BRUGNARO, IL “SECONDO DOGE” CHE PRENDE AL CAV QUEL CHE RESTA
SINDACO, IMPRENDITORE, UNO YACHT E UNA GRANDE VILLA… VITA E OPERE DELL’ENNESIMO “CENTRISTA” CHE SI E’ FATTO UN PARTITO
Il centrodestra riparte dalle Repubbliche Marinare: abbracciati per la photo-opportunity ecco il governatore ligure Toti, il sindaco di Venezia Brugnaro, e il senatore Quagliariello, forte di un cugino ex sindaco di Amalfi.
Manca Pisa: inviterete Letta? “Per una cena di pesce… tutti insieme, pisani, livornesi…”.
Poi l’inquadratura si allarga – Biancofiore, Rossi, Romani, Napoli, Mugnai, Sibilia – e diventa una foto di classe: 23 deputati, 7 senatori più 3 “in cottura”.
Sorridenti e trepidanti. A Montecitorio nasce “Coraggio Italia”, la nuova casa dei moderati, liberali, riformisti, cattolici, europeisti, e chi più ne ha più ne metta.
La star è lui, il sindaco accolto dall’applauso, completo blu pavone e spilla con il simbolo veneziano. Il Secondo Doge dopo Zaia, il “piccolo Berlusconi”, l’uomo con il Sole in Tasca 25 anni dopo Silvio, il moderato che “batte i pugni sul tavolo” e soprattutto è riuscito in un’impresa prima fallita da tutti, compreso il premier uscente Conte (al prezzo di Palazzo Chigi): sfilare 12 deputati a Forza Italia.
E no, “non è un’ossessione sennò saremmo dal medico”, la fine di Fi “non ci interessa” e grazie Silvio “ma è un altro tempo, bisogna guardare avanti”.
Interviste? Ma no. Berlusconi vi ha fatto gli auguri o ha cercato di trattenervi? Questioni private, vade retro gossip. Il “sindaco del fare” – aggettivi ricorrenti: spiccio, sbrigativo, pragmatico – non ha tempo da perdere: “Parliamo con l’Italia che manda avanti il Paese: imprenditori, sindacalisti, amministratori locali. Partiamo dai territori. Dove andremo e chi comanda sono domande senza senso, bisogna chiedersi dove andrà il Paese”.
Per i prossimi due anni, pare di capire, avanti tranquillo con Draghi. Insomma, è una casa per gli apolidi, porte aperte, ma gli echi risuonano: “Non sarà un partito personale o comandato da qualcuno” mette in chiaro Toti. “Nessun generale e nessun soldato semplice. Tutti capitani coraggiosi” aggiunge il padovano Marco Marin, che pure è capogruppo alla Camera (e pare sia stato il king maker dell’operazione): campione olimpico di sciabola, era il coordinatore forzista che nel 2015 presentò a Berlusconi l’aspirante sindaco “senza tessere di partito” Brugnaro.
Tra i due B nacque un’amicizia, consolidata da due mandati in Laguna: i due hanno molto in comune, oltre l’iniziale del cognome. Brugnaro gestisce una holding dal fatturato multimilionario divisa in 23 società (coordinate da un trust per evitare conflitti di interesse), nata come azienda di commercio, evolutasi come agenzia interinale, ramificatasi poi nell’edilizia, immobiliare, manifatturiero.
Che funge anche da “vivaio” di staff, collaboratori e classe dirigente, come faceva Berlusconi ai tempi di Publitalia. Poi c’è il capitolo sport: nel 2006 ha rilevato la squadra di basket Reyer Venezia Mestre, portandola al successo in serie A.
60 anni, figlio di una maestra e di un operaio sindacalista a Marghera, Brugnaro è stato un liceale-lavoratore prima di laurearsi in architettura. Come il Cavaliere, ha avuto cinque figli da due mogli, ma tiene la vita privata lontana dai riflettori. Naviga in yacht. Vive in una grande villa a Mogliano Veneto dove festeggiò il compleanno con 700 invitati (trasversali) sulle note di “Vagabondo” suonato dai Nomadi.
Lo raccontano in buoni rapporti con Renzi e Calenda, di sicuro nell’ultimo anno politicamente inquieto. Rieletto sindaco nel 2020, ha lanciato (con successo) alle amministrative le liste fucsia embrione del “marchio” di “Coraggio Italia”: “Non è fucsia – giura – E’ un rosa duro, carico. Nasce dal fatto che in azienda ho l’87% di donne, hanno una marcia in più. E’ un colore inclusivo per tutti”.
A proposito, cosa ne pensa del ddl Zan? “Non è argomento di questa conferenza” taglia corto. Addio alle trascorse polemiche su gay-pride e unioni civili, persino con Elton John a cui intimò “fora gli schei”, dona risorse a Venezia.
Brugnaro è poliedrico, multiforme. “Il JR dell’entroterra lagunare” lo definì “Libero”. Il “Gentilini azzurro”, sindaco sceriffo senza bisogno di pistole: “Se uno urla Allah Akbar a San Marco ghe sparemo, gli spariamo” gelò il Meeting di Rimini.
A lui si deve il dress code per i vigili urbani (capelli corti e niente orecchini) e lo stop alla pausa caffè dei dipendenti comunali. “E’ ruvido quando serve – preconizzò Renato Brunetta, suo grande sponsor – Uno così servirebbe all’Italia”.
Si candidò a ospitare il vertice Trump-Putin, litigò con l’Unesco che criticava il degrado veneziano: “Siamo noi che portiamo valore a loro, non viceversa”. Ai suoi concittadini piace: con gli stivaloni a svuotare la piazza dall’Acqua Granda o con la polo turchese a fare il netturbino.
Adesso la ribalta è quella nazionale. “E’ un caterpillar ma dovrà imparare la malizia” sospira uno dei suoi. All’occorrenza, suppliscono i grandi classici: l’imposta di successione proposta da Letta? “Vi sembra normale che c’è chi liscia il pelo a discorsi sovietici e statalisti? Il Muro di Berlino è caduto trent’anni fa e non se ne sono accorti”. Guardare avanti, sì, ma senza recidere le radici reazionarie
(da Huffingtonpost)
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