HANNO PAURA DI CACCIARE BERLUSCONI
POCHI GIORNI DI PRESSING E IL CENTROSINISTRA VACILLA: CHI DICE CHE “BISOGNA APPROFONDIRE, ALTRI CHE “FORSE E’ MEGLIO ASPETTARE LA CONSULTA”…E IN GIUNTA SI VA VERSO UN RINVIO
Sarà anche andato male, ma il vertice di mercoledì tra Letta e Alfano ha dato i suoi frutti.
Qualcuno del Pd, infatti, ha subito aperto alla necessità di un ‘approfondimento’ sulla pratica decadenza.
«Mi sentirei di votare serenamente», ha commentato ad esempio il senatore Pd Giorgio Tonini, di provenienza cattolica e cislina, «ma aspetto di sentire l’altra campana e di capire. Anche perchè è la prima volta che questa legge viene applicata». Non si spinge dove arriva il socialista Riccardo Nencini («Non è scontanto il nostro voto con il Pd sulla decadenza», ha detto al Messaggero), ma certo è una risposta ai toni diversi chiesti da Alfano («Riflettano sulla decadenza»).
Così Sandro Bondi può dirsi fiducioso («Sono sicuro prevarrà il buonsenso e non le posizioni preconcette»), e può registrare un passo in avanti verso il Pdl che punta, soprattutto, sul dilatamento dei tempi, contando di smontare la legge Severino.
Tre sono gli argomenti usati.
Il primo, sull’interpretazione della legge: il Senato, secondo quella del Pdl, non deve prendere atto, ma giudicare l’opportunità della decadenza di Berlusconi.
Il secondo, è più sostanziale. Lo dice così, Maria Stella Gelmini, facendo riferimento alle parole di «illustri costituzionalisti e penalisti, certo non vicini al centrodestra, in ordine a svariati profili giuridici di illegittimità e incostituzionalità ». Fiandaca, Capotosti, Armaroli.
Poi c’è la ‘retroattività ‘: il Pdl dice che non essendo la legge Severino del 2012, non puà applicarsi a chi è stato condannato dopo per reati commessi prima.
Abbiamo girato questi dubbi a Stefano Ceccanti, che la legge Severino conosce bene, essendone stato relatore al Senato durante la scorsa legislatura.
Sul tipo di voto che si deve esprimere, Ceccanti pure fa un passo avanti. «Ci mancherebbe che il Senato non debba esprimere liberamente il proprio voto», dice, «ma il problema è capire quale sarebbe il motivo per cui il Senato possa decidere di farlo, senza applicare una propria legge».
Ancora Ceccanti: «Il fatto che il Parlamento sia sovrano nessuno lo mette in dubbio, ma per decidere di non appllicare una legge c’è bisogno di motivazioni reali, importanti, e tra queste non può esserci che l’interessato è il capo di un partito».
Si trovi semmai un’altra ragione, «non politica».
L’esempio è quello delle autorizzazioni per le carcerazioni preventive che «quando e se il Parlamento decide di respingerle, non lo si fa perchè la richiesta riguarda un uomo potente: lo si fa quando si riconosce un fumos persecutionis».
Non è più la posizione di Felice Casson, ma combacia con quella di Luciano Violante: «Berlusconi è un condannato al quale la Giunta deve decidere se applicare l’effetto della condanna, la decadenza dalla carica». Deve decidere.
Esattamente come sostiene il Pdl, che si appella alla postilla inserita, proprio su indicazione di Berlusconi, nell’ultima versione della Legge Severino, approvata da consiglio dei ministri.
Lì – come ha ricostruito l’HuffingtonPost – c’è un esplicito riferimento all’articolo 66 della Costituzione (“Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità “) e poi c’è una diversa formulazione della procedura, dove il voto della camera competente non avviene più per “dichiarare la decadenza”, come era scritto nella bozza, ma “ai fini della relativa deliberazione”.
Ceccanti non batte ciglio: «Quelle modifiche ci dicono semplicemente che gli uffici del Governo volevano essere sicuri della compatibilità con l’articolo 66 della Costituzione, ma non ci dà neanche un motivo per cui la Camera di appartenenza dovrebbe votare contro la decadenza».
Sulla retroattività , poi, Ceccanti ha un aneddoto che stronca il ragionamento del Pdl. «Non venissero a parlare del problema della retroattività , perchè quando approvammo la legge i senatori del Pdl sollevarono una sola osservazione, che noi tutti approvammo. Si decise di escludere la retroattività per chi aveva patteggiato la pena. Escludendo esplicitamente solo quei casi, era evidente che sarebbe stata valida per tutti gli altri, e quindi oggi per Berlusconi».
Non c’è appiglio dunque per l’incostituzionalità ?
«Facciamo così: siccome stiamo parlando di una legge che loro stessi hanno approvato due volte, prima come legge delega e poi come decreto, senza mai sollevare alcun problema, se ora hanno deciso che è incostituzionale, evitassero di farci perdere tempo con il ricorso. E’ facoltà del Parlamento abolire la legge. Lo proponessero».
Fa bene allora Berlusconi a prepararsi la via del conflitto più aperto, rilasciando un’intervista al settimanale ‘Tempi’ dai toni battaglieri: «Non possono impedirmi di guidare il mio movimento»?
Non è detto. Il relatore in Giunta per il Pdl, Andrea Augello, prova a rassicurare il leader e a Qn dichiara di avere un asso nella manica: «Non c’è solo il tema dell’incostituzionalità e della retroattività . Ci sono altri temi, emersi dal dibattito, che affronteremo in Giunta».
Parole che trovano subito ascolto in Luciano Violante: «Lo stato di diritto si difende difendendo il diritto di chiunque. Sarà molto importante ascoltare cosa dirà il relatore Augello».
Luca Sappino
(da “L’Espresso”)
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