IL TELEGRAPH HA LE PROVE: “TRUMP HA FRODATO IL FISCO, INVESTIMENTO DA 50 MILIONI DI DOLLARI PASSATO PER PRESTITO”
IL QUOTIDIANO INGLESE: “ACCORDO RITOCCATO, SOSTITUENDO LA PAROLA “PRESTITO” A “VENDITA”… NEGLI USA IL PRESTITO E’ ESENTASSE, LA VENDITA SOGGETTA AL 40% DI TASSAZIONE
Una frode al fisco da decine di milioni di dollari.
Nel giorno in cui festeggia l’ennesima vittoria alle primarie (76 per cento dei voti nello Stato di Washington) e in cui ripartono le contestazioni violente contro di lui (scontri con la polizia in New Mexico), su Donald Trump piovono accuse pesanti in un campo su cui negli Stati Uniti è vietato scherzare, quello del fisco.
A lanciarle è il quotidiano britannico Telegraph, entrato in possesso di documenti che proverebbero la “frode fiscale” della quale si sarebbe reso responsabile il tycoon di New York, ormai sicuro candidato alla Casa Bianca per il Grand Old Party, il partito repubblicano.
The Donald, spiega il giornale in un lungo e dettagliato articolo apparso nella sua edizione online nel primo pomeriggio, ha messo la propria firma su un accordo commerciale con il Bayroc Group (l’azienda immobiliare che all’epoca – circa dieci anni fa – stava costruendo il famoso TrumpSoHo, il grattacielo nel quartiere trendy newyorchese di SoHo).
Oltre al grattacielo l’accordo con Bayrock prevedeva anche altri due progetti per i quali il candidato-miliardario aveva concesso l’uso del suo nome e nel 2007 concluse un accordo con un’azienda islandese (FL Group) che aveva acconsentito ad un investimento di 50 milioni di dollari in quattro consociate di Bayrock.
L’investimento fu in seguito mascherato da ‘loan’, un prestito.
Per le leggi dello Stato di New York la vendita di una quota di partecipazione in una società comporta da parte dei soci il pagamento di oltre il 40 per cento di tasse sui “guadagni” (cifra che si basa sull’aliquota fiscale massima) ma se l’investimento viene registrato come un prestito, il pagamento non è dovuto.
Alcuni ex dipendenti di Bayrock (che hanno fatto causa all’azienda) sostengono adesso che l’accordo “era stato strutturato” in maniera fraudolenta, in modo da evadere circa 20 milioni di dollari di tasse, attraverso la vendita (anche essa mascherata) di partecipazioni.
Inoltre i partecipanti all’accordo (tra cui dunque anche Trump) mascherarono la vendita sotto forma di prestito per evitare il pagamento di circa 80 milioni di tasse dovuti in base alle stime sui profitti futuri derivanti dall’investimento immobiliare.
Il Telegraph ha ottenuto le copie delle lettere che Trump firmò sia per la versione originale dell’accordo che per quella successivamente modificata come “prestito”. I documenti, ha reso noto il giornale, sono stati inviati in copia a Trump e ai suoi avvocati, per consentire loro il diritto di replica.
A giro di posta il legale di The Donald Alan Garten ha risposto sostenendo che il miliardario newyorchese “non ha avuto nulla a che fare con quella transazione” e firmando le lettere si limitò a riconoscere l’accordo in veste di “socio accomandante”. Secondo l’avvocato Trump pur firmando “non stava assolutamente approvando l’accordo”.
Per il Telegraph invece le copie del contratto finale dimostrano senza alcun dubbio che l’accordo richiedeva anche l’approvazione di Trump.
Toccherà adesso stabilire all’Irs (il fisco Usa), qualora lo scoop del Telegraph venga riconosciuto come seria documentazione, se procedere o meno contro The Donald per l’eventuale frode fiscale.
Sicuramente diventeranno maggiori le pressioni per costringerlo a rendere pubbliche le sue dichiarazioni dei redditi (rese pubbliche finora in modo incompleto”.
Intanto, continua a smarcarsi dal dare il suo endorsement al discusso e controverso unico candidato rimasto in corsa nelle primarie dell’Ogp lo speaker della Camera Usa, Paul Ryan.
Che rifiuta di voler sostenere Trump per la nomination repubblicana per la presidenza Usa, dicendosi non pronto ad appoggiare un neofita della politica che non ha mai occupato una carica elettiva.
In un incontro con i giornalista a Capitol Hill, Ryan ha negato precedenti notizie secondo cui avrebbe sostenuto Trump.
(da “La Repubblica”)
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