GOVERNO DIMISSIONATO: NAPOLITANO COSTRINGE BERLUSCONI AD ANNUNCIARE L’USCITA DOPO LA LEGGE ANTI-CRISI
SE NON VI SARANNO MODIFICHE SUL CALENDARIO DELLE CAMERE BERLUSCONI RESTERA’ FINO A FINE MESE
Colpa della debolezza della maggioranza, ma colpa anche della debolezza dell’opposizione che non è riuscita a rendere visibile una “maggioranza alternativa” nemmeno nel voto di ieri pomeriggio a Montecitorio.
La strategia parlamentare di “non votare”, infatti, non solo non ha fatto finire sotto il governo, ma ha reso invisibili anche i numeri effettivi di cui dispone la truppa che vuole mandare a casa Berlusconi .
È questa una delle ragioni che ha convinto il capo dello Stato a praticare una strada che fino a oggi non si ricorda essere stata praticata: quella del governo “dimissionato” con una nota ufficiale della Presidenza della Repubblica, ma con una data di scadenza indicata nelle settimane a venire.
Vale a dire che Berlusconi rimetterà il proprio mandato solo una volta che sia stata approvata la legge di Stabilità , architrave fondamentale delle scelte economiche del Paese.
Passata la norma economica, il presidente del Consiglio rimetterà il proprio mandato nelle mani del presidente della Repubblica.
Al Colle inizieranno le consultazioni dei gruppi politici.
E il Quirinale potrà valutare se tra le forze politiche esista la disponibilità di costituire un nuovo esecutivo, o se l’unica strada percorribile sia quella del voto anticipato.
È stato lo stesso Berlusconi, arrivato nella serata di ieri al Quirinale per una doverosa consultazione dopo il magro bottino di 308 voti racimolato alla Camera nella votazione sul Rendiconto generale dello Stato, a indicare la strada da percorrere una volta messa da parte l’idea delle dimissioni immediate.
È la stessa nota diramata dal Quirinale a informare come il premier abbia espresso “viva preoccupazione per l’urgente necessità di dare puntuali risposte alle attese dei partner europei, opportunamente emendata alla luce del più recente contributo di osservazioni e proposte della Commissione europea”.
Il problema è che queste “risposte” , per adesso, non sono state tradotte in norme.
La commissione Bilancio del Senato, la prima istituzione parlamentare a doverle esaminare, ad esempio, non ne conosce il contenuto.
E anche l’opposizione, a cui, in mancanza di una maggioranza politica, viene richiesta una qualche forma di collaborazione, per adesso non può che annunciare che non farà ostruzionismo, che non dirà “no” preconcetti, ma che alla fine queste norme vuole almeno vederle scritte nero su bianco prima di valutarle.
Il problema, però, non è costituito dall’opposizione.
Il governo si è impegnato ad approvare norme strutturali che probabilmente non piaceranno all’alleato leghista.
Il Carroccio le voterà ? E se non lo facesse, quali sarebbero le ricadute per il Paese?
È questo solo il primo nodo da sciogliere.
Il secondo arriva nel minuto seguente l’approvazione della legge di Stabilità , quando al Colle inizieranno a sfilare i rappresentanti dei gruppi politici presenti in Parlamento.
A quel punto, una volta superato lo scoglio dei provvedimenti in grado di “convincere i mercati” e gli alleati europei, non è detto che le elezioni siano la via maestra verso la costituzione di un esecutivo in grado di raccogliere un consenso più largo di quello attuale e in grado di seguire sulla via del risanamento.
A quel punto, infatti, Berlusconi andrà a dimettersi al Colle come promesso nella nota quirinalizia. Inizieranno le consultazioni, e allora starà alle forze politiche vedere quanta tela sono riuscite a tessere in queste settimane.
La maggioranza saprà ricompattarsi o riproporre un accordo con i centristi, suggerendo un cambio della guardia alla guida del Paese (Alfano, Letta, Schifani)?
Le opposizioni riusciranno a trovare i numeri per un governo più largo? Paradossalmente, tra le scelte, potrebbe anche esserci quella che Silvio Berlusconi, alla fine di questo iter, sia rimandato alle Camere.
Ma due-tre settimane come quelle che attendono l’Italia e il suo Parlamento, non sembrano portare verso un nuovo colpo di fulmine tra il premier e gli eletti.
Per adesso, allora, dopo la legge di Stabilità , vincono le urne.
Eduardo Di Blasi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Leave a Reply