IL MORALISTA BEPPE GRILLO, COLUI CHE SI FECE PAGARE NEGLI ANNI ’80 BEN 35 MILIONI PER UNO SPETTACOLO ALLA FESTA DELL’UNITA’ DI DICOMANO (FI)
VENNE GIU’ IL DILUVIO, FU UN FLOP, MA GRILLO PRETESE L’INTERA CIFRA… I MILITANTI PER PAGARLO FURONO COSTRETTI AD ACCENDERE UN MUTUO VENTENNALE
C’è voluto un mutuo ventennale, per pagare una serata di Beppe Grillo alla Festa dell’Unità .
Sembra una battuta di Benigni e invece è una storia vera, tra le tante che il leader del Movimento Cinque Stelle preferisce non raccontare.
Poco accorto, il leader del Movimento Cinque Stelle: ha attaccato il collega, pur senza nominarlo, chiedendo polemicamente chi gli ha pagato il cachet per lo spettacolo che ha messo in scena alla Festa Democratica, ora si chiama così, di Reggio Emilia.
Meglio rivangare subito quanto accadde agli inizi degli anni Ottanta a Dicomano, un piccolo paese della provincia di Firenze.
C’era ancora il Pci e si cercava un ospite d’onore importante per la Festa dell’Unità : Roberto Benigni, guarda la combinazione, aveva già riscosso applausi (e cachet) un paio di edizioni prima.
La scelta cade su Beppe Grillo, comico già affermato e per nulla interessato, come oggi, a sapere chi sovvenziona «gli incontri annuali sul futuro della nazione, se il finanziamento pubblico o amici generosi e interessati, tipo Riva per intenderci». All’epoca si limita a chiedere 35 milioni di lire, il costo di un monolocale a Genova. Glieli concedono.
Lui in cambio promette faville, e del resto al servizio dei partiti c’è già stato: in particolare del Pli, campagna elettorale dell’avvocato genovese Gustavo Gamalero. Naturalmente teneva i comizi-show nei salotti, i liberali erano pochini e si ironizzava sul fatto che i congressi si organizzassero al bar: ma questa è un’altra storia.
La storia di Dicomano racconta che la sera dello spettacolo piove a dirotto.
Un nubifragio, siamo a settembre, con tuoni e fulmini e vento a trenta chilometri l’ora. Lo spettacolo è un flop, i biglietti venduti pochissimi.
I compagni cercano di ricontrattare il compenso, ma Grillo ne fa una questione di principio: abbiamo pattuito tot e tot voglio incassare.
Sull’Unità del 21 settembre 2006 ricorderà il dramma il militante Franco Innocenti: «La segreteria della sezione era fatta tutta di giovani. Io avevo ventisei anni ed ero l’unico con una busta paga, perchè ero stato appena assunto come portiere…».
Il papà di Innocenti fa il parrucchiere, la madre è invalida al cento per cento, ma il compagno Franco si sacrifica: va in banca e stipula un mutuo, è l’unico a poterlo fare. Sarà pagato con il contributo di tutta la segreteria, ed estinto esattamente vent’anni dopo.
Se Bersani avesse conosciuto questa storia, e gli sarebbe bastato leggere l’Unità , non sarebbe scivolato su quell’insulto, «fascista del web», che ha tanto arroventato la polemica.
Vero che Grillo aveva cominciato per primo, dandogli del «quasi morto»: ma il segretario del Pd era stato capace di un’analisi brillantissima, spiegando al vate di Sant’Ilario che «noi piccoli uomini siamo tutti quasi morti, e tutti viviamo su quel quasi». Chapeau.
Che bisogno c’era di infierire?
Poi, certo, in soccorso del vincitore (Bersani giocava in casa, a Reggio Emilia) è arrivato Roberto Benigni.
Anche lui un bel tipino, in fatto di soldi, basti pensare che il suo agente è Lucio Presta e la società che ne gestisce i guadagni si chiama Melampo, come il cane tangentaro di Pinocchio.
Per cominciare Benigni ha ricordato a Grillo che non si dice morto ma «diversamente vivo», punzecchiatura.
Poi ha fatto finta di leggere un suo messaggio, che naturalmente mandava «affanculo» tutto il Pd, spiegando che «questo è il suo modo di essere affettuoso».
Infine, e il dettaglio ha scatenato la permalosità del comico & leader, ha buttato lì che «Beppe quando si innervosisce diventa anche volgare».
Grillo pensa di essere spiritosissimo, nel repertorio da caserma.
Così ha sparato a zero sui compensi del collega e rivale, dimenticando la sua performance di qualche anno fa. «Gli artisti invitati sul palco lo fanno per solidarietà con il pdmenoelle», ha tuonato storpiando come sempre la sigla del partito, «oppure dietro ricco cachet?».
Immediata la risposta di Lucio Presta, detto mister dieci per cento: «Noi non prendiamo soldi dai partiti, il compenso deriva dalla vendita dei biglietti e non abbiamo neanche un minimo garantito. Grillo vuole parlare del suo, di cachet? Venga…». Ironia.
E sarcasmo da parte di Lino Paganelli, il responsabile degli eventi pd, che ha precisato come i finanziatori siano «settemila volontari», per poi tirare la stoccata: «Grillo ha calcato i palchi delle feste dell’unità : se qualcosa non gli torna, circa i cachet, può sempre restituirli».
Più seriamente, lo stesso Paganelli ha spiegato il meccanismo delle feste: «La gente viene, ascolta i dibattiti, mangia e compra i gadget. Ci finanziamo così. Gli artisti offrono un evento che viaggia per conto suo, anche con i Subsonica accadrà lo stesso. E comunque, il Pd ha tutti i bilanci pubblicati, mentre non saprei dove controllare quelli del Movimento Cinque Stelle».
La parola a Grillo. Il quale, per restare in tema, chiese pure il condono tombale nel 2002…
Ma anche questa è un’altra storia.
Paolo Crecchi
(da “Il Secolo XIX“)
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