HOLLANDE ANNUNCIA LA GUERRA MA NON TROVA VOLONTARI
NIENTE TRUPPE SUL TERRENO, SOLO MAGGIORE PRESSIONE SUI TERRORISTI…SI CERCA UNA SOLUZIONE POLITICA
Ci siamo, dunque? Francois Hollande ha annunciato che la Francia è in guerra, che chiederà una coalizione internazionale contro l’Isis, al fine di “distruggere il Terrorismo”.
Abbiamo dunque la risposta a quello che ci aspettavamo fin dalle prime ore dopo l’attentato a Parigi, una inevitabile discesa in campo coordinata degli eserciti di tutte le nazioni in Siria e in Iraq contro il terrorismo di Daesh?
Non esattamente. Anzi: il forte, alto ricorso di resistenza pronunciato dal Presidente Francese, soprattutto se letto insieme a quello fatto quasi contemporaneamente da Obama, svela, al contrario, che qualunque cosa sarà fatta nei prossimi mesi in Medioriente non sarà la preparazione di nuovi interventi militari di vaste proporzioni. Ci saranno molti interventi, la pressione salirà per il Califfato, ma nell’insieme il percorso che l’Occidente sembra scegliere è ancora quella di un combinato disposto di pressione militare e diplomazia.
Val la pena di andare in ordine e di ricominciare dal discorso di Versailles.
Hollande ha elevato a un livello senza precedenti l’asticella dell’intervento dentro e fuori del suo paese.
Parla in un’atmosfera di grande solennità , il Parlamento lo accoglie in piedi e alla fine sigla il suo discorso cantando in piedi la Marsigliese.
Annuncia l’aumento delle forze di sicurezza interne, annunci misure drastiche quali la cancellazione della nazionalita francese a chi ne ha due e si macchia di reati di terrorismo.
Annuncia infine il cambiamento della stessa Costituzione per poter allungare poteri d’emergenza eccezionali per il Governo.
Il discorso sulle azioni all’estero è altrettanto forte: si rivolge a tutti, non solo all’Occidente, ma anche “all’Iran, alla Turchia, ai Paesi del Golfo”.
Chiede un riunione del Consiglio Nazionale dell’Onu, “per parlare con Putin e Obama”, annuncia l’invio della portaerei de Gaulle verso lo sbocco sul mare della Syria, annunci che intensificherà la pressione aerea , e chiede appunto “una grande e unica coalizione ” contro l’Isis.
Ma al di sotto di questa grande e intesa affermazione di principi, il discorso del Presidente Francese si rivela molto ma molto fragile.
Non c’è richiesta di far scattare la clausola di difesa Nato ( le condizioni sono oggi dibattibili); chiede piuttosto poi la richiesta molto più generica agli altri Paesi dell’Unione europea di attivare l’articolo 42 del Trattato che prevede l’aiuto degli Stati membri al partner aggredito.
Del discorso rimane l’incontro con Putin e Obama, che certo lo vedranno, vista la sua obbligata assenza al G20, e la richiesta di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, come è per altro semplice, visto che la Francia ne è membro.
Quasi nella stessa ora, parla Obama che conclude i lavori del G20 con un impegno generico contro il terrorismo.
Generico quanto il documento finale del summit. Un incontro dominato in verità da segnali molto lontani , a parte cadute retoriche occasionali, da ogni progetto di intervento militare coordinato in Siria.
È stata infatti la trattativa sulla sorte di Assad a tenere occupate le camere chiuse delle varie diplomazie. Sabato, sotto la pressione del sangue di Parigi a Vienna 17 paesi guidati da John Kerry e dal ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, hanno raggiunto una prima bozza di accordo sulla Siria.
Con l’idea di convocare le forze di opposizione siriane il 1 gennaio, cercando nel frattempo una soluzione per il futuro di Assad, diventato ormai uomo simbolo della soluzione o meno della crisi di Damasco.
Un destino che, secondo un annuncio non formale della Turchia, prevede che il Presidente Siriano nel caso di elezioni non si ripresenterà . Un annuncio arrivato anche questo quasi contemporaneamente al discorso di Hollande.
Un dettaglio interessante di questa prima bozza di accordo è che è stata creata un lista di organizzazioni terroriste dove è stato messo l’Isis ma anche al Nusra, che è un fronte terrorista di ispirazione Qaedista, e in competizine con l’Is. La lista altro dettaglio interessante, sarà gestita dalla Giordania e potrà allungarsi includendo altre organizzazioni del terrore.
Del resto, una coalizione di tutti per l’intervento in Siria non esiste politicamente. Ironicamente, alla base dell’incubo siriano c’è lo scontro fra Arabia Saudita e Iran, due paesi che nessuna nazione occidentale, più Russia, vuole o può alienarsi.
L’Italia, se si deve leggere il discorso fatto alla camera dal nostro ministro degli esteri Paolo Gentiloni, pensa di star facendo già molto e non pare disposto a fare molto di più. Renzi stesso ha più volte ripetuto in questi giorni di non volere “reazioni emotive”.
La Germania, che ha in casa migliaia di immigrati dal Medioriente e ne attende un milione nei prossimi anni sta molto quieta. Allo stadio con Hollande la sera delle bombe c’era il ministro degli esteri Tedesco Frank-Walter Steinmeier, che non ha poi pronunciato parola.
L’Inghilterra è a sua volta impegnata su molti fronti esteri e se farà qualcosa intende mantenere una sua agenda anche militare.
Cosa resta dunque, alla fine di questa disamina, del discorso di Guerra di Hollande? Rimane certo l’elevarsi del livello di intervento occidentale in Siria.
La Francia otterrà sicuramente l’appoggio che chiede – del resto gli Usa stanno già collaborando e forse altri paesi Europei potranno dare una mano.
Ma sarà probabilmente sulla linea di un maggior coordinamento di intelligence e di impiego di strumenti.
Un intervento funzionale a tenere sotto pressione le forze dei terroristi (e quelle di Assad) mentre si lavora a una soluzione politica.
Niente truppe sul terreno dunque, e ancora meno coalizione generali.
Una decisione non sbagliata. Sempre che questa soluzione politica si trovi in tempi brevi.
Il rischio di un protrarsi del caos siriano, dopo queste tante parole e promesse, e sangue, sarebbe il segnale di un ulteriore rafforzamento di Daesh e di tutto l’universo terroristico che nasce respira e si nutre di guerra in Medioriente.
Lucia Annunziata
(da “Huffingtonpost”)
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