EUROPEE CON VOTO DI PREFERENZA: UN SEGGIO COSTA FINO A 4 MILIONI DI EURO
PER IL PARLAMENTO EUROPEO BLOCCO AL 4% E VOTO DI PREFERENZA… SENZA LISTE BLOCCATE I POLITICI DOVRANNO SVENARSI PER FARSI PUBBLICITA’…UNA CIRCOSCRIZIONE COPRE ALMENO 4 REGIONI
La soglia di sbarramento è la novità . Le preferenze sono la conferma. Ma se sul primo punto della legge elettorale per le Europee le reazioni del PdL e del Pd sono favorevoli, se non altro per interesse di bottega, sul secondo iniziano i mal di pancia.
E’ risaputo che Berlusconi fosse per le liste bloccate, alla selezione avrebbe pensato lui, evitando lotte intestine tra candidati che spesso favoriscono chi ha più mezzi che competenze specifiche da far valere a Strasburgo.
Alla fine le pressioni degli alleati hanno fatto vincere il sistema delle preferenze che presenta vantaggi e svantaggi.
Sicuramente per i candidati uno svantaggio non da poco sarà l’impegno economico che dovranno affrontare. Un conto è vivere al seguito del successo del proprio partito, un altro è farsi largo a spallate.
Si annuncia una campagna elettorale massacrante, considerando che le circoscrizioni sono 5 e raccolgono ciascuna almeno 4 regioni, con la necessità di disporre di un fiume di denaro per coprirle tutte.
Il biglietto per Strasburgo è salatissimo: al nord tra cartelloni pubblicitari, cene elettorali, manifestazioni sul territorio e affitto delle strutture può arrivare a costare fino a 4 milioni di euro. Per non parlare dell’aumento della concorrenza, visto la fusione di partiti e liste.
Il tariffario dipende sia dalla circoscrizione in cui ci si candida, che dalla lista in cui ci si presenta. Nel PdL certamente la spesa aumenta man mano che si sale la penisola. Se nel Mezzogiorno il costo oscilla, al minimo, intorno ai 250mila euro, nei collegi del Centro arriva almeno al doppio, sui 500mila euro e nelle regioni del Nord può toccare anche quota 4 milioni. Il territorio da coprire è sterminato, occorre una presenza capillare e un lavoro di almeno sei mesi.
Ci sono parlamentari uscenti che cinque anni fa, appena eletti, già si sono messi in moto in previsione delle prossime elezioni, assicurando una presenza territoriale a rotazione per 5 lunghi anni. Chi si vanta di aver percorso 120mila chilometri in questo giro senza fine.
Una cifra di preferenza ritenuta una soglia minima per avere probabilità di successo pare si aggiri intorno alle 70mila preferenze personali, e non sono certo poche.
In passato i piccoli partiti permettevano l’elezione, magari con la percentuale minima dello 0,7% (pari a 236mila voti) del loro candidato capolista che raccoglieva anche solo 5mila preferenze.
Ora con la soglia del 4%, i partiti minori non avranno chanche, mentre quelli con possibilità vedranno un moltiplicarsi dei papabili e degli aspiranti.
Consideriamo che i favoriti, pur con le preferenze, saranno sempre i capolista che rappresentano pertanto implicitamente una “indicazione” dei partiti che influenza il voto.
La preferenza poi crea un rapporto col territorio che può anche essere viziato dal “fare favori in cambio del voto”, facilitando il compito di chi può “promettere” con più facilità interventi locali (vedi la messe di fondi europei che vengono ridistribuiti nel nostro Paese e spesso al centro di scandali).
Comunque la si veda, una cosa è certa: per sperare di sedersi a Strasburgo, un candidato eccellente al nord rischia di pagare di tasca anche 4 milioni di euro, 8 miliardi delle vecchie lire.
Molto più di quello che andrà a percepire in 5 anni…
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