BOLOGNESI RACCONTA DUE NOVITA’ INTERESSANTI SULLLA STRAGE DI BOLOGNA
IL TITOLARE DELLO STRANO CAFFE’ DI VIA FANI ERA A BOLOGNA IL GIORNO DELLA STRAGE… UN APPUNTO DI GELLI CON I SOLDI DELL’AMBROSIANO
Per Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione vittime della strage di Bologna di cui ricorre oggi il 38mo anniversario, sulla carneficina alla stazione non c’è alcun mistero. “Non ci sono misteri, ma solo segreti: i misteri hanno a che fare con le religioni, i segreti invece con le protezioni di cui hanno goduto personaggi e strutture”.
All’HuffPost, Bolognesi racconta gli ultimi segreti sulla strage che la tenacia dei parenti delle vittime, e anche il caso, hanno fatto emergere negli ultimi mesi.
Quali?
“Il primo è saltato fuori in modo assolutamente casuale durante i lavori della Commissione d’inchiesta sulla strage di via Fani e l’assassinio di Aldo Moro, che ha lavorato per quattro anni nella scorsa legislatura. Ebbene ricostruendo la vita del titolare del bar Olivetti – l’insolito caffè posto all’angolo tra via Stresa e via Fani, che secondo i lavori della Commissione (di cui io ho fatto parte) ha avuto un ruolo logistico fondamentale per il rapimento dello statista dc – Tullio Olivetti era con certezza a Bologna il giorno della strage. Nonostante il calibro del personaggio su di lui non è mai stata fatta alcuna indagine. Il bar di via Fani era al centro di un grosso traffico d’armi, di cui veniva rifornita la malavita, la Ndrangheta, Cosa Nostra, gruppi terroristici mediorientali e formazioni armate europee. Ma Olivetti è stato tenuto al riparo da ogni conseguenza giudiziaria. A lui la Commissione Moro è arrivata dopo 40 anni. Per questo parlo di segreti e non di misteri.”
Si può affermare che il segreto del Bar Olivetti è stato uno di quelli più accuratamente protetto degli ultimi decenni?
“Sicuramente. La magistratura romana archiviò l’inchiesta: un testimone fu dichiarato inaffidabile da una perizia del criminologo Semerari. E le armi trovate vennero definite giocattolo, invece poteva essere tranquillamente modificate per renderle perfettamente operative. E Olivetti era a Bologna il 2 agosto: che ci faceva lì? Magari è una coincidenza, oppure no. Andrebbe chiarito”.
Gli approfondimenti dei magistrati bolognesi si sono indirizzati di recente anche sugli accertamenti contabili relativi a milioni e milioni di dollari provenienti dalla bancarotta del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e che finirono nella disponibilità di Licio Gelli.
“Anni fa ho consegnato ai magistrati bolognesi tutta la documentazione finanziaria emersa nel corso del processo milanese per la bancarotta dell’Ambrosiano, in formato digitale, a me aveva colpito che al momento del suo arresto Licio Gelli avesse addosso un appunto: “Bologna 525779-X.S.”, con i trasferimenti di milioni di dollari. Non l’aveva in una borsa oppure in casa. No, quel documento lo aveva addosso. Questo sicuramente è significativo dell’importanza di quell’appunto. I magistrati bolognesi non ne avevano mai saputo niente, finchè glielo abbiamo segnalato noi. Vediamo cosa emergerà seguendo la traccia dei soldi. Devo sottolineare che si tratta di una cifra notevolissima: oltre dieci milioni di dollari dell’epoca, a cavallo dell’estate del 1980.”
La storia di quel conto porta fino in Sud America, i soldi arrivano a partire dal 22 agosto 1980 dal Banco Andino di Lima, una banca della costellazione estera dell’Ambrosiano…
“Sono in corso nuovi accertamenti da parte della Guardia di Finanza. Nel corso degli anni ci sono state troppe omissioni e troppi depistaggi. Per questo nel 2013 ho presentato una proposta di legge per introdurre nel nostro codice penale il reato di depistaggio, per tipizzare, così si dice in termine tecnico questo reato. Sono orgoglioso del fatto questa modifica sia diventata legge dello Stato italiano il 2 agosto 2016. Esattamente due anni fa, esattamente il giorno dell’anniversario della strage”.
(da “Huffingtonpost”)
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