BURLESQUONI: “GIORGIO, COMMUTAMI LA PENA”, DA DETENTIVA A PECUNIARIA”
SI TRATTA DEL “MODELLO SALLUSTI”, MA GIURIDICAMENTE NON REGGE: “IL CAVALIERE E’ IMPUTATO IN ALTRI PROCESSI E NON HA RICONOSCIUTO CHE LA SENTENZA E’ LEGITTIMA”
È la speranza di una “trattativa” col Colle, il “piano b” di Silvio Berlusconi.
Basata su una richiesta di quello che i suoi legali considerano l’ultimo salvacondotto possibile.
Che non è la grazia.
E che viene chiamato nella war room del Cavaliere il “modello Sallusti”.
Consiste nella commutazione della pena da detentiva a pecuniaria. Esattamente quello che ottenne il direttore del Giornale che scontò ai domiciliari solo 18 giorni, grazie all’intervento di Giorgio Napolitano.
Una via, secondo gli avvocati dell’ex premier, per garantire “l’agibilità politica” al leader del Pdl.
Ecco quella rassicurazione a Napolitano e Letta (“Enrico”) sul governo che “va avanti”. Non è un caso che è mancata qualunque enfasi sulla riforma della giustizia, fino a due giorni l’unica condizione posta dal Cavaliere per tenere in vista il governo. Segno, dicono nell’inner circle, che “la trattativa si è aperta”. O forse che è semplicemente iniziata la manovra per aprirla.
Solo quando si capirà come andrà a finire, solo allora, si tireranno le conclusioni sul governo: “Se non verrà data agibilità politica al nostro leader — spiegano a palazzo Grazioli — tutto può succedere”.
E il Quirinale diventa uno dei tanti bersagli della campagna elettorale a cui Berlusconi sta già pensando. Non è un caso che, nell’euforia del dopo-comizio, a più di un fedelissimo ha detto: “Entro la prossima primavera si vota, se si vota prima è perchè stacca la spina il Pd che ormai non regge”.
Ed è proprio la richiesta di una “soluzione di salvataggio” il mandato che hanno avuto i capigruppo nell’incontro con Giorgio Napolitano.
E la richiesta, appunto, è nell’articolo 87 della Costituzione. Dice: “(Il presidente della Repubblica) può concedere la grazia e commutare le pene”.
È una via stretta, anzi strettissima. Ma l’unica possibile, visto che per l’amnistia è impraticabile perchè dovrebbe essere votata dal Pd.
E pure sulla “grazia” si è registrato il gelo del Colle.
Per i falchi è l’ennesima “presa per i fondelli”, perchè il capo dello Stato non farà un atto del genere.
Pesa, come un macigno la questione giuridica, che per Napolitano non è un dettaglio. Un intervento di clemenza, si può prendere in considerazione, se richiesto, quando la sentenza è completa, quando cioè sarà calcolata l’interdizione.
E, con buona probabilità , accadrà solo dopo e non prima la decadenza dell’ex premier al Senato.
È una trattativa che parte male.
E parte male perchè il condannato Berlusconi è imputato nel processo Ruby e indagato nel processo di Napoli sulla compravendita.
Che si dichiara innocente e attacca i giudici.
La richiesta non è un atto di clemenza.
Lo spiega Stefano Ceccanti, uno dei saggi di Napolitano e da sempre vicino al Quirinale: “Chiedere un atto di clemenza presuppone riconoscere che la sentenza è legittima e giusta. Altrimenti si sta chiedendo al Quirinale un quarto grado di giudizio che smentisca la Cassazione”.
Ecco il punto.
Quando Napolitano dirà di no, è pronto lo spartito del grande perseguitato.
(da “Huffington Post”)
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