DOMANI A ROMA TRA MACRON E MELONI SOLO BACI E ABBRACCI: ACCANTONATI I SOGNI DI DIVENTARE LA REGINA DELLA DESTRA EUROPEA, MERZ E MATTARELLA LA SPINGONO VERSO IL PPE, USCENDO DAL GRUPPO DESTRORSO DI ECR
IL RENDEZ-VOUS DI DOMANI DOVRÀ RASSICURARE LA
SORA GIORGIA CHE NON SARÀ PIÙ ESCLUSA DAI TAVOLI DEI NEGOZIATI SULL’UCRAINA E PER ASSICURARSI L’INSOSTITUIBILE PRESENZA DELL’UNICO ALLEATO EUROPEO DOTATO DI POTENZA NUCLEARE ALLA CONFERENZA DEL 7 LUGLIO A ROMA SULLA RICOSTRUZIONE DELL’UCRAINA… SENZA MACRON, SAREBBE NON SOLO UN FALLIMENTO TOTALE, MA INUTILE … IL PRAGMATICO MERZ SI STAGLIA SEMPRE PIÙ COME IL LEADER PER ECCELLENZA DELL’UNIONE EUROPEA
Et voilà! “Non c’è assolutamente alcun ostracismo nei confronti di Giorgia Meloni”: questa la risposta di fonti dell’Eliseo a una domanda dei giornalisti alla vigilia della visita di Emmanuel Macron a Roma.
“La realtà – prosegue il lancio di oggi dell’Ansa – è che la presidente Meloni fa parte di quel formato collettivo. Era presente nelle riunioni di Parigi e di Londra. E l’Italia per noi è un partner importante che può svolgere pienamente il suo ruolo con i partner europei”. Per l’Eliseo, “i format possono variare”, l’importante “è che fra europei, sul fondo delle questioni, siamo d’accordo”.
Che cosa è successo tra il galletto francese e la pollastrella italiana? Dove è finita l’aperta ostilità del governo di Roma, da Salvini a Fazzolari, nei confronti dell’europeismo anti-trumpiano del quartetto dei Volenterosi (Francia, Germania, Polonia e Gran Bretagna)
Come mai Lady Giorgia, in vista dell’incontro, dichiara seraficamente (si veda il video) che non c’è niente di “personale” e bisognerebbe non cedere alla tentazione di montarci su “la panna”?
E precisa, con gli occhioni a cuoricino: “Italia e Francia sono amiche e alleate. Hanno posizioni convergenti su molti dossier” e “questo è
normale. Non è che ci siano contrapposizioni. A volte i leader discutono ma questo non compromette nulla”.
Secondo fonti diplomatiche, il cambio d’umore geopolitico della Ducetta ha varie motivazioni. Prima di tutto, sono scesi in campo il neo cancelliere tedesco Fredrich Merz e il capo dello Stato Sergio Mattarella, ambedue con lo stesso obiettivo: cercare di portare l’Italia fuori dall’irrilevanza europea in cui è finita a causa delle ambizioni sbagliate della Ducetta di diventare la “pontiera” tra Bruxelles e Washington, “arbitro” tra il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il mattoide della Casa Bianca, Donald Trump.
Il bersaglio di Merz e Mattarella è di portare la premier della Garbatella ad avvicinarsi al Partito Popolare Europeo (PPE), tagliando nello stesso tempo i legami con il gruppo destrorso dei conservatori (ECR), che si dichiarano “eurorealisti” e antifederalisti, in quanto si oppongono al federalismo europeo, di cui Fratelli d’Italia è il primo partito.
Non solo: d’accordo con Macron, Tusk e Starmer, Merz è consapevole che la nuova Europa che cerca di rialzarsi dalle macerie del trumpismo non può fare a meno dell’Italia, che rappresenta il primo paese del sud del Vecchio Continente.
Dopo il mancato invito al vertice di Volenterosi a Tirana, ferita diventata dolorosissima data la presenza telefonica di Trump, seguito dalla sonora sberla di Macron, che aveva sottratto a Giorgia l’alibi delle truppe da inviare in Ucraina accusandola di diffondere fake news in stile Putin, a quel punto la Statista de’ noantri ha capito che doveva uscire dall’isolamento in cui si era cacciata.
Quando il 17 maggio scorso incontrò per la prima volta Merz a Roma, una Meloni raggiante annunciò la nascita dell’asse Roma-Berlino: ‘’Se l’ipotesi dell’invio delle truppe è tramontata noi siamo
sempre stati disponibili a far parte di qualsiasi format. Tenere unito l’Occidente senza escludere nessuno è sempre stata la priorità dell’Italia. È necessario abbandonare i personalismi che rischiano di minare l’unità dell’Occidente”.
La discesa di Macron a Roma, preceduta dalle dolci parole dell’Eliseo che abbiamo riportato all’inizio, è il tassello indispensabile per ricucire il rapporto con destra ballerina italiana. Domani i due ex nemici avranno da risolvere tre punti fondamentali: Ucraina, Gaza e dazi. Sulle tariffe da manicomio di Trump, Italia e Francia hanno una piattaforma comune, esportando i due stati negli Stati Uniti alimentari, macchinari, medicinali, etc.
Inoltre, se il nemico in casa di Merz sono le svastichelle di AFD, a loro volta Macron e Meloni devono vedersela con due avversari su posizioni trumputiane di ultra destra: i “patrioti” Marine Le Pen e Matteo Salvini. Ma a differenza del presidente francese, l’antagonista numero uno della “Giorgia dei Due Mondi” siede nel suo governo.
Il leader della Lega, a caccia di consensi per schiodarsi dal suo 8% rosicchiando il 29% di FdI, è impegnato ogni giorno a sabotare le mosse della Ducetta, evitando però di tirare troppo la corda: una volta fuori dal governo, perderebbe gran parte del potere e, con i suoi tre governatori contro e Vannacci tra i piedi, per lui sarebbe la fine.
Accantonati i sogni di diventare la Regina della Destra europea, il rendez-vous di domani dovrà, in primis, rassicurare la Sora Giorgia che non sarà più esclusa dai tavoli dei negoziati sull’Ucraina, come è successo a Tirana. Secondo: assicurarsi l’insostituibile presenza dell’unico alleato europeo dotato di potenza nucleare alla conferenza del 7 luglio a Roma sulla ricostruzione dell’Ucraina. Senza Macron, sarebbe non solo un fallimento totale, ma inutile
Intanto, il vispo e pragmatico Merz si staglia sempre più come il leader per eccellenza dell’Unione Europea: è atteso mercoledì a Washington. E nella Sala Ovale di sicuro non si ripeterà il pestaggio subito da Zelensky: a far compagnia a Musk con un occhio nero questa volta sarebbe il tronfio Caligola di Mar-A-Lago
(da Dagoreport)
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