I VOTI SEGNATI PER IL QUIRINALE: LA CONTA VOLUTA DA RENZI FA COMODO A (QUASI) TUTTI
GRUPPI E CORRENTI SI FANNO CONTARE DAL PRIMO MINISTRO ELEGGENDO L’EX DC CON NOMI DIVERSI
Sergio Mattarella è diventato il tredicesimo presidente della Repubblica al quarto scrutinio, con molti più voti del previsto.
Alla fine le preferenze per l’ex ministro Dc sono state 665, 37 in più rispetto alle previsioni, visto che poteva contare su 630 voti certi. 127 voti, poi, li ha presi poi il candidato del M5S Ferdinando Imposimato, 46 sono andati a Vittorio Feltri indicato da Lega e Fratelli d’Italia, 17 a Stefano Rodotà scelto dagli ex grillini (che però sono almeno il doppio).
Infine 2 voti nell’ordine a Emma Bonino, Antonio Martino, Giorgio Napolitano e Romano Prodi.
Tredici sono le schede nulle, mentre le bianche, ovvero il non voto di Forza Italia, si sono fermate a 105. Contro i 142 elettori azzurri.
Segno che 37 grandi elettori forzisti hanno contravvenuto alle indicazioni di Silvio Berlusconi.
E portato soccorso a Mattarella.
Sul banco degli imputati, naturalmente, ci sono i 38 parlamentari fittiani: alcuni di loro potrebbero aver votato Mattarella, addirittura marchiando il loro voto con una formula precisa. Ma a complicare il sudoku del Quirinale c’è anche la voce secondo cui Denis Verdini, che fino all’ultimo ha fatto pressione su Berlusconi per Mattarella, abbia indicato ai suoi fedelissimi di votare per il candidato renziano.
Anche loro contandosi, con l’uso della formula “on. Mattarella Sergio”, letta per una decina di volte da Laura Boldrini.
Ma sulle formule usate per contarsi torneremo tra poco.
Il dato politico è che a Mattarella sono arrivati 37 voti in più del previsto, ovvero dei voti delle forze ufficialmente in suo favore: Pd, Area popolare (Ncd e Udc), Sel, Per l’Italia, Scelta civica, Gruppo Autonomie e Gal.
Ma anche in questo caso il conteggio si fa fluido. Innanzitutto perchè un margine di disobbedienza del 10 per cento rispetto alle direttive dei partiti va sempre messo in conto. Perchè, si sa, in un’elezione contano anche le antipatie personali, le frustrazioni dei delusi, le ripicche politiche contro i leader. In secondo luogo, se l’Udc di Casini dovrebbe aver votato compatto Mattarella, ciò non è accaduto con Ncd, dove diversi esponenti hanno lasciato intendere di aver votato scheda bianca.
Voti che si sono andati a mischiare, o “mascariare”, con quelli di Forza Italia.
Altro dato politico da non sottovalutare è che Mattarella sarebbe stato eletto anche senza i voti di Area popolare: meno quei 75 sì, il capo dello Stato avrebbe ottenuto 590 consensi, ben oltre il quorum richiesto.
Ma torniamo alla “marchiatura” del voto, fatta per contarsi non solo tra partiti, ma pure tra le correnti.
Renzi, per esempio, sembra l’abbia pretesa da tutto il Pd.
E infatti a Montecitorio il nome del futuro presidente è stato declinato in tutte le salse.
Così ecco che i deputati Pd hanno usato la formula “Mattarella”, i senatori “Sergio Mattarella”, i giovani turchi invece “Mattarella S.”, mentre i bersaniani “on. prof. Sergio Mattarella”.
Sel, invece, ha usato la formula “on. Sergio Mattarella”.
Ma anche Ncd e Udc si sono contati, specie il partito di Alfano (dove il rischio franchi tiratori era alto) utilizzando la formula “on. Mattarella”, i primi, e “Mattarella Sergio”, i secondi.
Ma proprio su questo non sono mancate le polemiche.
Nell’ufficio di presidenza di giovedì mattina, infatti, i Cinque Stelle, insieme all’azzurro Lucio Malan, avevano chiesto alla Boldrini di leggere solo il cognome del candidato, in qualsiasi maniera fosse stato scritto, proprio per evitare il fenomeno della conta.
Ricevendo un no come risposta “perchè per prassi si è sempre letto il nome per esteso”.
Così, a fine votazione, ieri sono arrivati altri attacchi.
“Indecente e vergognoso che si consenta alle correnti del Pd di pesarsi in questo modo”, l’affondo di Mauro Pili, deputato del gruppo misto.
Ma nessuno sembra aver intenzione di cambiare il regolamento.
Perchè la conta fa comodo a (quasi) tutti.
Gianluca Roselli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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