CARFAGNA, LA MANO DESTRA CHE LAVORA CON LA SINISTRA
LA COLLABORAZIONE CON IL PENSATOIO DEM E LA STIMA RECIPROCA CON PROVENZANO
Incontra a tamburo battente i governatori delle regioni meridionali, l’Anci, e i sindacalisti del Sud per avere il polso della situazione. Promuove gli Stati Generali del Mezzogiorno con una poderosa sessione finale: i suoi predecessori (di rito postcomunista) Fabrizio Barca, Claudio De Vincenti e Peppe Provenzano, l’economista Lucrezia Reichlin, il ministro dell’Economia Daniele Franco.
Nomina nello staff Piercamillo Falasca, ex montiano che proviene da +Europa. Incassa le lodi del Pd per la continuità di linea con l’operato di Provenzano.
Mara Carfagna, neo-ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, si muove come ha sempre fatto: studia, e prima di agire parla poco. Ma, in questa fase, soprattutto con il centrosinistra. Lasciando di stucco più d’uno dentro Forza Italia: “La nostra idea di Sud è diversa”.
La ministra spariglia spesso. Come quando ha fondato una corrente “moderata, europeista, liberale” dentro Forza Italia, avvicinandosi all’ex fedelissimo berlusconiano diventato eretico Giovanni Toti. Come, secondo i rumors, quando è approdata al governo: estratta dal cilindro non del Cavaliere bensì di Mario Draghi. E come adesso.
Domani con Renato Brunetta — altro “governista” ante litteram nelle file forziste — presenteranno la procedura per l’assunzione nella P.A. di 2800 giovani per sfruttare meglio i fondi strutturali, sulla base della ”norma Provenzano”, così detta perchè frutto di una battaglia dell’ex ministro.
Da lei ringraziato in diverse interviste: “No a inutili orgogli di partito, non ho problemi a dire che ha fatto un gran lavoro”. E di cui, al termine di un intenso passaggio di consegne, ha mantenuto il vice-capo di gabinetto, Francesco Panetti, studi a Harvard ma anche alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Con il lavoro impostato da Provenzano, ci sono forti punti di contatto: l’importanza degli ecosistemi dell’innovazione, sulla base del modello napoletano di San Giovanni a Teduccio, l’impegno in Europa per la fiscalità decennale di vantaggio, decontribuzione e south-working. Ma anche novità di rilievo: la riforma delle Zes (Zone Economicamente Speciali) per renderle volano di sviluppo e la nuova impostazione del Recovery, che prevede un “capitolo Sud” per ogni spesa per investimento.
Forza Italia e i rovelli sul futuro
Carfagna non perde facilmente l’aplomb. Liquida i malumori per la sua nomina: “Prima parte di Fi era sensibile alle istanze sovraniste, ora grazie a Berlusconi si è ricollocata nella sua area naturale: liberale, moderata, europeista”. Cioè, quella della sua corrente. La lega avvisa che nel Recovery c’è troppa attenzione per il Sud? “La sua svolta europeista rafforza l’intero centrodestra”. E anche con FdI ci si ritroverà , ci mancherebbe.
Meglio, intanto, concentrarsi sul Sud. Basta con la cultura nord-centrica, con il divario territoriale. Il Recovery Plan sia l’occasione per colmare il gap su diritti, lavoro e sviluppo. E’ il messaggio della due-giorni di “ascolto e confronto”.
Imprese, università , fondazioni, Bankitalia, Istat, Svimez, Ragioneria dello Stato, Agenzia per la Coesione territoriale, governatori e sindaci. Ma anche un parterre di economisti e politici di sinistra, a partire da Barca.
Che è praticamente un’icona: stimato anche a destra, ma considerato il capo-scuola dell’impostazione più istituzionale — leggi statalista — delle politiche di coesione sociale. Laddove Forza Italia ha seguito la scuola più “riformista-liberale” – voucher e tirocini, investimenti sulle imprese e meno nel sistema pubblico — che si riconosce nella dottrina di Giulio Tremonti.
Una linea portata avanti nel tempo (salvi clientelismi) dai governatori sudisti del centrodestra, da Fitto in Puglia a Caldoro in Campania a Musumeci in Sicilia, e rilanciata da Antonio Tajani in ambito europeo. Una distanza ragguardevole.
Insomma: dubbi, interrogativi, malumori. Alimentati dall’ambiguità di Berlusconi sul futuro del suo partito e dalle ambizioni di Renzi sul centro macroniano.
Chissà : tra il dire e il fare c’è di mezzo Draghi. E la legge elettorale.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply