“IL COPRIFUOCO RIDUCE L’RT DEL 13%”: I RISULTATI DI UNO STUDIO EUROPEO CONDOTTO IN SETTE PAESI DALLE MAGGIORI UNIVERSITA’ EUROPEE
I POLITICI SOVRANISTI CHE SPARANO CAZZATE SONO SERVITI: LA CHIUSURA DELLE ATTIVITA’ COMMERCIALI RIDUCE L’RT DEL 35%
Il coprifuoco è uno dei temi che sta facendo più discutere in questi giorni di prime riaperture. Ora a gettare luce sulla sua utilità giunge uno studio condotto da grandi atenei europei che, pubblicato in pre-print su MedRxiv, mostra che nel Vecchio Continente l’impatto del coprifuoco sull’indice Rt si aggira intorno al 13%.
“Conoscere l’efficacia degli interventi dei governi in Europa contro la seconda ondata del Covid-19”, è il titolo della ricerca che approfondisce ed analizza l’efficacia anche di altre misure anti-Covid e del loro impatto sull’indice Rt (numero che indica quante persone vengono contagiate da una sola persona, in media e in un certo arco di tempo, ndr).
Tra le misure più efficaci in questo senso ci sono le “business closure”, ossia la chiusura delle attività commerciali che riducono l’Rt del 35%. La chiusura di scuole e università, invece, contribuiscono per il 7% al calo dell’indice.
Su coprifuoco e mascherine, gli autori dello studio scrivono: “L’uso rigoroso di mascherine nei luoghi pubblici e il coprifuoco notturno hanno avuto un moderato ma statisticamente significativo effetto pari rispettivamente al 12 e 13%”.
La chiusura delle attività di ristorazione, secondo lo studio, può ridurre l’indice di contagio del 12%.
Stessa percentuale per locali da ballo e le attività non essenziali, come parrucchieri e centri estetici. Pari al 3% la riduzione comportata dalle limitazioni poste a eventi culturali e alla chiusura di luoghi come zoo, musei e teatri.
Di grande impatto, invece, risultano le limitazioni agli incontri tra persone estranee al proprio nucleo famigliare fino a un massimo di 30: la riduzione sull’Rt è del 26%.
Gli studiosi specificano che “nessuna di tutte le misure cosiddette non farmacologiche può funzionare da sola”.
La ricerca è stata condotta da alcune delle maggiori università europee: Oxford, Imperial College London School of Economy, Bristol, Copenaghen e Essen. All’interno del database sono confluite oltre 5.500 voci di intervento che corrispondono a 114 aree di analisi. La raccolta dei dati ha riguardato 7 Paesi: Austria, repubblica Ceca, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda, Svizzera nel periodo tra il 1 agosto 2020 e il 9 gennaio 2021.
(da agenzie)
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