BERLUSCONI OTTIENE DA MONTI MINIME GARANZIE SOLO SU GIUSTIZIA E TELEVISIONI
PER RASSICURARE I SUOI: “POSSIAMO STACCARE LA SPINA QUANDO VOGLIAMO”, MA NEL PDL NESSUNO CI CREDE PIU’
Berlusconi si sente in trappola, si agita, cerca una via d’uscita onorevole, pone al professor Monti delle condizioni che gli consentano di cadere in piedi. E la prima è che Gianni Letta sia nominato vicepremier a garanzia per tutto il centrodestra.
Ma alla fine della giornata è lo stesso sottosegretario a tirarsi indietro per non costituire «un problema, nè un ostacolo e neanche un pretesto per alcuni». La seconda condizione è che il nuovo governo sia a tempo, quello necessario a realizzare l’agenda europea.
«Si potrebbe pensare di abbinare le politiche alla amministrative della prossima primavera», ha proposto al presidente della Bocconi.
Il quale a pranzo, cortesemente, ha risposto che non è possibile stabilire una scadenza.
Poche, pochissime le garanzie che Monti ha concesso al Cavaliere: la legge elettorale dovrà essere materia di esclusivo confronto parlamentare, non ci saranno provvedimenti punitivi nel campo delle telecomunicazioni e della giustizia.
A quel punto il premier uscente ha fatto un nome per il nuovo Guardasigilli, quello di Franco Nitto Palma, presentandolo come un tecnico: «In fondo è stato nominato pochi mesi fa, non ha mai fatto politica attiva ed è pure un magistrato».
Niente, anche questo breve curriculum non ha convinto Monti, abbastanza incredulo delle avance di Berlusconi che le ha provate proprio tutte.
Ha proposto al suo interlocutore di fare il presidente del Consiglio di un centrodestra allargato oppure, in alternativa, di prendere il posto di Tremonti al ministero dell’Economia.
«O è pazzo o è segno della disperazione», è stato il commento di un esponente dell’Udc.
Probabilmente la seconda cosa perchè il Cavaliere si trova in un cul de sac con un pezzo del suo partito in rivolta contro il governo delle banche e Bossi passato all’opposizione.
E con la prospettiva di non poterlo più recuperare per le future sfide elettorali. Ecco perchè ci ha provato in tutti i modi a convincere il Senatur ad attenuare la sua posizione, di valutare caso per caso i provvedimenti di Monti.
La risposta del capo leghista è stata negativa e ha pure fatto presente che se entra Letta nel governo, insieme ad altri esponenti politici in rappresentanza del Pd e del Terzo Polo, allora diventa un ribaltone.
Comunque la giri, la situazione del Cavaliere appare disastrosa.
Ma per lui la presenza del fidato Gianni era diventata la sua vera linea del Piave.
Certo, i tempi di durata e la delimitazione dei compiti alle misure europee sono le altre condizioni poste da Berlusconi.
Ma è la presenza di Letta a garantirgli tutto, che non verranno fatti scherzi sulla giustizia, sul conflitto di interessi e sulla legge elettorale e quant’altro.
«E poi ha detto ieri sera all’ufficio di presidenza – potremo staccare la spina quando vogliamo».
Lo ha detto per convincere quella parte del Pdl fuori dai gangheri, come La Russa che ha definito la riunione del partito una presa in giro visto che è stato deciso di appoggiare Monti a prescindere da ciò che verrà ottenuto.
In effetti era stato detto che spettava a un esponente del Popolo della libertà fare un giro di consultazione, ma la mossa si è subito rivelata (come era presumibile) solo un tentativo di alzare l’asticella e costringere Monti all’incontro di ieri.
C’è poi un altro problema che tormenta gli uomini e le donne del Pdl: quale ruolo avrà Monti una volta terminato il suo mandato?
Intanto potrebbe finire nel 2013, e magari con un buon risultato (far uscire l’Italia dalla tempesta finanziaria e avviare il rilancio economico).
A quel punto il Pd e il Terzo Polo sarebbe tentati di candidare il professore della Bocconi alla premiership, a capo di una coalizione che avrebbe come obiettivo il proseguimento del risanamento e della ricostruzione del Paese.
Non aveva altra scelta, Berlusconi.
All’ufficio di presidenza ha spiegato che l’Italia è a rischio default: «Non posso assumermi la responsabilità che lunedì i mercati mandino il Paese in malora. Speriamo che i nostri elettori capiscano».
Doveva convincere Napolitano sulla necessità di una presenza di Letta nel governo.
Monti a pranzo non si sarebbe sbilanciato.
Ha ripetuto che ministri e sottosegretari dovranno essere tutti tecnici.
Ma è lo stesso Letta a non volerci essere a dispetto dei santi.
E così è caduta pure anche la linea del Piave a causa dei veti che sono venuti dal Pd.
Ora cosa resta al Cavaliere? Solo la richiesta di avere garanzie che quello di Monti sia veramente un governo amico e che la sua durata non vada oltre la primavera.
Anche questo fronte però sembra destinato a crollare, aumentando le fibrillazioni nel Pdl.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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