GAZA, UCCISA DA UN RAID ISRAELIANO LA BIMBA CHE SFIDAVA LE BOMBE CON UN SORRISO
UNDICI ANNI, YAQEEN HAMMAD ERA DIVENTATA UN PUNTO DI RIFERIMENTO FUORI E DENTRO LA STRISCIA CON I SUOI VIDEO PIENI DI SPERANZA
“Provo a portare un po’ di allegria fra i bambini, in modo che dimentichino la guerra per un po’”. Undici anni, sorriso sghembo, occhi scuri come i capelli, in uno dei suoi ultimi video così Yaqeen Hammad spiegava perché, dopo venti mesi di bombe e quasi tre di assedio totale, ancora cercasse – con un gioco, il ballo, un finto gelato – di strappare dall’angoscia e dall’orrore i bambini come lei. Fuori e dentro Gaza, quelle pillole via Instagram di impensabile allegria fra le macerie della Striscia erano diventate virali. Ma adesso, la bimba che con il sorriso sfidava le bombe, è solo l’ennesima vittima dell’offensiva israeliana “Carri di Gedeone”, che dopo la strage dei fratellini al Najjar, i nove dei dieci figli della pediatra di Khan Younis uccisi sabato, solo ieri notte è costata la vita a altri venti minori, uccisi dalle bombe sganciate su una scuola.
Nella notte fra venerdì e sabato, un raid Idf nell’area di al-Baraka a Deir el-Balah l’ha spazzata via, insieme a gran parte della sua famiglia. “Yaqeen, la mia campionessa. La mia sorellina, la mia anima, è stata uccisa”, ha scritto il fratello Mohamed, fra i pochi sopravvissuti, che con lei viveva in simbiosi.
Operatore umanitario lui, attivista lei, con il collettivo Ouena,
distribuivano cibo, vestiti, speranza fra sfollati e orfani. E Yaqeen della piccola ong palestinese era diventata il volto. I social l’avevano trasformata in un’influencer della speranza e della capacità di resistere alle scuole usate come rifugi e ugualmente bombardate, agli ospedali divenuti target, come gli operatori umanitari, ai continui sfollamenti da una parte all’altra della Striscia dettati dagli ordini di evacuazione.
Lei che balla e canta con bimbi come lei. Lei che si inventa un gelato da ghiaccio e sciroppo, che abbraccia il fratello maggiore, che ostenta un sorriso che non arriva agli occhi. Con i suoi video da Gaza, Yaqeen era diventata una delle testimoni più note della tragedia dei bambini nella Striscia. I vulnerabili, per eccellenza.
Solo dal 18 marzo, quando Israele ha violato il cessate il fuoco, secondo l’Unicef ne sono morti 950. Un milione, quasi la metà della popolazione della Striscia, dice Save the children, soffrono la fame, che ha già ucciso 29 fra neonati e anziani mentre gli aiuti rimangono bloccati ai valichi. Almeno 4.500 dovrebbero uscire da Gaza per ricevere le cure che dentro, con gli ospedali distrutti da bombe e raid e svuotati di farmaci e terapie che da mesi non entrano più, non possono più avere.
Yaqeen era una di loro. Ma a Gaza si impegnava per restituire ai più piccoli qualche momento di leggerezza che venti mesi di raid, fame e paura hanno portato a tutti via. In alcuni video, la si vede ancora con addosso il gilet dell’ong o un giubbotto antiproiettile, troppo grande per lei così minuta, mentre lavora fra le macerie, distribuisce pasti e vestiti, impacchetta dolcetti da distribuire.
Con impensabile sorriso raccontava come un paio di barattoli e un falò potessero diventare un’improvvisata cucina a gas, diventato inutile reperto da quando il carburante è bene di lusso nella Striscia. O della crisi idrica e degli sforzi per scavare pozzi, distribuire acqua pulita, quasi impossibile con il sistema idrico devastato e contaminato, pozzi e desalinizzatori fuori uso e i materiali per ripristinarli bloccati ai valichi. “A Gaza niente è impossibile”, commentava lei ostinata.E sotto le bombe, fra le macerie di palazzi, scuole e ospedali, parlava di speranza, di futuro.
Ma adesso i suoi profili sono diventati solo un lungo epitaffio e lei l’ennesima vittima di un’offensiva che è già costata la vita ad almeno 15mila bambini (cifra che sale a 20mila secondo alcune fonti che considerano anche i dispersi sotto le macerie) e gravi ferite a più di 175mila. Numeri che secondo l’Unrwa superano – e di gran lunga – il totale dei minori vittime di conflitto degli ultimi quattro anni. “Questa guerra – ha affermato il comitato della Nazioni Unite per i diritti dei bambini – è una tragica eccezione di umana brutalità”. E Yaqeen l’ennesima vittima
(da La Repubblica)
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