GENOVA, SFRATTO PER LA STORICA LIBRERIA BOZZI, IL GOVERNO PUO’ SALVARLA: 200 ANNI DI STORIA E CULTURA
E’ LA LIBRERIA CON LA PIU’ ANTICA SEDE D’ITALIA FREQUENTATA DA STENDAHL, MANZONI, DICKENS, MONTALE
Nelle more di un gustoso libriccino (un taschinabile, si direbbe) è raccontata la “Piccola storia di una libreria genovese”.
Parole e stampe di Tonino Bozzi che vi raccoglieva aneddoti e testimonianze di quella che è la libreria d’Italia dalla sede più antica, quella che aprì a un pubblico di lettori già istradati dal secolo dei lumi e in odor di carboneria, almeno da queste parti, il signor Boeuf, dal 1810 in Strada Nuovissima.
Dove è rimasta, assistendo al mutamento toponomastico (via Cairoli).
Longevità che rischierebbe di interrompersi (la parte nuova del complesso sta approssimandosi alla fine locazione, il 31 dicembre venturo), non fosse per il ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, che nei giorni scorsi ha annunciato un provvedimento volto alla tutela delle librerie storiche italiane per vincolare le destinazioni d’uso delle stesse con una direttiva a tutte le Soprintendenze.
In altre parole, niente scatolame, chincaglieria, jeans. Non diventeranno garage – per auto, vecchi, profughi clandestini – vi potranno sostare unicamente libri.
“Si tratta – ha spiegato il ministro – di un intervento a tutela del patrimonio culturale italiano e soprattutto di un segnale di attenzione verso un settore che in pochi anni ha vissuto cambiamenti fortissimi. La tutela delle librerie storiche rappresenta un segno di attenzione che ha radici profonde nel nostro Paese”.
È già qualcosa: una firma, solo una firma e senza tirar fuori un centesimo; del resto il valore in questione si riferisce a un patrimonio di tutti, immateriale e non quantificabile, la cui perdita tuttavia potrebbe avere ripercussioni senza alcun rimedio. Non solo per l’aspetto per così dire estetico del locale: una libreria è una stratificazione di idee, carte, fogli, inchiostri, ripiani, ha un peculiare profumo (d’antico, oggi si può dire a ragione) ma più ancora è il simbolo dell’intelligenza, della cultura e delle speranze di una comunità .
E i genovesi, cha hanno assistito con qualche sobbalzo a metamorfosi anche violente, di volta volta un po’ stupiti, un po’ rimpiangendo per poi mugugnare pro forma contro il fato, raramente si sono esposti a chiedere che un brandello del loro patrimonio di idee, memorie e appunto speranze se ne andasse travolto da una qualche crisi o dalla prospettiva di un affitto più conveniente.
“Questa libreria – racconta Tonino Bozzi – è un elemento caratterizzante per la città , i libri sono un deposito di memorie della cultura, qui sono entrati Stendahl, Manzoni, Dickens, Montale.
Nel 1866 vi fu fondata la società di Letture e Conversazioni Scientifiche. Le librerie storiche si chiamano così perchè hanno alle spalle una loro storia, ma anche delle storie da raccontare. Spesso hanno svolto un ruolo non trascurabile nella vita delle loro città e forse sarebbe utile che i librai, che tuttora le conducono, cercassero di evocare quei momenti in cui il loro ruolo ha avuto un peso, se non altro come luogo di ritrovo e discussione, nell’evoluzione civile cittadina”.
Quanto a suo tempo aveva intrapreso Antonio Boeuf, giunto dalla Francia napoleonica a Genova nel 1807.
Si impiega nella tipografia dei librai Gravier, dove si stampano e vendono libri, carte, gazzette (la sapiente tradizione europea dei Manuzio e i de Bry), si affranca e nella via Novissima apre una libreria, stamperia enciclopedica.
Ne persegue fini tanto commerciali quanto culturali, così i suoi discendenti, che arrivano sino agli anni venti del Novecento, e di parentela in successione si arriva alla famiglia Bozzi, così la libreria dal 1930. “E mio padre nel 1932, sfidando l’ideologia del regime, pubblicò ‘Critica della pena di mortè del giovane socialista Paolo Rossi. Il libro fu sequestrato e procurò al suo editore un’immeritata fama di sovversivo che più tardi, all’epoca della Resistenza, gli procurò non poche noie”
Un librario a bene vedere sovversivo, almeno quanto basta, lo è costituzionalmente, più del lettore di cui “decide la dignità “.
Non è il sacerdote del passato, piuttosto, come gli uomini libro di Fahrehneit 451, è l’amorevole custode di qualcosa che ha a che vedere con il futuro.
“Le librerie storiche – conlude Tonino Bozzi – sono un argine contro l’omologazione che è tanto ‘modernà e comoda, ma fa perdere carattere alla città e disperde al vento qualcosa di indefinito che non sta solo nel cuore dei tradizionalisti, ma di tutti. Tutti i locali storici caratterizzano le loro città e, finchè resistono, sono luoghi dove la memoria delle città si accumula senza impolverarsi”.
Stefano Bigazzi
(da “La Repubblica“)
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