IL VERO TIMORE DEL CAVALIERE E’ PER LA CONSULTA E ALFANO SALE AL COLLE
BERLUSCONI TEME LA CONDANNA IN PRIMO GRADO PER IL PROCESSO RUBY, MA SOPRATTUTTO LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL LEGITTIMO IMPEDIMENTO PREVISTA IL 19 GIUGNO
Più la sentenza Ruby si avvicina, e più l’umore di Berlusconi volge al tempestoso.
Da un po’ di giorni il Cavaliere appare «cupo», preoccupato, teso quanto può esserlo chi si prepara a ricevere una legnata giudiziaria.
Non si rispecchia affatto (ma in fondo, quale imputato vi si riconoscerebbe?) nel ritratto del pm Sangermano, e tantomeno in quello di Ilda Boccassini.
Lo umilia essere dipinto come un vecchio satiro che adesca le giovinette, addirittura come un concussore per quella telefonata in Questura che lui racconta «educatissima», super-gentile. Tuttavia Silvio ha una vecchia ruggine con i giudici milanesi, da loro non si aspetta nulla di buono; se il 24 giugno prossimo lo condannassero per le sue «feste eleganti», lui sarebbe il primo a non provare stupore.
Rivalersi contro Letta o contro l’uomo del Colle avrebbe a quel punto scarso significato perchè nè il premier nè Napolitano hanno la minima chance di indirizzare la sentenza.
E poi, spiegano amici fedeli, una crisi delle larghe intese causata per vendetta potrebbe spalancare la strada a governi ben più di sinistra, appoggiati da Vendola e da un po’ di transfughi a Cinque Stelle.
Cosicchè davvero a quel punto Berlusconi dovrebbe darsela a gambe…
Insomma: se le pendenze giudiziarie si limitassero a Ruby, l’equilibrio politico potrebbe reggere anche una severa condanna.
Il guaio è che mercoledì 19 è attesa un’altra sentenza, stavolta della Corte costituzionale.
Dovrà stabilire se Berlusconi aveva o meno diritto al «legittimo impedimento» che gli venne negato dalla Corte d’appello nel processo Mediaset.
L’impatto ai fini pratici è tutto da dimostrare.
Anche nel caso in cui la Consulta desse ragione al Cavaliere, non è detto che quel giudizio ripartirebbe da zero.
Dipenderà molto da come vorranno dosare il verdetto i giudici costituzionali.
I quali, diversamente dalle toghe di rito ambrosiano, sono notoriamente sensibili ai venti della politica. Mettiamola così: non vivono sulla luna.
Per cui nel loro caso sì che la decisione potrà scaricare onde d’urto sul governo.
Tuona privatamente Berlusconi: «Se la Corte costituzionale dovesse sostenere che il legittimo impedimento non esiste nemmeno quando un premier presiede il Consiglio, allora saremmo davvero al colmo».
In quel caso, nessuno può prevedere quale sarebbe la reazione del diretto interessato. Si spingerebbe fino a causare una crisi?
È interessante sentire Capezzone, tra i personaggi di spicco della nouvelle vague berlusconiana: «L’equilibrio politico si regge sul senso di responsabilità che il nostro Presidente ha dimostrato in questi mesi. In qualche modo questo ruolo gli deve essere riconosciuto. Dalla Consulta il Pdl si attende un segnale di pacificazione», cioè una sentenza che, quantomeno sul piano politico, possa segnare uno spartiacque.
Guai se non arrivasse, dichiara senza peli sulla lingua Daniela Santanchè.
C’è chi invece, come Gianni Letta o Alfano, trova più appropriati i canali della diplomazia. Guarda caso proprio ieri il vice-premier è salito al Colle per un colloquio dai contorni misteriosi. Nessuno crede che a tu per tu con Napolitano abbiano parlato solo di nomine prefettizie.
Mille segnali fanno pensare che Angelino abbia voluto mettere sul chi vive il Capo dello Stato: Berlusconi è più imprevedibile che mai, da lui ci si può attendere di tutto.
In un attimo, può compiere qualsiasi inversione a «u». Vedi il caso Allegri.
Il Cavaliere sembrava deciso a cacciare l’allenatore, invece di colpo ha cambiato idea.
Al governo promette lunga vita. Ma che poi mantenga la parola, tra i suoi non ce n’è uno in queste ore che metta la mano sul fuoco.
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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