BONDI MEDITA IL BUEN RETIRO: DICE IN GIRO CHE LA POLITICA L’HA DELUSO
PARE CHE SIA PRONTO UN BELL’INCARICO ALLA MONDADORI: TRA LIBRI E POESIE, LONTANO DA QUELLI CHE NON L’HANNO CAPITO… MA DOPO AVER GARANTITO IL SEGGIO ALLA COMPAGNA
Molto dolente per l’esperienza (al ministero dei Beni culturali) e per la mozione di sfiducia, Sandro Bondi medita sul futuro.
Lo si vede all’ora di colazione, a fianco l’amata compagna onorevole Manuela Repetti, nei bar del centro di Roma, due passi dal Palazzo, in golf lilla o di un mauve che farebbe impazzire Antonio Caprarica (e quindi il principe di Galles, secondo l’interpretazione di Caprarica, però).
Colori così da vispa Teresa sono accettabili per chi ama il genere, nel weekend forse.
Scelti nella settimana parlamentare diventano significativi: sono la bandiera della lontananza, l’esibizione della distanza dalla tavolozza abituale di chi fa politica.
Figuriamoci rispetto al funereo cromatismo ideologico del prediletto leader della libertà .
Il progetto, affinato, è questo, e i colleghi deputati sostengono che il Cavaliere ne è stato già messo a parte.
Il primo pensiero di Bondi è Repetti, che brav’uomo!
Quindi la garanzia che lei abbia un seggio sicuro nelle prossime elezioni. Repetti non è uno stracchino, è di tempra dura, trame e tradimenti non la scalfiscono, anzi la mandano in sollucchero.
Per una così la politica è più che il suo karma.
E in un certo senso, infatti, lei sembra già aver preso il posto di lui: non solo l’identità dei colori, in lavanda lui, in lavanda lei, ma anche quella del numero di cellulare: sì, chi chiama lui si sente rispondere da lei.
Prima il comunismo, poi il berlusconismo, due epoche, due delusioni: Bondi accarezza ora un’altra chance intellettuale.
Ha dovuto abbandonare il sogno utopico-mitologico di diventare il nuovo Bottai.
Naturalmente per colpa dei tumulti della sinistra “ideologizzata e fanatizzante”.
Quindi sistemata al meglio la sorte di Manuela, il desiderio è di abbandonare il partito per un’altra provincia dell’impero: la Mondadori.
Quale posto migliore e familiare dove occuparsi di libri e di cultura, di collane e cataloghi, non più di correnti carogne finalmente, per lui così scrittore e così poeta?
Prospettiva alla quale, invece, Sara Giudice, ex giovane Pdl ora Fli, ha detto no.
Lo ha raccontato ai giornali, a Radio radicale e alle tv locali: dopo le proteste per l’inserimento alquanto forzato di Nicole Minetti nelle liste regionali Pdl, dopo aver fatto petizioni sulla faccenda e aver ripetutamente telefonato al premier senza risposta – per forza – le sarebbe arrivata la proposta di un bel posticino alla Mondadori: rimandato al mittente.
Bondi forse sì, Giudice no.
Comunque due indizi di novità : che la casa editrice presieduta da Marina Berlusconi, più volte sospettata di essere l’erede politica designata del Cavaliere – la Marine Le Pen italiana – prenda un giorno il posto della Camera dei deputati diventando la camera di compensazione di profughi e ribelli, il rifugio dei papaveri del partito.
E si trasformi nel blue print, nel canovaccio di quello che agli esordi della discesa in campo fu la concessionaria Publitalia, il serbatoio della prima ondata di classe politica berlusconiana.
Sempre che Marina non ponga il suo veto.
Anche se con quello che è successo c’è da comprendere il desiderio di reincarnazione di Bondi.
Meglio le carpe e le oche del laghetto di Segrate che i serpenti e gli scorpioni del Transatlantico.
Denise Pardo
(da “L’Espresso“)
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