CONTRORDINE PADAGNI: ORA SALVINI PRENDE LE DISTANZE DA MARINE LE PEN
GLI PREFERISCE SILVIO E FA IL MODERATO… “SU FEDERALISMO, LAICITA’ E LIBERISMO SIAMO DIVERSI DAL FN”… E ANCHE IL NO EURO VA IN SOFFITTA
Via dal vento. Il vento lepenista c’è, ma non gonfia le bandiere della Lega. Per scelta, non per caso.
A tre giorni dal trionfo di Marine in Francia, proprio Matteo Salvini, lo skipper padano che un anno fa bollava l’euro come una moneta criminale, che invocava il ritorno alla lira in difesa della sovranità , proprio lui che teorizzava il Front National italiano, si presenta in versione moderata: “Viva i francesi — dice – che hanno dato la sveglia a un’Europa un po’ sonnolenta, chiedendo cose normali: un po’ più di lavoro e un po’ più di sicurezza, niente miracoli”. Tutto qui, senza enfasi alcuna.
Anzi, è solo l’inizio di un ragionamento da cui emerge l’opposto di quello che ti aspetti.
Il leader leghista presenta, alla Stampa Estera, il libro Il metodo Salvini. “Condivido tutto”: risponde così a Lucia Annunziata, che come domanda gli sottopone un brano Alain de Benoist, fondatore della Nouvelle Droite, a proposito delle differenze, rilevanti, tra Front National e Lega. Questo:
Il FN, come la maggior parte dei partiti politici francesi, è di orientamento estremamente giacobino: è ostile ai regionalismi, alle autonomie delle regioni, agli insediamenti delle lingue regionali. Poi un altro tema essenziale per il FN è la difesa intransigente della laicità . Infine sul piano economico e sociale il FN è molto più a sinistra della Lega Nord che fino ad ora non ha condannato il capitalismo liberale con la stessa fermezza.
“Condivido tutto” dice Salvini, lo stesso che qualche mese batteva l’Italia con l’idea di costruire un Front National, e fa concluse la sua manifestazione in piazza del Popolo con Casa Pound.
Ora rimarca le differenze.
Primo: “Sì, io adoro le autonomie, non il centralismo, ma la lingua, i profumi, le cucine, i campanili, le cento patrie”.
Secondo, adora il presepe: “Marine è a favore della laicità , penso che un mondo senza fede sia un non mondo”.
In fondo adora pure il capitalismo: “Datemi un modello di sviluppo diverso, io ancora non lo vedo”.
E pure l’euro, come moneta, si può tenere: “Non saremo noi — dice — a uscire dall’euro ma l’euro a uscire da noi, perchè una moneta senza banca e senza popolo si smonta da sola”.
E così, a tre giorni dal voto francese, ti accorgi che Salvini, quello del “basta euro”, “basta Renzi” e “basta Berlusconi”, più che il vento francese cerca il vecchio ponentino berlusconiano.
Timoroso che una linea lepenista faccia saltare la ritrovata alleanza di centrodestra. Lo ammette, senza neanche tanti giri di parole: “La via solitaria sarebbe più lineare e semplice ma essendo un realista ho scelto l’alleanza”.
Confidando nel mutamento dei rapporti di forza: “Nei 20 anni passati ci siamo alleati da secondi, ora da primi”.
Nel frattempo sono ricominciati i vertici a palazzo Grazioli, le foto in tribuna d’onore a San Siro e pure i lunghi, fumosi e noiosi tavoli per le alleanze e le candidature, dove Salvini si è subito adeguato alle usanze della casa, ammainando la bandiera delle primarie e quelle frasi che tanto gli piacevano tipo “i candidati li scelgono i cittadini”. Quella vecchia volpe di Silvio Berlusconi, uno che è capace di grandi trovate comunicative sui pastrocchi politici, ha già capito come venderla: “In Italia io e Salvini siamo molto più avanti della Francia perchè lì Sarkò e la Le Pen non si parlano”.
Proprio la grande impasse sulle amministrative spiega tutto, a partire dalla prudenza di Salvini, impegnato nella ricerca di nomi e accordi col Cavaliere.
Anche se, al momento, è tutto in alto mare.
A Milano si è proposto Corrado Passera, ma Berlusconi non è convinto e Salvini è contrario perchè un conto è fare i moderati un conto è “l’uomo delle banche”, su Sallusti la Lega ci starebbe pure, ma non si riesce a chiudere dentro Forza Italia. Berlusconi aveva pure pensato a Paolo Scaroni, ex ad di Eni, ma l’interessato è in ottimi rapporti con Sala e non ha intenzione di sfidarlo.
A Roma l’unica certezza è il no a Marchini, voluto più dalla Meloni che da Salvini.
E a febbraio nuova foto di gruppo a piazza del Popolo: Salvini, Meloni e Berlusconi.
Via dal vento.
(da “Huffingtonpost“)
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