IN CIABATTE AL GELO, COSI’ VIVONO I PROFUGHI MINORENNI IN CALABRIA, MA MINNITI DI QUESTO NON PARLA
UNDER 18 AMMASSATI IN 4 CENTRI DI ACCOGLIENZA…. DOVREBBERO RESTARE POCHI GIORNI, MA RIMANGONO PARCHEGGIATI PER MESI
Per centinaia di minori stranieri non accompagnati, lo Scatolone è la loro casa.
È una palestra di basket in lamiera, con gli spalti arrugginiti e i canestri, a pochi metri dallo stadio Oreste Granillo a Reggio Calabria.
I ragazzi l’hanno soprannominata Big Box. «Guardate con i vostri occhi come viviamo in questa scatola», dice Bengis, 16 anni, dal Senegal, «non è degno per un essere umano vivere così».
«Fa freddo, non c’è riscaldamento e ci sono solo tre docce per cento persone», lamenta un altro minore del Gambia.
Da fine luglio, i minorenni in fuga da Ghana, Senegal, Mali, Gambia, Nigeria, Bangladesh sono bloccati in questo centro di primissima accoglienza.
Dormono al freddo su brandine in tela marchiate ministero dell’Interno, con le poche coperte distribuite da alcuni volontari in pensione dell’Associazione Nazionale Carabinieri.
La Mamma, il Nonno e Carmelo — così come sono stati soprannominati — si recano tutti i giorni allo Scatolone dal 2 agosto scorso, per consegnare la colazione, il pranzo e la cena: un kit di pasti confezionati, uguale per tutti gli altri Msna (Minori Stranieri non accompagnati nel gergo legislativo) a Reggio Calabria, fornito dal bar Bart.
Non è prevista la scolarizzazione, nè altre attività per questi ragazzi, poichè si tratta di un centro temporaneo. Eppure, molti di loro vivono qui da sei mesi.
Negli ultimi due anni, Reggio Calabria è stata individuata come città di sbarco, ed esposta a un aumento dei minori affidati alla questura della città .
A questi, si aggiungono gli altri minori trasferiti dai centri siciliani nel capoluogo calabrese.
Tutti attendono di essere spostati in uno Sprar, in una casa famiglia o in affido. Nonostante numerosi cittadini, associazioni laiche e cattoliche si siano attivate, le strutture sono al collasso perchè la città è diventata un vero e proprio hub dei minori, ed è del tutto impreparata a gestire e accogliere questi giovani.
Mentre Bengis ci accompagna a visitare la struttura, alcuni ragazzi pregano in un angolo della palestra su teli e cartoni appoggiati sul pavimento, dove hanno improvvisato una moschea.
Per facilitare la convivenza ed evitare discussioni, i minori si sono organizzati, suddividendosi la palestra, secondo il Paese di provenienza; in fondo vicino ai bagni ci sono i bengalesi, accanto agli spalti i gambiani, più a destra, invece, i nigeriani di religione cristiana, mentre dall’altra parte vi è un gruppo di maliani.
Quattro ragazzi del Ghana giocano a carte su una stufetta recuperata chissà dove.
Altri riempiono dei secchi con l’acqua e lavano i pochi indumenti che custodiscono, con ordine, sotto le loro brande, all’interno di cassette per la frutta.
Qualcuno legge un libricino in italiano, un altro ragazzo stringe tra le mani un orsacchiotto rosa.
Si vedono minori entrare e uscire dal centro, senza nessun controllo. C’è chi recupera rottami nella spazzatura, chi biciclette scassate.
Altri sono in fila davanti alle docce e attendono il proprio turno per lavarsi. «Passiamo così il nostro tempo. Siamo parcheggiati qui, riceviamo solo il cibo tre volte al giorno e basta. Non studiamo l’italiano, non impariamo niente. Sinceramente non pensavo che fosse questa l’Europa», afferma Ibrahim, diciassette anni dal Gambia.
Un altro gruppo di ragazzi si avvicina. È la prima volta che parlano con delle giornaliste. «Abbiamo solo queste», indicando le ciabatte ai loro piedi, «Secondo te, queste sono scarpe sufficienti per il freddo?», domandano esasperati e rassegnati. «Quando ci sarà il primo morto per il freddo, di chi sarà la colpa?».
Lo Scatolone non è l’unico centro per minori stranieri non accompagnati.
A Reggio Calabria, ci sono circa 1800 minori nella stessa situazione. Sono pochi quelli che risiedono in appartamenti o strutture dignitose, ma la maggior parte vive in condizioni disumane e squallide, all’interno di palestre, edifici cadenti, ex università o teatri mai inaugurati, privi di elettricità e riscaldamento.
È il caso dell’ex sede di Giurisprudenza nel quartiere Archi di Reggio Calabria, posta sotto sequestro dalla Procura ma che, ancora oggi, ospita un centinaio di minori in attesa di trasferimento.
Nelle aule dell’Università , i ragazzi vivono ammassati, suddivisi, anche qui, in base al Paese di provenienza. Qualcuno suona la chitarra, altri ciondolano all’esterno della struttura, accanto a quelli che riscaldano l’acqua sul fuoco per lavarsi.
All’interno del teatro di Rosalì le condizioni non migliorano. Qui i minori – circa una settantina – dormono letteralmente uno sopra l’altro in un’unica stanza senza elettricità , nè riscaldamento. Non c’è neanche posto per camminare tra una branda e un’altra, e alcuni le hanno sistemate all’ingresso dell’unico bagno.
Anche vicino al porto, presso l’edificio della Capitaneria dovrebbero esserci circa settanta minori, ma in questa struttura ci è stato negato l’accesso. I centri — Archi, Rosalì e Capitaneria — sono gestiti dallo stesso ente: la cooperativa Cooperazione Sud per l’Europa.
Nelle strutture visitate, i minori stranieri non accompagnati hanno tra i quattordici e diciassette anni; arrivano principalmente dall’Africa Occidentale e un piccolo gruppo dal Bangladesh, ma tutti hanno attraversato il Mediterraneo, partendo dalla Libia, dopo essere stati esposti a numerosi tipi di violenze, abusi e traumi.
Sono ragazzi che avrebbero bisogno di un supporto psicologico, per ciò che hanno subito.
Come spiega Leonardo Cavaliere, esperto di Msna e curatore del blog minoristranierinonaccompagnati.blogspot.it, «i minori dovrebbero essere trasferiti dai centri di primissima accoglienza in strutture idonee nel più breve tempo possibile, 48-72 ore, ma spesso restano parcheggiati mesi, a volte senza potersi cambiare o chiamare i propri familiari».
È il caso delle strutture visitate a Reggio Calabria. Nella palestra chiamata lo Scatolone, i minori sono arrivati ad agosto, ma ancora vivono in un limbo.
La soluzione esiste, secondo Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato e docente di Diritto di Asilo e Statuto Costituzionale dello straniero: «Applicare la legge, seguire la circolare del ministero dell’Interno dello scorso agosto sulla ripartizione graduale e sostenibile in tutto il territorio nazionale dei migranti, ma soprattutto abbandonare l’approccio emergenziale».
Sara Manisera
(da “La Stampa”)
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