CHI E’ DINO PETRALIA, LA TOGA ANTIMAFIA NOMINATO AL VERTICE DEL DAP
DAGLI INIZI A TRAPANI AL CSM
Una nuova pagina ai vertici del Dap. Un segnale di discontinuità dopo le polemiche sulle scarcerazioni dei boss.
All’indomani dell’addio di Francesco Basentini, Bonafede ha designato Bernardo, Dino, Petralia – oggi procuratore generale di Reggio Calabria, già consigliere del Csm, una vita nella magistratura antimafia – come vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Sarà affiancato da Roberto Tartaglia. Il giovane pm della trattativa Stato-mafia è infatti vice capo del Dap da mercoledì.
“In attesa della risposta del Csm (che dovrà dare il via libera alla nomina, ndr) posso dire che Petralia è una magistrato che ha speso la sua vita per la giustizia e la lotta alla mafia”, ha detto il Guardasigilli, annunciando la designazione.
Siciliano, sessantasette anni, in magistratura dal 1980, Petralia ha svolto il primo incarico alla procura di Trapani, al fianco di Gian Giacomo Ciaccio Montalto, magistrato ucciso dalla mafia nel 1983.
È stato giudice a Marsala, dove ha celebrato i primi processi per mafia col nuovo rito e nel 1996 diventa uno dei più giovani procuratori, a Sciacca, nell’Agrigentino, dove si ferma per circa un decennio.
Storico volto di Movimento per la Giustizia, nel 2006 diventa consigliere del Csm. Nel 2010 rientra a Marsala, come sostituto procuratore.
Tre anni dopo si sposta a Palermo dove, da procuratore aggiunto, diventa coordinatore del pool sui reati contro la pubblica amministrazione e guida il gruppo che si occupa di ricalcolare il cosiddetto cumulo per i boss di Cosa nostra. Nel suo pool c’era Tartaglia. Oggi tornano a lavorare insieme.
Lasciata la Sicilia, nel 2017 diventa procuratore generale a Reggio Calabria dove si occupa di ‘ndrangheta e continua la sua opera nell’applicazione delle nuove norme sul sequestro dei beni.
Dopo il pensionamento di Armando Spataro, fino a dicembre 2018 procuratore di Torino, punta alla guida degli uffici requirenti del capoluogo piemontese. Ma ritira la candidatura quando il suo nome compare – a sua insaputa – nelle conversazioni di Luca Palamara, Cosimo Ferri e Luca Lotti che, in quei giorni, provavano a ridisegnare lo scacchiere delle procure rimaste vacanti.
“Al danno si è aggiunta la beffa, ma non sono disponibile a lasciar sporcare la mia dignità ”, disse a Repubblica, dopo aver deciso il passo indietro.
Quasi un anno dopo quelle vicende è pronto a lasciare la città calabrese per approdare agli uffici del Dap. Lo aspettano giorni intensi, dopo il grande caos che si è creato intorno alla gestione delle carceri.
Negli ultimi mesi sul dipartimento che gestisce i penitenziari c’è stata una pioggia di accuse. La gestione Basentini è stata criticata per le rivolte nelle carceri avvenute a marzo e poi, di recente, per la scarcerazione di alcuni boss al 41 bis.
Al pm potentino si imputava una circolare con la quale il Dap aveva chiesto ai direttori delle carceri di segnalare i detenuti con più di 70 anni e con patologie.
Questo documento, secondo alcuni, avrebbe dato il via libera alle istanze di arresti domiciliari fatte da vari boss che si trovavano in regime di carcere duro.
L’uscita dal carcere di nomi di peso come Francesco Bonura e Pasquale Zagaria – per legittima decisione del magistrato di sorveglianza – ha portato numerosi esponenti politici a chiedere la testa di Basentini. Il passo indietro è arrivato ieri. E da oggi inizia un altro capitolo. Nelle intenzioni di Bonafede, che ha voluto due nomi di spicco dell’antimafia a gestire le carceri, dovrà essere diverso dal precedente.
(da agenzie)
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