BERLUSCONI PLACA L’IRA DI BRUNETTA MA SI INFURIA
“POSSIBILE CHE CON IL GOVERNO IN DIFFICOLTA’ FINIAMO SUI GIORNALI PER LE LITI?”
Per la seconda volta in poco più di due settimane Silvio Berlusconi è costretto a intervenire per ribadire la sua “fiducia” a Renato Brunetta, il capogruppo nel mirino. La verità è che quel che resta di Forza Italia è paralizzato dai veti incrociati.
E che tra quei veti, il più pesante, arriva dalle donne del cerchio magico che avrebbero sbarrato la strada all’idea che a sostituirlo sia Mara Carfagna.
L’indiscrezione, secondo cui il Cavaliere è pronto a “dimissionare” l’ex ministro, ha mandato in scena ad Arcore un film già visto molte volte: sin dalla mattina insistenti telefonate dell’interessato per chiedere una pubblica smentita.
Che arriva, poco dopo le 10.30, a nome dell’ufficio stampa: una di quelle rituali, fatta con lo stampino e in cui il nome del capogruppo non viene nemmeno accennato.
La nota si limita, infatti, a definire il retroscena “completamente fuori dalla realtà dei fatti”.
Non abbastanza per placare l’ira di Brunetta, raccontano.
Che a quel punto avrebbe preteso, e ottenuto, un ulteriore comunicato a firma di Silvio Berlusconi, dal tono meno formale ed esplicitamente in suo sostegno. “Leggo su un giornale di gossip politico — afferma l’ex premier – un articolo che racconta, come quasi quotidianamente accade, cose mai successe. Confermo la mia piena fiducia al presidente Renato Brunetta chiamato sempre più spesso a esercizi di sopportazione. Confido che ci riesca anche questa volta”.
E non solo, visto che l’ex ministro avrebbe sollecitato anche al leader leghista Matteo Salvini una precisazione rispetto all’apprezzamento mostrato poco prima sull’ipotesi Carfagna.
La smentita del leader azzurro, comunque, ha l’immediato effetto di “congelare” la querelle intorno al capogruppo.
Perchè soltanto di congelamento si tratterebbe. Silvio Berlusconi sa benissimo che la faccenda non può dirsi accantonata e lo sa perchè quotidiane e costanti sono le lamentele che gli arrivano sulla gestione del gruppo. Anzi, dei gruppi.
Perchè neanche l’arci-nemico di Brunetta, ossia il suo omologo al Senato Paolo Romani, può dire di essere ben saldo sulla sedia.
In troppi, infatti, considerano la sua linea troppo morbida rispetto all’esecutivo di Matteo Renzi.
Il leader azzurro, al telefono con alcuni deputati, si dice amareggiato: “Ma è possibile – si sarebbe lamentato – che anche quando il governo è in difficoltà come ora, Forza Italia riesce a finire suoi giornali perchè litiga?”.
Ma le discussioni dentro il partito sono diventate il pane quotidiano. Ogni giorno c’è un caso, ogni giorno un nuovo nervo viene allo scoperto.
Ed è per questo, che al di là delle smentite di rito, Silvio Berlusconi aveva effettivamente cominciato a sondare alcuni deputati sull’ipotesi di sostituire Renato Brunetta con Mara Carfagna.
D’altra parte, appena due settimane fa, l’ex ministro era finito ‘sotto processo’ in una riunione di gruppo per la sua gestione poco democratica e per aver trasformato la nota politica del “Mattinale” in un libello a suo uso e consumo.
Tanto che alla fine è stato costretto ad accettare di chiuderlo e “restituirlo” a Berlusconi. Lo statuto, però, non prevede strumenti per sfiduciarlo. Ergo: o si dimette sua sponte o non se ne può fare niente.
“Non lo farà nemmeno con le bombe”, spiega un deputato. Lo stesso Berlusconi si sarebbe sfogato con alcuni fedelissimi: “Non so come fare, temo le reazioni violente di Renato”.
Ma c’è un altro freno: il cerchio magico non vuole che quel posto sia occupato da una donna, soprattutto se questa donna è Mara Carfagna.
La soluzione potrebbe essere quella di elezioni ‘democratiche’ sia in un ramo che nell’altro del Parlamento. Insomma, interrompere la prassi delle nomine per acclamazione. Dopo la smentita di oggi, però, la situazione resta in stand by: difficile possa accadere qualcosa prima delle vacanze di Natale.
Cresce però la richiesta al leader azzurro di convocare gli organismi di Forza Italia o di istituire una sorta di direttorio che lo affianchi.
“Qui — dice Maurizio Gasparri ad Huffington — siamo tutti in discussione tranne Silvio Berlusconi. Ma in questa fase nel partito manca un filtro. Nel Pdl c’erano i tre coordinatori invece ora tutte le tensioni finiscono per scaricarsi nei gruppi. Servirebbe una sorta di camera di decompressione che faccia delle istruttorie da sottoporre poi alle decisioni finali di Berlusconi”.
Anche il senatore Altero Matteoli la pensa così: “Mi pare — sostiene – che nel partito ci si stia rendendo conto della necessità di tornare sul territorio, darsi una organizzazione e riprendere a discutere negli organismi interni. Solo discutendo si risolvono gli equivoci o si confrontano linee politiche diverse. Poi, spetta al leader trovare la sintesi”.
(da “Huffingonpost”)
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