IL LIBRO DI ALEMANNO: “LA MELONI HA FATTO NOMINARE ASSESSORI E PRESIDENTI DI PARTECIPATE, HA CONDIVISO LE SCELTE DELLA MIA AMMINISTRAZIONE”
LA MELONI AVEVA DETTO CHE ALEMANNO ERA STATO UN PESSIMO SINDACO … LUI REPLICA CITANDO I NOMI DI ESPONENTI DI FDI CON RUOLI CHIAVE NELLA SUA AMMINISTRAZIONE
«Cara Giorgia, il tuo partito ha condiviso tante scelte della mia amministrazione, devi essere prudente quando parli. Non si crea una discontinuità positiva rispetto al passato partendo dall’ipocrisia e dallo scaricabarile».
Così Gianni Alemanno si aggrappa a Giorgia Meloni e la tira giù, mentre la leader di Fratelli d’Italia è invece tutta impegnata, nell’iniziare la sua corsa per il Campidoglio, a scrollarsi di dosso ogni possibile traccia dell’ex sindaco.
«Cara Giorgia», dice Alemanno, ma per Meloni è uno schiaffo: «Sai benissimo che tutte le scelte della nostra amministrazione sono state condivise anche dagli assessori e dai consiglieri di Fratelli d’Italia».
Non ci sta Alemanno, insomma, ad accollarsi tutta la responsabilità di un’esperienza che l’ex sindaco peraltro continua a difendere, anche oltre le inchieste.
E fa notare che nella sua giunta, nelle partecipate del Comune e negli staff, tra il 2008 e il 2013, c’era un pezzo importante del mondo di Giorgia Meloni.
C’era Fabrizio Ghera, tanto per cominciare, assessore ai lavori pubblici della giunta Alemanno, uno che Buzzi diceva di non riuscire a raggiungere, ma che certo nel giudizio politico sulla giunta ha qualche responsabilità .
Ed è proprio sul giudizio politico che oggi insiste Meloni: «Non ho rapporti con Alemanno, che ha fondato un partito contro di me», ripete anche ai microfoni di Radio Anch’io, «sul tema giudiziario credo che Alemanno dimostrerà la sua estraneità ai fatti, ma sul piano politico è un dato di fatto che la sua amministrazione non è riuscita a fare repulisti di quella roba che in sessant’anni avevamo messo in piedi Dc e comunisti».
Bene. Nota allora Alemanno però che nella sua amministrazione Giorgia Meloni ha creduto fino all’ultimo giorno e anche dopo, avendolo sostenuto nella ricandidatura contro Marino.
Meloni ha creduto in Alemanno e gli ha fornito uomini di peso. Oltre a Ghera, infatti, c’era all’inizio pure l’assessore alla Scuola Laura Marsilio, oggi responsabile scuola del partito di Meloni.
E poi, quando questa ha dovuto cedere il posto per colpa di un rimpasto, è stata data in cambio alla stessa area la presidenza di Ama. E a Roma le partecipate valgono più degli assessorati.
E’ questo che farà notare Gianni Alemanno quanto – tanto per movimentare la campagna elettorale – il 28 aprile presenterà il libro con la sua versione su quegli anni, “Verità Capitale”: «Ci saranno cose interessanti da questo punto di vista», anticipano all’Espresso dallo staff dell’ex sindaco.
Si ricorderà ad esempio che è proprio su indicazione di Fratelli d’Italia che Alemanno ha nominato a capo dell’Ama, appunto, Piergiorgio Benvenuti, già consigliere provinciale e fedelissimo di Fabio Rampelli, signore delle preferenze nere a Roma e attuale spalla di Meloni.
Si occupa poi attualmente del coordinamento degli Enti Locali del partito Domenico Kappler, già senatore, e soprattutto, con Alemanno, Ad di Risorse per Roma, una delle municipalizzate più importanti in città , al centro dello scandalo parentopoli.
Più vicino al senatore Augello (altro ex Msi ma ora alfaniano) era invece Marco Clarke, già presidente di Ama, assessore in Provincia, infine presidente di Risorse per Roma e anche lui del giro degli ex camerati.
Nomi pesanti per ruoli centrali, come detto, spesso più importanti di quelli in giunta. «Troppo per fare l’imitazione delle tre scimmiette», dice Alemanno a Meloni.
E così dovrà insistere Giorgia Meloni su quello che si annuncia un tormentone della sua campagna elettorale.
«Si presenta a come se venisse da Marte», la accusa ad esempio Stefano Fassina, candidato sindaco di Sinistra Italiana, «ma lei ha sostenuto fino all’ultimo giorno Alemanno, suo intimo amico di partito, e tutti conosciamo i risultati di quell’amministrazione».
Si potrebbe temere, a quel punto, che con lei torni infatti in Campidoglio la classe dirigente che ha portato in Comune, insieme a Alemanno, i nomi celebri non tanto di Mafia Capitale, quanto di altre inchieste e di parentopoli.
Dovrà impegnarsi, Meloni, perchè deve riuscire a non far pensare, ad esempio, a Riccardo Mancini, arrivato a capo di Eur Spa partendo dalla militanza nel Fronte della Gioventù e in Avanguardia nazionale.
Luca Sappino
(da “L’Espresso”)
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