CON DRAGHI IL PARLAMENTO DIVENTA L’AULA DELL’ORNAMENTO
NESSUNO VOTA CONTRO IL PROGETTO RECOVERY ANCHE SE NESSUNO L’HA LETTO… MA, A DIFFERENZA DI CONTE, IN QUESTO CASO NON C’E’ STATO ALCUN ESPROPRIO, COM’E’ STRANA LA VITA
Parlamento fa rima con Ornamento?
Il piano che deve sollevare l’Italia dalla sua malattia, curarla e proiettarla nel nuovo mondo, è giunto nelle mani dei deputati due ore fa, verso le 14 e – facendosi impellente la cena – gli si sta già sfilando.
In effetti è un’apparizione. “Tutti insieme contiamo meno di un capo dipartimento del ministero dell’Economia”, dice il deputato Andrea Colletti, già provato dall’esperienza infelice con i 5stelle, dalle cui file è uscito e ora – davanti al mausoleo delle grandi opere che Mario Draghi ha illustrato nella mezz-oretta stabilita – appare in ulteriore ed evidente debito di autostima.
In effetti tutto è parso un pochino più floscio perché l’appuntamento con l’ora X della politica italiana, quella col Recovery, è trascorso come un pomeriggio in trattoria.
Lui, Super Mario o Super Mago (così Michele Anzaldi di Italia Viva) ha ammonito a non fare gli stupidi, “orgoglio e non stupidità” per la precisione, e i deputati hanno anche un po’ applaudito ma sempre con la mente sui rigatoni all’amatriciana.
“Ha visto mai una riunione di redazione con mille giornalisti che parlano, discutono, traccheggiano, propongono, revocano? Che giornale mai uscirebbe la mattina seguente? Una cosa sterminata ma illeggibile. Un guazzabuglio”.
I conti, i parametri, i paradigmi, le equazioni, i settori, le missioni.
Secondo Emanuele Fiano del Pd, la prova era così complicata da non poter essere alla portata del Parlamento che avrebbe fatto solo caciara. Dunque i partiti, attraverso i propri ministri, hanno fatto conoscere sottovoce i desideri e Draghi li ha accontentati.
Ricorda Fabio Mussi, osservatore estraneo al sangue versato durante la crisi di governo, che Renzi “annunciò il movimento di liberazione da Conte perché il Parlamento era stato espropriato del suo ruolo. E ora questa mimica, un siparietto per timbrare d’ufficio un piano concepito in quell’altrove di cui tanto ci si disperò? Bah”.
Bah! Sbadigli, qualche applauso, distanze confermate secondo i protocolli pandemici, e il Recovery plana nell’aula abulica, solennemente indifferente. “Mancano i partiti, questo è il guaio. La rappresentanza politica è in crisi, questo è il guaio. Un sindaco si sveglia e fa ciò che vuole. Un governatore decide per conto suo, e nessuno che si permetta di dirgli: uè, ma che stai combinando? Senza partiti non c’è Parlamento. E infatti si nota”.
Guglielmo Epifani si accomiata come quegli ospiti che – seppure invitati – alla festa non trovano posto. L’aula non piroetta, non si divide, non contesta, nemmeno annuisce. “Sul Sud belle parole e poco altro”, dice Stefania Prestigiacomo. “Lo spazio per intervenire c’è. Se esiste la volontà di non accucciarsi, non una ma dieci battaglie si possono ancora fare”, annuncia Stefano Fassina.
Svanita, perché trasferita in altri lidi, la benedetta governance, resta tra le mani di coloro che annunciarono la palingenesi draghiana non il fuoco ma paglia ormai divenuta cenere.
“Abbiamo un piano finalmente credibile”, dice Maria Elena Boschi, una di quelle che sei mesi fa ruggì come una leonessa ferita contro l’esproprio ordito dal “governo Casalino” e oggi accompagna con una carezza un Piano che non ha visto e nemmeno letto.
In effetti tira molto di più il coprifuoco e i suoi effetti collaterali: obbedire alla legge delle 22 oppure liberarsi dalla dittatura e fiondarsi a casa solo alle 23? Il tema divide, spacca, appassiona. Molto meglio del futuro digitale, dell’istruzione tecnica massiva, degli asili nido, e dei ponti, dei porti, del nuovo ufficio del processo penale, eccetera.
Per adesso non c’è gara. Resta il coprifuoco nel cuore del Palazzo, e infatti il Parlamento si scorda di Draghi che visto dall’Economist si rivela una “delusion” e invece raccontato in contemporanea dal Financial Times si ritrova un “modello” che mette in riga l’Italia che ama delinquere, ed esce per cena, oggi che finalmente si può.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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