CANADA, L’ECONOMISTA IN GRIGIO CHE HA CONVINTO IL PAESE: «NOI MAI UNO STATO USA»
Il Partito che a gennaio pareva ormai agonizzante, spinto alla catastrofe da un
Trudeau invecchiato e sempre meno amato, è oggi risorto dalle ceneri grazie al nuovo condottiero, un ex banchiere e business executive di 60 anni, mai eletto a una carica politica. La quintessenza dell’uomo in grigio, lontano anni luce dal glamour che fece trionfare Trudeau nel 2015.
Unico guizzo noto: un tempo giocava a hockey. Eppure l’economista serio e noioso è riuscito a convincere i canadesi che solo lui ( forse) potrà domare il capriccioso Trump. «Mark è infaticabile, calmo, sempre pronto alle sfide», lo presenta la moglie. Lui, poco carismatico ma convincente, prosegue: «Trump non è solo una minaccia economica ma esistenziale. Sta cercando di distruggerci. Vuole le nostre risorse, la nostra acqua, la nostra terra, il Paese. È una tragedia».
Poi, la stoccata al rivale, che continua a paragonarlo a Trudeau e piace di più ai giovani. «Io non sono un politico di carriera, so negoziare. Poilievre non ha alcun piano per affrontare Trump». D’altronde, solo tre giorni fa Carney ha ammesso che nell’unica telefonata con la Casa Bianca, a marzo, il presidente Usa ha ribadito che il Canada dovrebbe diventare il 51esimo stato Usa.
Se l’ex guru della finanza globale è superfavorito dai bookmakers nel duello con Poilievre deve ringraziare «il fattore Trump». Il Partito liberale è andato sul sicuro per vincere il logorio del potere, scegliendo alle plenarie di marzo un economista, maschio, bianco, con ottimi agganci a Wall Street. Carney ha fama di essere un abile negoziatore, in grado di difendere l’export canadese (l’80% va verso gli Usa) e ha spostato il partito verso il centro, rottamando la carbon tax, la più importante iniziativa ambientale di Trudeau.
Ha confermato i contro-dazi agli Usa e ha subito visitato Londra e Parigi, non Washington. Dietro la massiccia svendita di Bot del Tesoro americano sui mercati globali, che hanno spinto Trump a una frettolosa retromarcia su alcune misure, ci sarebbe proprio la sua mano.
Il tallone d’Achille è Pechino, con cui Carney ha avuto spesso a che fare in qualità di dirigente della Brookfield Asset Management, colosso con importanti investimenti in Cina. Ma i canadesi sembrano pronti a perdonargli il passato da mastino della finanza purché li porti fuori dalla burrasca. Come fece da capo della Banca centrale durante la crisi del 2008. O come quando timonò la Banca d’Inghilterra, primo straniero della storia, nella tempesta della Brexit.
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