IL CAVALIERE FRENA I FALCHI: “PER ADESSO IL GOVERNO NON CADE”
“ADESSO SI APRE UN CAPITOLO TUTTO NUOVO IN CASSAZIONE”
Previsioni rispettate, sentenza «già scritta», come dirà Ghedini, ma la rabbia resta intatta a Palazzo Grazioli.
L’ultimo atto diventa «la conferma della persecuzione giudiziaria, del clima di odio alimentato da quel Palazzo di giustizia, della caccia all’uomo».
Comunque lo ritiene «indegno di uno stato di diritto».
La campagna sul merito dei processi perciò sarà incessante, le reti Mediaset sono mobilitate da giorni, domenica prossima uno speciale di due ore sui «vent’anni di persecuzione».
E ora Berlusconi non si fa illusioni, la condanna al processo Ruby da qui a pochi giorni la dà altrettanto per «scontata».
Ma prima che tutto precipiti, in serata, dalla residenza del Cavaliere filtra una rassicurazione sulle sorti della maggioranza, l’impegno a mantenere «la questione del governo ben separata, su un altro livello, dai temi della giustizia».
Con «senso di responsabilità » rivendicato ancora una volta dal leader Pdl ormai intenzionato a indossare i panni dello «statista», del futuro «imputato modello in stile Andreotti» in attesa della Cassazione, sotto la regia non casuale di Franco Coppi.
Ma se anche decisione della Suprema Corte fosse negativa, allora «farò saltare il tavolo».
Il vero redde rationem, quindi, slitta a febbraio 2014.
Che dal Pdl non si sarebbe alzata un’onda anomala Enrico Letta l’ha appreso direttamente da Angelino Alfano, trovando così conferma a quanto gli aveva già fatto sapere lo zio Gianni.
«Per noi — ha sospirato ieri il premier dopo aver parlato con il segretario Pdl — ogni giorno è una conquista». Per la verità fin dal mattino, ascoltando il Cavaliere in tv, Letta aveva avuto la sensazione che la giornata non sarebbe stata troppo difficile. Sentirlo rinunciare alla presidenza della Convenzione, e proprio nel giorno della probabile condanna a Milano, gli aveva fatto capire che da quel versante non sarebbe arrivati troppi fulmini.
Ma certo la preoccupazione è rimasta costante per tutto il giorno.
Più che il Pdl il timore è legato alle reazioni del Pd.
Reggerà la prova della maggioranza un partito acefalo, dove ogni pretesto può essere usato per distinguersi?
Il caso Nitto Palma, il mancato rispetto degli accordi presi con il Pdl, ha fatto scattare l’allarme a palazzo Chigi.
E nei prossimi giorni, quando il Parlamento inizierà a lavorare a pieno ritmo, è ancora dal fronte del Pd che il premier si aspetta qualche sorpresa.
Per capire quanto il “pericolo” sia concreto bastava ascoltare ieri pomeriggio Felice Casson in un corridoio di palazzo Madama: «La battaglia contro Nitto Palma era doveroso farla, i nostri elettori ci scrivono contenti: finalmente una boccata d’aria. Adesso avanti tutta su questa strada. Al prossimo ufficio di presidenza della commissione Giustizia chiederemo di mettere in calendario il disegno di legge Grasso contro la corruzione».
Di queste possibili trappole è disseminato il sentiero del governo, anche se Berlusconi non intende per ora affondarlo.
Nel summit tenuto all’ora di pranzo a Grazioli con ministri e vice targati Pdl, pur dicendosi certo della condanna, l’ex premier catechizza Alfano, Lupi, De Girolamo, Lorenzin e gli altri sull’agenda da «imporre» all’esecutivo.
E a tutti i commensali non appare affatto intenzionato a staccare la spina. Anzi, li incalza sulla necessità di strappare al presidente del consiglio e al Pd la revisione dell’Imu e quella di Equitalia, le esenzioni per le nuove assunzioni e lo stop all’aumento dell’Iva.
Il messaggio è chiaro: «Questo governo deve durare, non possiamo essere noi a far saltare tutto. Dobbiamo incassare le nostre priorità . È il Pd che sta per implodere ». Ora dalla debolezza degli alleati-avversari intende sfruttare ogni possibile vantaggio. In ogni caso, al governo con loro vuole restare aggrappato eccome.
Anche se «i giudici vogliono far saltare le larghe intese e la pacificazione» è la riflessione amara a fine giornata.
Da lì a qualche ora, su input dei vertici Pdl che hanno atteso riuniti in via dell’Umiltà la sentenza, parte il fuoco di fila indistinto di falchi e colombe, tutti contro la Procura di Milano.
«Continua la guerra dei vent’anni tradottasi in un attacco incessante alla persona, al patrimonio e all’immagine di Berlusconi» dice Mariastella Gelmini, sintesi del pensiero di decine di suoi colleghi.
In una rincorsa ai termini più pesanti, «persecuzione» (Bernini), «odio» (Calabria), «caccia» (Bergamini), «scandalo» (Mussolini).
Ma «la condanna è una non notizia» dice anche Laura Ravetto.
E Cicchitto si affretta a confermare che comunque il governo non rischia affatto, semmai qualcuno avesse dubbi. Ma «non finisce qui» ammette Galan alludendo all’imminente sentenza Ruby.
Con i falchi del partito che tuttavia in serata schiumavano rabbia facendo notare come nessuno dei quattro ministri approdati al governo avesse pronunciato una sola parola in difesa del capo, nonostante l’ufficio stampa di via dell’Umiltà avesse ordinato la raffica di comunicati stampa.
Ma se è per questo, va detto che neanche dai ranghi del Pd, a sorpresa, è partito un solo affondo, un commento. «Non mi pronuncio su sentenze giudiziarie» ha tagliato corto Massimo D’Alema.
Silvio Berlusconi è sull’ultimo grado di giudizio che ha deciso ormai di investire tutte le sue energie.
E crede che il nuovo ruolo da «pacificatore», da sponsor delle larghe intese possa giovargli in quella prospettiva.
Ieri ha incassato la buona notizia dell’elezione di Giorgio Santacroce alla presidenza della suprema corte. Alto magistrato, curriculum di spessore, ma anche vicino negli anni a Cesare Previti.
La strategia del premier per sopravvivere alle fibrillazioni della maggioranza strana è invece frutto di innata prudenza e delle conversazioni di questi giorni con Napolitano. «Ti devi concentrare sui problemi concreti», gli ha raccomandato il capo dello Stato.
E Letta intende attenersi alla lettera al consiglio. Ieri ha imposto ai ministri il silenzio sulla sentenza. Poi è volato a Genova, anche per dare di sè l’immagine di un presidente del Consiglio operativo e lontano dai veleni romani.
Ma è sull’Imu che si gioca la vera partita.
Il premier ha messo al lavoro una task force per vincere la scommessa già la prossima settimana. Lunedì sera, al rientro dal seminario di governo a Sarteano, vuole avere sulla sua scrivania lo schema di decreto che sospende l’Imu.
Per poi approvarlo venerdì in Consiglio dei ministri.
«Ragazzi, restiamo sulla palla — ripete in queste ore Letta ai suoi — solo così ci salviamo l’osso del collo ».
Francesco Bei e Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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