BOOM D’INTERDITTIVE ANTIMAFIA: 8 SU 10 PER APPALTI PUBBLICI
OLTRE 2.000, SI SONO QUADRUPLICATE
Oltre 2.000 interdittive antimafia emesse dalle prefetture di tutta Italia solo nel 2023. Un dato ufficiale fornito dal ministero dell’Interno ed estratto dalla Banca dati nazionale antimafia, che nel caso delle imprese che lavorano con contratti pubblici è destinato a raggiungere quota 1.500 e dunque a quadruplicare i numeri del 2015, quando secondo l’Anac le società “bloccate” erano state appena 366. Non solo. Se provincia per provincia in cima alla classifica – per distacco – ci sono la città di Napoli e il suo hinterland, con ben 351 informazioni negative, al secondo posto troviamo un territorio del nord, quello di Reggio Emilia, dove tali informazioni sono state ben 144, solo due lunghezze sopra la provincia di Foggia, con 142 atti.
Che il problema delle infiltrazioni mafiose nell’imprenditoria riguardi sempre di più il settore pubblico lo si capisce incrociando, appunto, i dati dell’Authority anticorruzione con quelli del Viminale. Se, in generale, i 2.007 provvedimenti censiti nell’anno appena concluso non sono il record dell’ultimo quinquennio (ce ne sono stati di più nel 2020, circa 2.130, e nel 2021, ben 2.078), l’Anac fa registrare un costante aumento fino al 2022, quando le aziende private che lavorano con contratti pubblici erano state destinatarie di 1.129 informazioni antimafia e nel 2019 erano state poco più della metà, 633. Insomma, di fronte a un andamento altalenante su base generale, si verifica un costante aumento rispetto al monitoraggio degli appalti. Un fenomeno che cresce con l’aumento del valore dei bandi di gara: circa 117 miliardi nel 2015, contro i quasi 290 miliardi nel 2022. Più aumenta la torta, più le mafie puntano a spartirsela. Certo, in questi anni sono cambiate anche le normative. Più stringenti, a partire dal biennio 2012-2014. Ma c’è anche una maggiore attenzione da parte delle task force nell’ambito dell’aggiudicazione dei contratti pubblici. Il prefetto di Napoli, Michele Di Bari, al Fatto ad esempio spiega che il dato sicuramente importante della provincia partenopea, risente di una serie di fattori. “Alla fine – dice Di Bari – troveremo che le società colpite da interdittive sono state 101. Va spiegato che spesso la stessa società partecipa a più appalti, in più province d’Italia, e quindi, pure a fronte di un singolo provvedimento adottato, si potrebbe registrare un numero superiore di informazioni antimafia in base alle concrete richieste in Banca dati antimafia”. Non solo. “L’incremento – continua – rispetto al 2022 è anche figlio dell’arrivo a conclusione di procedimenti i cui accertamenti richiedono a volte anche mesi”. A Napoli le “informazioni” di interdittive sono state 133, le “comunicazioni” invece ben 218. La differenza è che le prime sono frutto di indagini coordinate con la Direzione investigativa antimafia, le seconde riguardano la mera consultazione delle banche dati.
Poi c’è Reggio Emilia, con i suoi 144 informazioni interdittive. L’unica città del nord nella “Top 12”, ma anche un territorio come quello dell’Emilia-Romagna, dove le mafie tradizionali hanno attecchito nel tessuto imprenditoriale locale. “Parliamo di imprese quasi mai di grandi dimensioni – afferma la prefetta di Reggio Emilia, Maria Rita Cocciufa – ma che sovente hanno volumi d’affari importanti. Sono aziende che operano nei settori dell’edilizia, dei trasporti e delle macchine movimento terra, spesso legate a famiglie imparentate tra loro”.
E per il 2024, cosa aspettarsi? C’è da dire che il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha provato a stringere ancora di più le maglie. Il 2 ottobre scorso, infatti, è stato approvato un decreto ministeriale che rende pressoché esclusivo nelle prefetture il lavoro del Gruppo interforze antimafia, le task force territoriali costituite da forze dell’ordine e Dia. I componenti dei gruppi dovranno dedicarsi “prioritariamente allo svolgimento di tale funzione” e allo “scambio informativo con la struttura di appartenenza”. Un atto che, sperano dal Viminale, aiuti gli investigatori a concentrarsi sulle infiltrazioni mafiose negli appalti e acceleri i flussi informativi.
(da ilfattoquotidiano.it)
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