IL GOVERNO DI LECORNU È SALVO (PER ORA): LA MOZIONE DI SFIDUCIA HA RACCOLTO 271 VOTI, 18 IN MENO DI QUANTI ERANO NECESSARI PER FARE CADERE L’ESECUTIVO APPENA FORMATO
IL PREMIER FRANCESE PUÒ TIRARE UN SOSPIRO DI SOLLIEVO, MA LA SUA POSIZIONE RESTA IN BILICO, VISTO CHE MANCA ANCORA UNA MAGGIORANZA ASSOLUTA
La grande sorpresa non è arrivata, la fronda interna ai vari partiti non è riuscita a ribaltare le indicazioni dei capi, e il secondo
governo Lecornu è salvo. La mozione di censura ha raccolto ieri mattina 271 voti, 18 in meno di quanti erano necessari per fare cadere l’esecutivo appena formato. Il sacrificio fino al 2027 della riforma delle pensioni in cambio dell’appoggio dei socialisti è stata la mossa vincente di Lecornu, e i deputati francesi adesso possono dedicarsi alla legge di bilancio, da approvare entro il 31 dicembre.
Il respiro di sollievo di Sébastien Lecornu durerà solo per qualche giorno, perché una maggioranza assoluta continua a mancare, e andrà trovata, articolo per articolo, durante la discussione della legge.Lecornu rischierà di cadere altre volte, da qui a Natale. Ma «sempre meglio del caos», dice la rinata «base comune» composta da quel che resta dei macronisti, destra gollista e centristi — che sono al governo —, più i socialisti che hanno rotto l’unità della sinistra rifiutandosi di votare la mozione di censura voluta da Jean-Luc Mélenchon.
«Adesso resistenza popolare e parlamentare!», invoca la capogruppo della France insoumise (sinistra radicale), Mathilde Panot, che reagisce alla sconfitta annunciando l’ennesima mozione per la destituzione del presidente della Repubblica: come le precedenti, pochissime chance che venga approvata, ma serve per abituare l’opinione pubblica all’idea melenchonista e lepenista che Macron sia ormai un capo di Stato privo di legittimazione democratica.
Le ali estreme, il Rassemblement national di Le Pen a destra e la France Insoumise di Mélenchon a sinistra, continueranno a chiedere lo scioglimento dell’Assemblea, le elezioni anticipate per il parlamento e anche le dimissioni di Macron e un voto per
l’Eliseo.
Solo sette deputati socialisti su 69 si sono uniti a ecologisti, comunisti, lepenisti e melenchonisti votando contro Lecornu, il che rappresenta una indubbia, se pur temporanea, vittoria del segretario del partito Olivier Faure, che dà un po’ più di sostanza all’idea di essere il candidato della sinistra moderata alle prossime presidenziali, nel 2027 o prima se davvero Macron dovesse dimettersi come gli chiedono in tanti (ipotesi che per ora resta remota).
Ma più che Faure il nome forte del centrosinistra nei sondaggi continua a essere il deputato europeo Raphaël Glucksmann, che con il suo movimento Place Publique vicino ai socialisti è presente a Parigi, certo, ma gode di un’immagine di maggiore distanza dalle battaglie di potere.
(da Corriere dela Sera)
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