IL SIMBOLO DELL’ECONOMIA MALATA? LE IMPRESE DI TRUMP
IL CAPITALISMO SECONDO DONALD: FARE SOLDI ESTRAENDO VALORE, NON CREANDOLO
Trump ha vinto perchè si è presentato, senza alcuna vergogna, come il paladino dei diseredati. Più dei 16 rivali repubblicani che si è lasciato dietro, e più della candidata democratica che ha sconfitto, ha guidato la carica di quelli che sentivano di essere stati lasciati indietro dalla globalizzazione.
Ha incanalato e attizzato la rabbia incipiente, ha infiammato le divisioni razziali e sfruttato una percezione di bruciante ingiustizia verso un sistema “truccato” a sfavore della gente comune.
È stato il sedicente vincitore che sa come si gestisce il sistema, l’uomo forte che solo può riuscire a rimetterlo in carreggiata. Per Trump, come per i fautori della Brexit, il nemico era l’esterno
I messicani, i cinesi (il più grande “furto” nella storia umana), i musulmani, perfino gli alleati della Nato.
I temi economici e la sicurezza si mescolavano fra loro: è tempo di mettere i vagoni in cerchio, l’America e gli americani vengono per primi.
Trump ha vinto perchè ha offerto una narrazione plausibile, alle orecchie di molti, dei fallimenti della politica economica americana che ha lasciato indietro così tante persone, fallimenti che risalgono a trent’anni prima del tracollo economico del 2008
È stato efficace quando ha parlato delle conseguenze di un’economia malata, ma la sua diagnosi non potrebbe essere più sbagliata.
Ha vinto gettando la colpa su forze esterne, commerci internazionali e immigrazione.
La verità va cercata molto più vicino a casa: sono le azioni delle aziende americane, come la sua, la ragione di fondo dell’incapacità dell’economia di garantire un tenore di vita crescente agli americani comuni.
Hanno fatto soldi estraendo valore, non creandolo.
E dopo la crisi del 2008 il problema non ha fatto che aggravarsi.
La rivoluzione del valore per l’azionista negli anni Ottanta ha prodotto un modello di governo di impresa che dà la priorità agli utili trimestrali rispetto agli investimenti in capacità produttiva.
Le aziende spendono sempre più spesso i loro profitti, attualmente a livelli record, per il riacquisto di azioni proprie, per spingere in alto la quotazione del titolo azionario, le stock options e le retribuzioni dei manager.
Tutto questo ha portato a un’economia finanziarizzata, che molte delle politiche di Trump, come l’abbassamento dell’aliquota sui redditi societari, non faranno che aggravare
Fino agli anni Ottanta i salari tenevano il passo della produttività , ma dopo non più, e i sindacati si sono indeboliti.
Quando i salari non sono più riusciti a tenere il passo del costo della vita, per coprire l’ammanco è cresciuto l’indebitamento personale.
Questo aumento dell’indebitamento personale ha dato vita a nuove tipologie di strumenti finanziari che succhiano via dal sistema la linfa vitale, portando a un’economia sempre più finanziarizzata.
La crescita dell’intermediazione finanziaria in percentuale del Pil sopravanza la crescita del resto dell’economia
La globalizzazione del capitale (in contrasto con quella del lavoro) implica che quando la crescita stenta il capitale può andarsene altrove.
Il comportamento di Trump – creare imprese, lasciarle fallire, evitare di pagare i fornitori, usare la normativa sui fallimenti per eludere le tasse per decenni e poi creare un’altra impresa da qualche altra parte – è il simbolo perfetto di questa forma di capitalismo improntata alla spoliazione delle attività
Al cuore del problema c’è la violazione del contratto non scritto tra capitale e lavoro (il senso di una condivisione degli obiettivi e dei benefici tra i lavoratori americani e i loro datori di lavoro) e l’incapacità , a essa collegata, di aiutare i lavoratori americani ad adattarsi ai cambiamenti strutturali e tecnologici. Non sono i robot il nemico
Il ragionamento che doveva essere fatto nel 2008 non è mai arrivato.
Non si è fatto abbastanza per riformare il modello di capitalismo che è all’origine, di per sè, dell’ascesa di Trump. Possiamo soltanto sperare che questa elezione finalmente apra gli occhi ai suoi avversari, facendo capire perchè c’è bisogno di idee nuove.
Perchè non è questa l’unica strada.
Per Trump il ruolo dello Stato si limita al protezionismo e al finanziamento di cose fondamentali come le infrastrutture, ma quello di cui c’è bisogno è uno Stato molto più attivo, in grado di affrontare i problemi della società attraverso investimenti in innovazione, per stimolare gli investimenti privati e dare una direzione alla crescita
Abbiamo bisogno di un deciso cambio di rotta in favore di una crescita trainata dagli investimenti, che sostituisca l’attuale modello trainato dai consumi e alimentato dal credito, che mette ancora più pressione sui più deboli.
Combattere la disuguaglianza dovrebbe essere un obiettivo centrale della politica economica, per ragioni economiche che sono rilevanti quanto le ragioni sociali.
Le aziende devono tornare a essere in sintonia con la società , dobbiamo instillare in loro un senso del dovere più ampio, che ricompensi la creazione di valore più che l’estrazione di valore.
In altri Paesi, come la Germania e i Paesi scandinavi, esiste una forma più partecipativa di stakeholder capitalism, che prevede un ruolo per i lavoratori nei consigli di amministrazione delle imprese.
Il trumpismo probabilmente è un’espressione politica esclusivamente americana, ma le disfunzioni del capitalismo che hanno favorito la sua emersione non sono una prerogativa degli Stati Uniti.
Le soluzioni specifiche possono differire, ma le crepe dei modelli di capitalismo europei sono in buona parte le stesse.
Ora più che mai l’Europa deve trovare il suo linguaggio e le sue politiche, se vogliamo risolvere la crisi politica, sociale ed economica su questa sponda dell’Atlantico.
Mariana Mazzucato
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