DENIS MUSK, L’UOMO CHE NON DEVE CHIEDERE MAI
VERDINI & RENZI VERSO IL PARTITO DELLA DAZIONE
Mentre noi scriviamo e voi leggete, Denis Verdini è indaffarato in frenetici conciliaboli tra ristoranti, bar e un ufficetto nel centro di Roma, dove riceve vorticosamente parlamentari forzisti (soprattutto senatori, i più richiesti) per convincerli a passare con lui,cioè nel suo movimento “Ala” che, se tutto va bene, diventerà presto un gruppo autonomo alla Camera e al Senato.
Ala è l’acronimo di “Alleanza liberalpopolare autonomie” ma, per quanto lo riguarda, potrebbe esserlo pure di “Associazione loschi abusi”, “Avanzi logge accroccate”, “Astenersi luridi antirenziani”, o “Antipasto e lonza amatriciana”.
Tanto è un parcheggio a ore per fare rifornimento in vista della ripartenza verso il Partito della Nazione, destinato a superare i polverosi steccati ideologici fra destra e sinistra, ma soprattutto fra guardie e ladri.
Gli alti principi ispiratori del suo agire li ha illustrati egli stesso davanti a una pajata: “Tutti mi chiedono cosa ci guadagnano a venire con me. Gli rispondo che sono il taxi. Vuoi rimanere al potere? Solo io ti conduco in dieci minuti da Berlusconi a Matteo”. Poi, contro ogni sospetto di mitomania, l’Uomo Taxi ha rivelato: “Ho giurato a Matteo che costruiremo assieme il partito della nazione” (o della dazione, non sè capito bene, ma agli astanti è piaciuto lo stesso).
Le alate frasi sono uscite domenica su Repubblica, unite alla notizia — destinata a elettrizzare vieppiù la base Pd — che i conti dei nuovi acquisti “Verdini li tiene direttamente con Luca Lotti: si intendono a meraviglia, c’è una linea diretta tra i due. Stessa musica con Renzi, chiamato affettuosamente ‘Matteuccio’”.
Ora, siccome Repubblica non è proprio un bollettino di provincia, c’era da attendersi una smentita dal premier Matteuccio e dal sottosegretario Lotti. Ma non è arrivata, perchè tutti sanno che è tutto vero.
Così com’è vero che Verdini, avendo compilato per 15 anni le liste locali e nazionali di FI, sa vita, morte e miracoli di tutti i forzisti, il che lo rende particolarmente persuasivo quando li invita, a seconda del peso specifico, per un caffè, o per un pranzo, per una cena, o direttamente nel suo ufficio a digiuno.
Casomai se lo fossero scordato, l’ha rammentato a tutti con un pizzino via Twitter una delle ultime new entry, Francesco Saverio Romano da Palermo, intimo di Totò Cuffaro, già imputato per mafia e assolto con formula dubitativa: “Gli amici di FI usino cautela parlando di Denis. È galantuomo, conosce la loro biografia e mantiene riserbo”.
Denis Musk,l’uomo che non deve chiedere mai.
In attesa di sapere qualcosa del listino per la nomina dei futuri senatori, sarebbe già un trionfo conoscere il listino prezzi dei senatori attuali.
Se per l’immediato Denis Musk può offrire parecchio (posti di governo nel prossimo rimpasto, presidenze di commissione e cadreghe di sottogoverno), ben altro chiedono i profughi forzisti, per lo più migranti economici: la garanzia di essere rieletti,con prebende e soprattutto immunità .
E, con l’attuale legge elettorale (l’Italicum), Verdini ha ben poco da regalare: se il premio di maggioranza va al primo partito, e non alla coalizione, i rieletti (cioè i rinominati) saranno tutti del Pd, dei 5 Stelle e del nascente listone Forza Lega.
Che senso ha allora fuggire da FI? O il Pd — o come diavolo si chiamerà — accoglie Verdini e la sua fairy band, il che appare francamente improbabile persino per uno come Renzi (che già deve aggiungere posti a tavola agli alfanoidi), oppure il barcone dei profughi andrà alla deriva.
Denis Musk promette che “l’Italicum cambierà , ma solo nel 2017”, per infilare anche Ala nella prossima abbuffata.
E anche su quest’affermazione, in lievissima contraddizione con le frasi ufficiali di Matteuccio e Maria Elenuccia, si attendono ancora smentite.
L’altroieri però quel gran genio di Bersani, dopo mesi di campagna acquisti verdiniana, ha notato qualcosa: “Fuori Verdini dal nostro giardino”.
Gli ha risposto Roberto Giachetti con un breve riepilogo degli inciuci fatti dalla ditta bersaniana con FI (allora coordinata da Verdini) negli ultimi quattro anni, da Monti a Letta, prima che arrivasse Renzi: “Perchè allora il voto di Verdini non puzzava?”.
Gli si potrebbe rispondere che almeno non l’avevano promosso a padre costituente nè a reclutatore di truppe governative, ma questi son dettagli.
Anche perchè gli inciuci risalgono a molto prima, e non con Verdini, ma con B.
È questo il peccato originale che macchia le coscienze di tutti (compreso Giachetti, che è alla Camera da 15 anni e non risulta aver mai storto il naso) e non consente a nessuno di dare lezioni.
Nemmeno di notare che Renzi, pur non avendo alcuna analogia biografica con B., ha sostituito il programma del Pd con quello di FI e fa tutto ciò che neppure B. era riuscito o aveva osato fare (mancava giusto il Ponte sullo Stretto, infatti ieri il governo ha riaperto la pratica).
Conosciamo l’obiezione: B. aveva il conflitto d’interessi, Renzi no.
Ma questa non è un’attenuante, semmai un’aggravante: se Silvio faceva porcherie perchè doveva farle, altrimenti lo arrestavano e falliva per debiti, Matteo le fa perchè ne è proprio convinto.
Ma nessuno, nel Pd e dall’altra parte, ha alcun titolo per rinfacciargliele. La Ditta è il delitto e Renzi è il castigo, così come B. fu la punizione dei tanti peccati della partitocrazia.
Nel novembre ’94, Indro Montanelli scrisse sulla Voce:“La sua squadra ci fa rimpiangere le più sgangherate ammucchiate della prima Repubblica. Ma solo come espiazione il governo di Berlusconi ha un senso”.
Lo stesso si può dire oggi di Renzi per la Seconda Repubblica: solo come espiazione il suo governo ha un senso.
Solo come purga.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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