cui il crescendo è sincronizzato sulla quarta votazione, quella in cui basta la maggioranza assoluta. «Vedete», ha spiegato a uno dei tanti parlamentari che l’hanno cercato nelle ultime ore, «in tanti credono che non sia così ma io so perfettamente di avere già i 505 voti che servono. Se solo si votasse oggi…».
Perché Berlusconi sa perfettamente che la partita entra nelle sue mani non prima della quarta votazione. E nella decisione di non voler fare assolutamente «il candidato di bandiera», ripetuta fino allo sfinimento dai forzisti agli interlocutori di Lega e Fratelli d’Italia, c’è la consapevolezza che lasciare sguarnite le prime tre votazioni lascia un margine maggiore all’individuazione di quel «presidente di tutti» a cui sia Meloni che Enrico Letta hanno fatto riferimento nell’ultima settimana. «Perché lo sanno anche loro che il presidente, i voti per la quarta votazione, potrebbe tirarli fuori per davvero», dice uno di quelli che sta alla base della piramide progettata ad Arcore, convinto che «dietro la mossa del leader del Pd di estendere il tavolo a Fratelli d’Italia c’è la consapevolezza che la candidatura di Berlusconi o la fermi prima, individuando un candidato di tutti, oppure il rischio di trovartelo al Quirinale alla quarta votazione c’è, eccome…».
Già, la piramide. Visto che non c’è strategia che non si basi su una corretta disposizione delle risorse umane in campo, la villa di Arcore è diventata il vertice di una struttura piramidale che alla base ha una rete di parlamentari ed ex parlamentari di Forza Italia impegnati a «fare campagna elettorale» su deputati e senatori, come una vera e propria «forza vendita»: i parlamentari in carica (il neo capogruppo alla Camera Paolo Barelli è stato scelto anche per i rapporti con gli ex grillini) sono impegnati a convincere i pari grado degli altri schieramenti a «valutare» la candidatura di Berlusconi; gli ex parlamentari agiscono invece sul loro territorio, sfruttando magari conoscenze dirette o indirette con quei deputati e senatori che rappresentano oggi in Parlamento il collegio o la circoscrizione che un tempo erano le loro.
Ai vertici della piramide, gli uomini di sempre: Gianni Letta che parla con il centrosinistra, Fedele Confalonieri che interloquisce con i centristi. «In fondo — racconta uno di quelli che segue la partita da molto vicino — la cosa difficile sarà arrivarci, alla quarta votazione: da lì in poi, Berlusconi deve provare a vincere una competizione in cui non si è mai cimentato. E cioè prendere i voti che servono per diventare il sindaco di un paesino di poco più di mille abitanti, infatti lui sta interpretando la gara proprio così, elettore per elettore». Cinquecentocinque è la maggioranza che serve. Uno di meno e il banco salta.
(il Corriere della Sera)
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