IL VIDEOSERIAL DEL CAVALIERE: BANDIERE, CIPRIA E NIENTE CONFRONTI
IL PREMIER UTILIZZA I VIDEOMESSAGGI ALLA BIN LADEN PERCHE’ IL BAGNO DI FOLLA E’ SEMPRE PIU’ A RISCHIO FISCHI….DAL VIDEO DELLA SUA “DISCESA IN CAMPO” ALLE ULTIME DAL BUNKER: SI MOLTIPLICANO GLI INTERVENTI A DISTANZA DI SICUREZZA E SENZA CONTRADDITTORIO
Bandiere, cipria e niente critiche ecco il videoserial del Cavaliere.
“Care amiche e cari amici”. Stessa tenda come sfondo, stesse bandiere, stessa scrivania con stessa argenteria, stessa maschera incipriata.
In quel sogno carnale, spettrale e pagliaccesco che è la vicenda pubblica, il videomessaggio di Berlusconi occupa un posto tutto particolare nella sua straniante assiduità .
L’ha riconosciuto lui stesso nell’ultima o penultima clip: “Ormai sta diventando un appuntamento fisso”. Già .
E a voler rincorrere gli inesorabili effettacci che si tirano appresso le cose troppo ripetute, si può azzardare che quelle interminabili allocuzioni sono la versione edulcorata dei video, pure a senso unico, che da dieci anni si propagano da certe caverne sulle montagne del Pakistan.
Solo che Osama Bin Berlusconi li mette in scena da Palazzo Chigi, dove c’è un efficiente anche se non bellissima sala stampa, da lui stesso ristrutturata secondo canoni estetici tipo antichi romani, in ogni caso dotata di podi e podietti, e svariate telecamere, e adeguati microfoni, e poltroncine per i giornalisti, oltre che di un impegnativo fondale pittorico di Giambattista Tiepolo, “La Verità svelata dal Tempo”, ma si vede che non è più tempo di disvelamenti, nè di assunzioni di responsabilità pubblica.
Molto meglio infatti un videomessaggio, che in tempi di riemersioni ricorda un po’ il modo in cui si manifestava l’idolo; o una telefonata, che fa pensare alla voce di Dio mentre detta i dieci comandamenti.
E però. La prima cosa che viene da pensare di questo sistema di comunicazione unilaterale è che il Cavaliere l’ha adottato perchè è comodo, perchè gioca in casa, perchè non ci sono domande, nè interruzioni, nè fischi, nè altre volgari, ridicole e quindi temutissime risonanze di vario ordine, grado e riproducibilità digitale.
E questo vuol dire già parecchio.
L’uscita per strada è a rischio, il bagno di folla comincia a diventare problematico, l’insulto e il gestaccio sono nell’aria, le telecamere sempre in agguato.
L’altro giorno un ragazzetto gli ha gridato una brutta parola, il Cavaliere ha risposto pronto qualcosa tipo “senti chi parla!”, e per una volta passi, ma non è che la scenetta si può replicare ogni volta: il potere ha bisogno di mistero, di distacco, di operazione dalla folla, ma nessun presidente del Consiglio può permettersi il lusso di disertare i funerali di un soldato morto in Afganistan per paura di contestazioni.
E tuttavia questa particolare e poco invidiabile esigenza spiega perchè si moltiplicano gli interventi a distanza di sicurezza.
Così come il loro intensificarsi – ed è strano che proprio Berlusconi non se ne renda conto – indica una complessiva condizione di difficoltà , inutile spedire gli uomini e le donne del Pdl a combattere nelle arene televisive e poi lui restarsene al calduccio, o al massimo movimentare la scena alzando la cornetta del telefono per sottolineare che ci sono le intercettazioni.
E ci sono sì!
Il sospetto è che la video-serializzazione, pardòn, del Cavaliere sia un alibi o un espediente per mascherare quella che appare a occhio nudo come una crisi seria, forse terminale: perciò egli ha tanto più bisogno di esserci, ovvero di farsi vedere, quanto più in realtà è assente sugli affari di governo; mentre è fin troppo visibile e presente nelle narrazioni degli scandali, sempre più sconci e dolorosi per lui, che si ritrova dato in pasto non dall’opposizione, figurarsi, ma da quelle che riteneva le sue giovani amiche, le sue “vitamine”, e che invece ne parlano tra loro e adesso anche all’opinione pubblica come lui mai avrebbe voluto, nè immaginato, “che palle, ‘sto vecchio” e altri graziosi riconoscimenti che vengono fuori dalle intercettazioni.
Così non c’è fine di regno senza un mezzo tecnologico che ne accompagni il compimento o la consumazione.
E viene da pensare ai fax che Craxi spediva dall’esilio o dalla latitanza, comunque dalla remota Tunisia.
Ma con uno di quei brividi che solo le enigmatiche coincidenze procurano a chi si lasci visitare da queste suggestioni, viene anche da pensare che la storia politica di Berlusconi, la sua discesa in campo, fu annunciata con un videomessaggio, anche se allora se ne parlò come di una “cassetta”, girata con un filtro speciale, la calza, che ne rendeva soffuse e vagamente oniriche le immagini.
Se ne ricorda tuttora l’esordio: “L’Italia è il paese che amo”.
Ma al netto dell’aspetto autobiografico e della video-retorica da sogno, c’è qualche argomento per dimostrare che l’Italia, con i suoi potenti, si comporta spesso come una autentica e crudele canaglia – e prima loro lo capiscono, e meglio è per tutti.
Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica“)
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