INCHIESTA PENATI: SCOPERTI FONDI NERI PER 700.000 EURO, TANGENTI ANCHE AL PD DI MILANO
PASINI A VERBALE: “CI FU IMPOSTO DI PAGARE I CONSULENTI DELLE COOP”….LA PROCURA AVREBBE TROVATO TRACCIA DOCUMENTALE DI DIVERSI MOVIMENTI DI DENARO
Che siano state mazzette, finanziamenti illeciti al partito non registrati, o contributi “spontanei” degli imprenditori, lo stabiliranno le indagini.
Di certo, sul Pds prima, sui Ds poi, non solo di Sesto San Giovanni, è piovuto un fiume di denaro.
Tutto grazie alle amicizie dell’ex sindaco Filippo Penati.
Questo emerge nelle prime carte depositate dalla procura di Monza, nell’inchiesta che vede come principale indagato proprio Penati.
Accusato di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti.
Ecco che cosa raccontano le carte raccolte in sei mesi di indagine dai pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia.
La procura ha quantificato il denaro che l’immobiliarista Luigi Zunino avrebbe messo a disposizione della politica, tramite le società estere del “re delle bonifiche” milanesi Giuseppe Grossi.
Seguendo la strada del denaro lungo le società riconducibili all’imprenditore (finito in carcere e ora sotto processo proprio per la bonifica dell’area di Santa Giulia), i magistrati hanno individuato 700mila euro di fondi neri, necessari per oliare la pratica relativa al recupero delle ex acciaierie di Sesto San Giovanni.
La procura avrebbe trovato traccia documentale di diversi movimenti di denaro: attraverso due veicoli societari, l’immobiliare “Cascina Rubina” e la “Miramondo srl”. Con la prima che paga, la seconda che incassa ed emette le fatture, gira il denaro ad altre società all’estero, prima che i soldi vengano prelevati in contanti.
Per la procura, il sistema di fatture false e società offshore era finalizzato ai pagamenti corruttivi per l’incremento volumetrico sull’area delle ex acciaierie Falck.
Secondo Piero Di Caterina, le somme che riceveva dall’ex proprietario dell’area Falck, Giuseppe Pasini, per anni girate ai politici, non servivano solo a finanziare la federazione locale del partito.
Dal 1993, dal giorno della discesa in campo di Silvio Berlusconi, anche a sinistra il peso dei soldi in politica è diventato decisivo e il bisogno di finanziamenti è stata un’urgenza sempre più evidente: per questo i fondi per i quali il titolare della Caronte si fa intermediario, a suo dire, finiscono non solo nei rivoli del partito di Sesto, ma finanziano anche la federazione del partito milanese, le campagne elettorali e le spese delle sedi, fino alle manifestazioni pubbliche come feste e convegni.
Per gli investigatori, c’è sproporzione tra le necessità della piccola federazione della “Stalingrado” del Nord rispetto ai miliardi, oltre 16, che finiscono al partito.
Di Caterina dice ai pm di essere «sicuro» che le somme da lui anticipate finiscono a Penati: «Mi sarebbero state restituite in quanto era scontato che Pasini avrebbe pagato una tangente a Penati».
Racconta di «un conto estero in Lussemburgo, poi scudato, due versamenti» nel marzo 2011: il primo di un miliardo 425 milioni di lire e l’altro di un milione 85 mila marchi tedeschi, «il tutto per un milione 104 mila euro, importo corrispondente alla somma che Penati doveva restituirmi per dazioni di denaro fatte allo stesso fino al ’97».
L’imprenditore Giuseppe Pasini ha anche raccontato ai pm Mapelli e Macchia dei soldi versati per la riconversione del Palaghiaccio di Sesto San Giovanni in una struttura poliedrica, capace di ospitare le gare di hockey dei Diavoli Rossoneri di Milano, ma anche convegni e manifestazioni grazie a uno speciale pavimento mobile. Per quell’appalto, è indagato per concussione Giorgio Oldrini, sindaco dal 2002, proprio dopo Filippo Penati.
Ma ora i magistrati propendono a dare un ruolo marginale nella vicenda a Oldrini, mentre – ha dichiarato Pasini – la richiesta di “aiuto” sarebbe arrivata direttamente da Penati.
E che aiuto: Pasini si sarebbe fatto carico dei lavori gratuitamente, avrebbe garantito con una fideiussione il mutuo acceso con le banche, in più ne avrebbe pagato alcune rate.
Un esborso pari, dice Pasini, a tre miliardi.
Pasini ha inoltre rivelato che l’obbligo di pagare 2milioni 400mila euro in consulenze, affidate a due professionisti del Consorzio cooperative costruttori di Bologna, entrambi indagati, sarebbe arrivato direttamente dal vicepresidente del Consorzio Omer Degli Esposti.
In una email datata 22 aprile 2010, Di Caterina rivendica la restituzione del denaro che ha versato negli anni al partito di Penati a Sesto.
Si rivolge allo stesso Penati e al manager del gruppo Gavio, Bruno Binasco (lo stesso che venderà la quota in Serravalle nel 2005 alla Provincia guidata da Penati).
Di mezzo c’è la vendita di un’area con annessa cascina di cui Di Caterina si vuole disfare, dopo che le sue aziende vanno in sofferenza per i ritardi dei pagamenti di diverse municipalizzate.
Secondo il racconto narrato in una pagina e mezza di missiva, Penati avrebbe «delegato» il gruppo Gavio a restituire il denaro, attraverso l’acquisto dell’immobile. Binasco, però versa solo la caparra da due milioni.
Nel 2010, Di Caterina batte cassa, garantisce di aver incontrato il manager per ottenere la somma restante e di essere perfino stato minacciato nel caso avesse insistito per avere il saldo.
Sandro De Riccardis e Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
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