BOSSI NON PAGA, COME LA PEGGIORE CASTA ROMANA
CONDANNATO A PAGARE 40.000 EURO PER AVER DIFFAMATO IL GIUDICE CHE LO AVEVA GIUDICATO PER VILIPENDIO, IL SENATUR SI APPELLA ALLA CASTA ROMANA PER NON SCUCIRE IL DOVUTO
Era il 26 luglio 1997 e Umberto Bossi comiziava tra le zanzare di Cabiate.
Un giudice di Cantù, Paola Braggion, prese nota e quattro anni dopo — 23 maggio 2001 — condannò il Senatur a 1 anno e 4 mesi di carcere per vilipendio: la bandiera nazionale non può essere equiparata alla carta igienica.
Bossi andò su tutte le furie, apostrofò il magistrato come un “relitto giuridico” aduso “a rubare lo stipendio”, e trovò “incivile che un magistrato perda tempo, pagato dai contribuenti, per fare un processo basato su reati di opinione.
Non è possibile che chi è in cerca di pubblicità possa ricorrere alle norme fasciste del codice Rocco per colpire la libertà d’espressione”.
La Padania quel giorno titolò finemente: “La sinistra ordina: Bossi in galera!”.
La Braggion, sentitasi diffamata fece causa, ma dovettero passare altri sette anni — 27 febbraio 2008 — prima di ottenere una sentenza della Corte d’appello di Brescia.
Che giunse a questa conclusione: Bossi ha offeso il giudice, deve risarcirlo con 40mila euro.
Ha pagato, secondo voi?
Bossi, com’era suo diritto, ha impugnato la condanna in Cassazione, ma temendo che i giudici confermassero il risarcimento, si appellò alla Camera dei deputati che qualificò — il 16 luglio 2008 — con una delibera d’insindacabilità le contumelie al magistrato come “opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni”.
La Cassazione non fu d’accordo; passò la palla alla Corte costituzionale, che l’altro giorno ha accolto il ricorso con la sentenza 333 del 2011: “Non spettava alla Camera affermare che le dichiarazioni rese dall’onorevole Bossi costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni”.
Ora il processo torna di nuovo nelle mani della Suprema Corte, 15 anni dopo il primo insulto di Bossi e 4 dopo la sentenza che diede ragione alla dottoressa Braggion.
La Lega che salva Cosentino e ha avallato le leggi ad personam a favore del premier, si permette pure di definire la pronuncia della Consulta “un colpo di Stato silente…”
Passa alla cassa e caccia i soldi, sfiatato trombone padano.
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