DI FRONTE A MADONNA BOSCHI ARRETRANO TUTTI
“LA MADONNINA BIONDA DEI MIRACOLI” DILAGA SUI MEDIA: IL NULLA CHE DIVENTA SUGGESTIONE E INCANTO
Per quanto i telegiornali Rai (scioperi annunciati a parte) si siano sforzati di esaltare Matteo Renzi, il boom elettorale, la rinascita del Pd come “partito democristiano”, la falange di osanna si è arresa di fronte alla vera protagonista pop della settimana: Maria Elena Boschi, ministra per le riforme e per i rapporti con il Parlamento, nonchè avvenente giovane donna di 33 anni che il Secolo XIX di Genova ha definito “la madonnina bionda dei miracoli”.
La madonnina bionda non ha lacrimato se non per un attimo fuggente, non ha parlato a qualche giovane malaticcia con le visioni e nemmeno è apparsa a tre pastorelli analfabeti del remoto Portogallo: no, ha solo caricato 31 bambini congolesi, adottati e ricongiunti ad altrettante famiglie italiane.
E qui, forse per quel minimo sindacale di coinvolgimento emotivo, alla madonnina renziana e toscana va riconosciuto il merito di aver evitato — per quanto possibile — la beatificazione.
Basta volerlo, poichè nel passato ventennio abbiamo avuto inflazioni di madonne Carfagna, Prestigiacomo, Brambilla, Gelmini, oggi abbandonate dai laudatores di un tempo in qualche remoto santuario per ex.
A carico della Boschi versione benefattrice si annotano dunque un’intervista di pochi secondi sulla pista di Ciampino, una treccina galeotta, qualche sbaciucchiamento, e cinque minuti introduttivi a Otto e mezzo di mercoledì, sotto gli occhi comprensivi di Lilli Gruber e quelli assai scafati di Massimo Franco
Il dilagare di Maria Elena Boschi va ascritto alla sua imitatrice, Virginia Raffaele, lanciatissima da Ballarò e forte di un’invenzione tanto più geniale in quanto risalente al passato remoto: aver trasformato il vocalizzo “shabadadada” — tormentone musicale del film Un uomo e una donna del 1966 — in una risposta nonsense, depistante e furba. Di fronte a una domanda, anche banale, la Boschi fake regala uno sguardo da maliarda, un batter di palpebre e uno sventolio di ciglia prima di far partire il suo “shabadadada”, cioè il nulla fatto suggestione, arte incantatrice a sfondo erotico niente affatto dissimulato.
Quando fu intonato il primo “shabadadada”, il film di Claude Lelouch (interpreti Jean Louis Trintignant e Anouk Aimèe) sbancò i botteghini, le musiche di Francis Lai (un 33 giri notevole, con anche composizioni di Pierre Barouh) balzarono in groppa a tutte le hit d’Europa. Ancora oggi, chi passeggia sulle spiagge di Deauville fuori stagione, lo fa proprio per canticchiare il suo privato “shabadadada”.
Paolo Ojetti
(da “il Fatto“)
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