FOIBE, IL MONITO DI MATTARELLA: “VIOLENZE DEL PASSATO CI AMMONISCONO SUI RISCHI DELL’ODIO ETNICO”
IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE IN OCCASIONE DEL GIORNO DEL RICORDO
Basta alimentare il vento dell’odio. Il nostro Paese corre “gravissimi rischi” a causa “del nazionalismo estremo, l’odio etnico, la violenza ideologica eretta a sistema”.
Usa parole durissime Sergio Mattarella per rinnovare la condanna della strage delle foibe, che nel pomeriggio commemora in Senato con la celebrazione del Giorno del Ricordo, accanto al presidente del Senato Pietro Grasso, al ministro Anna Finocchiaro e i testimoni di quella buia stagione.
Una persecuzione, “scatenata dalla violenza del comunismo titino” che provocò anche l’esodo di migliaia di profughi, e che “non può essere dimenticata”.
Un marchio di infamia che vale non soltanto per quelle tragiche pagine di storia ma anche e soprattutto come “ammonimento” per l’oggi del capo dello Stato.
E qui il ricordo si incrocia appunto con la cronaca di questi giorni, segnati dallo scontro e le polemiche per il raid razzista di Macerata, con Matteo Salvini e la destra estrema che soffiano sul fuoco della cacciata degli immigrati al grido “prima gli italiani”.
Mattarella, nel rievocare quella “pagina angosciosa che ha vissuto il nostro Paese nel Novecento, una tragedia provocata da una pianificata volontà di epurazione su base etnica e nazionalistica”, lancia l’allarme per i pericoli assai gravi che un risorgente estremismo nazionalista può innescare.
Da qualunque parte provenga.
Il massacro delle foibe portava la firma “rossa” dei comunisti di Tito. Oggi, sul nostro Paese, l’attacco viene dal fronte politico opposto.
Un clima che preoccupa molto il Quirinale, con l’escalation delle polemiche in piena campagna elettorale, le ultime sulla manifestazione convocata per domani a Macerata, e con lo spettro di una catena di folle emulazione nella caccia al nero sempre in agguato.
Così, il capo dello Stato ha deciso di far sentire la sua voce, con un suo messaggio scritto, mentre alle cinque del pomeriggio sarà presente a Palazzo Madama alla celebrazione della Giornata del Ricordo.
Le foibe, “con il loro carico di morte, di crudeltà inaudite, di violenza ingiustificata e ingiustificabile”, per Mattarella sono “il simbolo tragico di un capitolo di storia, ancora poco conosciuto e talvolta addirittura incompreso, che racconta la grande sofferenza delle popolazioni istriane, fiumane, dalmate e giuliane”.
Prima la durissima occupazione nazi-fascista di quelle terre, “nelle quali un tempo convivevano popoli, culture, religioni diverse”. Poi, la violenza del comunismo titino che “scatenò su italiani inermi la rappresaglia, per un tempo molto lungo: dal 1943 al 1945”. Anche le foibe e l’esodo forzato che ne seguiì “furono il frutto avvelenato del nazionalismo esasperato e della ideologia totalitaria che hanno caratterizzato molti decenni nel secolo scorso”.
Una tragica spirale che non si è arrestata anche in seguito, in altre zone, “i danni del nazionalismo estremista, dell’odio etnico, razziale e religioso si sono perpetuati, anche in anni a noi molto più vicini, nei Balcani, generando guerre fratricide, stragi e violenze disumane”.
Come fermare questa spinta all’odio razziale? Il capo dello Stato indica un baluardo e un deterrente: l’Unione Europea.
“E’ nata per contrapporre ai totalitarismi e ai nazionalismi del Novecento una prospettiva di pace, di crescita comune, nella democrazia e nella libertà “.
Oggi, grazie anche all’Unione Europea, in quelle zone martoriate, si sviluppano dialogo, collaborazione, amicizia tra popoli e stati. Anche questo suona da monito del capo dello Stato a quanti ogni giorno attaccano l’unità europea, invocando l’uscita dalla euro o perfino un’uscita dall’Italia dalla Ue.
Il capo dello Stato però, sul passato, pronuncia parole forti e chiare nella condanna delle foibe, perchè non vi possa essere alcun equivoco sulla sua posizione.
“Le stragi, le violenze, le sofferenze patite dagli esuli giuliani, istriani, fiumani e dalmati non possono essere dimenticate, sminuite o rimosse. Esse fanno parte, a pieno titolo, della storia nazionale e ne rappresentano un capitolo incancellabile, che ci ammonisce sui gravissimi rischi del nazionalismo estremo, dell’odio etnico, della violenza ideologica eretta a sistema”.
Nei giorni scorsi il Capo dello Stato ha nominato commendatore uno degli ultimi testimoni di quella tragedia: il novantasettenne Giuseppe Comand che nel 1943 a Pola partecipò alle operazioni di recupero delle vittime.
(da agenzie)
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