CHE FARÀ LA SORA GIORGIA, CHE PER MESI HA PORTATO IN GIRO LA VON DER LEYEN COME UNA MADONNA PELLEGRINA, ORA CHE LA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, IN VERSIONE “OCA ZOPPA”, E’ CADUTA IN DISGRAZIA?
COMUNQUE VADA, PER LA DUCETTA SARÀ UN INSUCCESSO: O FA INCAZZARE GLI ALLEATI O SI INIMICA GLI EUROPOTERI
Bruxelles, in quanto capitale dell’Unione europea, è anche l’Eldorado delle società di lobby, che, tra un report e un dossier, spesso finiscono a fare “servizietti” utili alle agenzie di intelligence.
Chi governa l’Ue deve tenere conto del groviglio di interessi e di pressioni a cui è sottoposta la Commissione: ogni decisione premia uno e scontenta molti e i delusi, in alcuni casi, possono trasformarsi in nemici.
Negli ultimi anni, nella “House of cards” dell’Unione europea, si è aggiunta la Procura di Bruxelles, che si è via via sempre più politicizzata (Michel Claise, il giudice istruttore diventato famoso per il Qatargate, si è candidato alle elezioni politiche in Belgio con il partito Democratico federalista, Défi).
L’inchiesta che puntava a oscurare i mondiali in Qatar, mostrando il lato affaristico e cinico di Doha, esplose, con un tempismo eccezionale, nel dicembre del 2022, proprio mentre nel Golfo iniziava il campionato mondiale di Calcio.
Le indagini, che coinvolsero anche la vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, poi sono finite in un mezzo flop, tra scarcerazioni, patteggiamenti e misure cautelari distribuite con troppa disinvoltura.
Doveva essere la spallata alla presenza tentacolare del Qatar nell’Unione europea, ed è finita con una storia miserevole di furbacchioni e arraffasoldi.
Ora, a due mesi dal voto europeo, sempre con un tempismo più che sospetto, la Procura europea (EPPO) fa esplodere il Pfizergate, un’indagine che punta a chiarire le modalità con cui l’Unione acquistò i vaccini durante la pandemia di Covid.
L’inchiesta tira in ballo direttamente la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, accusata di interferenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di SMS, corruzione e conflitto di interessi.
A Bruxelles sono in molti ad auspicare che l’inchiesta porti risultati a breve scompaginando le carte in vista delle elezioni del 9 giugno. La domanda, a questo punto, sorge spontanea: chi sta sperando o brigando per silurare Ursula e impedirle la rielezione?
Sicuramente il mondo della destra, da Salvini a Le Pen, non ha mai smesso di osteggiarla, criticando ogni sua scelta a partire dal Green Deal.
La vuole fuori anche Manfred Weber, il leader del partito bavarese della Csu, e gran capo del Partito Popolare europeo, che non ha dimenticato il “tradimento” subito cinque anni fa, quando, da spitzenkandidaten, fu uccellato dal Consiglio europeo: su proposta di Macron e con l’appoggio di Angela Merkel gli fu preferita la Von der Leyen.
A osteggiare Ursula c’è anche il suo partito, la Cdu tedesca, che le rimprovera un comportamento troppo accondiscendente nei confronti di Giorgia Meloni e dei Conservatori.
La corsa a ostacoli della cofana bionda, sempre più “oca zoppa”, rende la vita difficile anche a quelli che si erano aggrappati a lei confidando nel suo bis.
La capofila di questa corte è Giorgia Meloni, che negli ultimi mesi ha portato in giro la presidente della Commissione Ue come una madonna pellegrina, facendosi accompagnare anche nelle frazioni più sperdute.
La sora Giorgia ha fatto male i suoi conti: forse non era a conoscenza delle trame in corso sulla poltrona più importante a Bruxelles, forse ha sopravvalutato il consenso di Ursula, fatto sta che adesso si ritrova a pettinare la cofana di una candidata depotenziata rispetto a qualche mese fa.
Dopo i sondaggi che danno Ecr dietro a “Identità e democrazia”, l’eurogruppo del duplex Le Pen-Salvini, e di fronte alla certezza di non essere decisiva per la rielezione di Von der Leyen, che farà Giorgia Meloni?
Porterà i suoi europarlamentari a votare comunque per l’inciucio pro-Ursula sperando di ottenere un commissario di peso per l’Italia? Lascerà libertà di voto agli eurodeputati di Ecr così da non legarsi le mani per cinque anni alla Commissione?
Oppure si sfilerà all’ultimo momento, voltando le spalle alla leader tedesca? Comunque vada, sarà un insuccesso, perché da ognuna di queste ipotesi deriveranno problemi con gli alleati o con gli europoteri, o sarà un danno alla sua credibilità personale.
Nel frattempo, annusata la malaparata a Bruxelles, dentro Fratelli d’Italia si cerca una sponda oltreoceano: gli emissari di Fdi hanno preso contatti con l’entourage di Donald Trump, sperando di riallacciare i vecchi rapporti interrotti dopo la sbandata bideniana della Ducetta che, tra un bacetto e una lisciata di pelo, si è offerta come amazzone del presidente americano nel Mediterraneo.
§Cambiare casacca e giocare su più tavoli può sembrare cinico, ma è fisiologico per chi fa politica. Il punto non è il “cosa” si fa ma il “come”: anche il voltafaccia più feroce va messo in scena nel modo giusto, altrimenti si finisce per essere marchiati a livello internazionale come un “camaleonte” (esattamente come Politico.eu definì la premier italiana). E “camaleonte” nasconde un preciso significato: inaffidabile.
(da Dagoreport)
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