GLI ALPINISTI DELLA DOMENICA CHE GIOCANO A FARE SUPERMAN
IN 40 GIORNI SONO GIA’ 13 I MORTI, IN AUMENTO VERTIGINOSO RISPETTO AL PASSATO… MESSNER RABBIOSO CONTRO GLI ALPINISTI DELLA DOMENICA… PROLIFERAZIONE DI SCUOLE, ATTREZZATURE SOFISTICATE, NAVIGATORI SATELLITARI… POI PROCEDONO IN CORDATA LEGATI TRA LORO, MA DIMENTICANDOSI DI ANCORARE LA CORDA A UN SOLIDO APPIGLIO… E TOCCA AGLI ALTRI ANDARLI A SALVARE
Tempo di scalate e di polemiche, scalatori dilettanti che si sentono professionisti, scalatori professionisti che in realtà sono dilettanti, incidenti in costante aumento: lungo i 4.810 metri del Bianco i morti sono passati dai 37 del 2007 ai 50 del 2008, nel 2009 appena iniziato siamo già a 4 vittime.
Il grande alpinista Reinhold Messner è rabbioso: “Sostenere che la montagna non sia pericolosa è da perfetti imbecilli, sfidarla senza la dovuta preparazione significa andare incontro a morte sicura. Se in poche ore 5 alpinisti sono morti, il vero killer non è la montagna, ma una mentalità ormai prevalente secondo cui in montagna può andare chiunque, basta avere il navigatore satellitare e un’attrezzatura con materiali hi-tech”.
I vecchi alpinisti denunciano il proliferare di scuole che con poche lezioni danno l’illusione di trasformare un ragioniere in un grande rocciatore, quando poi ci si trova a tu per tu con ghiaccio, freddo, buio e crepacci, ci si lascia la pelle per inesperienza.
Una guida alpina denuncia situazioni paradossali, a proposito di avvenuti incidenti nelle scorse settimane. In pratica gruppi che procedevano in cordata legati gli uni agli altri, ma senza che la corda fosse ancorata a nessun solido appiglio.
Se uno scivola, in queste condizioni, è evidente che si trascina anche gli altri nel vuoto.
Altro caso incredibile nelle Marche, qualche giorno fa, quando due alpinisti sono rimasti bloccati in parete per “aver sbagliato la discesa”, in pratica non avevano alcuna idea di dove si trovassero, avevano improvvisato.
In poche settimane 13 morti, decine di miracolati: come esiste la febbre del sabato sera e i morti relativi per eccesso di velocità , alcol e uso di droghe, in montagna assistiamo a un analogo per certi versi “febbre da altitudine”.
La mania modaiola dell’avventura e dell’aria buona sta portando in altura un’umanità pericolosa, soprattutto per sè.
Tutti fissati con il fitness e l’esercizio fisico, arrivano in montagna branchi di sprovveduti e di incoscienti, incapaci di prepararsi fisicamente e psicologicamente, di equipaggiarsi a dovere, di studiare i propri limiti e calcolare i rischi.
Partono da incoscienti e poi tocca ad altri rischiare la pelle per andarli a recuperare, con spese notevoli per elicotteri e mezzi di soccorso.
Sperare che questi soggetti si fermino da soli è utopia: c’è ormai di mezzo la sindrome di Rambo, l’orgoglio del manager rampante, persino di donne convinte di affrontare bufere e tormente in sacco a pelo, per dimostrarsi all’altezza, tenaci e rocciose.
Per questo da più parti si chiede alo Stato di intervenire di fronte a un’emergenza: per scalare si dovrebbe imporre una sorta di patentino.
Per ottenerlo si dovrebbero seguire corsi seri e poi sostenere esami anche su materie come le conoscenze meteo, equipaggiamento, tecniche di soccorso e di sopravvivenza. oltre a un comprovato allenamento fisico.
E poi una commissione di alpinisti esperti li deve autorizzare, volta per volta, al tipo di scalata, valutando se il grado di difficoltà è alla loro portata.
Il rischio ci sarà sempre, è insito nella montagna, ma almeno si eviterà di mandare sulla roccia una generazione di incoscienti, di impiastri e di esaltati.
E se ci volessero ugualmente andare fuori dalle regole e dai permessi, dovrebbero sapere che, in caso di incidenti, nessuna squadra si muoverà per aiutarli.
I coglioni così prima o poi appenderanno lo scarpone al chiodo e la montagna tornerà per le persone serie.
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