IL “LODO LEZZI” SUL MES E’ UNA FINTA TUTTA ITALIANA, SOLO UN MODO PER PRENDERE TEMPO A FINI INTERNI
“NIENTE RATIFICA AL SALVA STATI SENZA IL RESTO DELLE RIFORME SULL’UNIONE BANCARIA”. CHE PERO’ NON CI SONO ANCORA
“Ho trascorso due intere giornate insieme ad altri 60 parlamentari per mediare le posizioni. Grazie a questo lavoro è venuta fuori una risoluzione che non è quella ideale ma, almeno, rivendica il ruolo del Parlamento in sede di ratifica” della riforma del Mes “e avverte che non sarà disposto al voto finale”, previsto l’anno prossimo in tutti gli Stati membri dell’Ue, “se non ci sarà l’avanzamento significativo del resto del pacchetto di riforme” sul rafforzamento dell’unione bancaria, “Edis prima di tutto”.
Barbara Lezzi annuncia così il compromesso raggiunto in maggioranza in vista del voto di domani sull’informativa di Giuseppe Conte prima del Consiglio europeo di giovedì.
Ancora una volta è l’invocazione della “logica a pacchetto” sul rafforzamento dell’unione bancaria a salvare l’alleanza Pd-M5s. Ma la prima volta che fu evocata — e lo fece lo stesso premier l’anno scorso quando divampò la polemica sulla riforma del Mes — non portò bene. A un anno di distanza l’Italia ha dovuto dare il suo ok definitivo alla riforma del Mes, pur senza ‘pacchetto’.
Insomma, il pacchetto non c’è, la riforma del Mes sì. E stando a quanto riferiscono fonti europee a Bruxelles, il pacchetto non è all’orizzonte.
L’Edis di cui parla la senatrice Lezzi, lo ‘European deposit insurance scheme’, cioè la garanzia comune sui depositi bancari, è riforma nemmeno abbozzata, ferma ad una proposta presentata a fine 2019 dal ministro tedesco Olaf Scholz e non condivisa dal ministro italiano Roberto Gualtieri.
La proposta tedesca legava la garanzia sui depositi ad una ponderazione del debito pubblico in pancia agli istituti bancari. L’Italia non è d’accordo ma, tra l’altro, non ha nemmeno presentato una sua proposta, annunciata già dall’inizio del 2020.
Insomma, siamo a ‘caro amico’. Per questo il compromesso raggiunto in maggioranza servirà magari a superare lo scoglio del voto di domani, ma fornirà non più che una foglia di fico ai pentastellati scettici sul Mes.
L’anno prossimo l’Ue chiede a tutti gli Stati membri una ratifica parlamentare della riforma del Salva stati, in modo che da gennaio 2022 possa entrare in vigore il cosiddetto ‘backstop’, il fondo istituito nel Mes per sostenere le banche in crisi. Nessuno in Europa lega la riforma del Meccanismo europeo di stabilità al resto delle riforme sul rafforzamento dell’unione bancaria.
La ‘logica a pacchetto’ è di fatto un modo italiano per prendere tempo: lo è stato un anno fa, quando Conte doveva cercare un equilibrio di facciata tra M5s e Pd. Lo è anche adesso.
Il pacchetto non c’è (oltre all’Edis, comprenderebbe anche il Bicc, strumento di bilancio per la convergenza e la competitività ). Ma c’è la riforma del Mes, con il sì dell’Italia.
Prevedibilmente domani il governo passerà il test parlamentare. Ma l’orizzonte sul voto parlamentare che conta, quello sulla ratifica della riforma del Salva Stati l’anno prossimo, resta oscuro, i pentastellati resteranno in fibrillazione con un grido di battaglia – sul completamento del tanto invocato ‘pacchetto’ – che in Europa non trova alcuna eco.
(da “Huffingtonpost”)
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