INCUBO OSTRUZIONISMO SULLA MANOVRA, MELONI E GIORGETTI STOPPANO IL CONDONO: “QUI SENNO’ SALTA TUTTO”
FERMATO IL PROVVEDIMENTO VOLUTO DA FORZA ITALIA
Il colpo di spugna per gli evasori muore a metà pomeriggio, tra i soffitti alti di Palazzo Chigi. Giancarlo Giorgetti chiama Giorgia Meloni. Le dice che l’emendamento dei berlusconiani deve saltare.
Il rischio, evidente anche alla presidente del Consiglio, è che l’opposizione azzanni il governo. Pochi minuti prima, gli emissari del Pd hanno fatto sapere alla premier che assieme ai cinquestelle lanceranno un ostruzionismo senza precedenti.
Incubo esercizio provvisorio
L’Aula di Montecitorio, giurano, «si trasformerà in una bolgia». La promessa è interrompere la seduta con proteste eclatanti, trascinando il dibattito ben oltre Santo Stefano. E d’altra parte, è già il pomeriggio del 20 dicembre e la commissione non ha ancora votato neanche mezzo emendamento. L’incubo dell’esercizio provvisorio è distante solo undici giorni.
La presidente del Consiglio riattacca con il ministro leghista e contatta Antonio Tajani: «Così ci salta tutto, non possiamo permettercelo. Chiama i tuoi e mettiamo fine il prima possibile a questa partita». Prende forma la ritirata. E si sblocca la finanziaria.
Sei giorni in Commissione
In quegli stessi minuti, a Montecitorio. Nel corridoio con vista sulla commissione Bilancio squilla senza sosta il cellulare dell’azzurro Roberto Pella. È lo specchio di uno stallo, immagine plastica di una finanziaria inchiodata in commissione da sei giorni. Il deputato di Forza Italia è uno dei relatori della Finanziaria, quelli che mettono le firme che contano sotto gli emendamenti.
Ha ricevuto il mandato di blindare proprio il condono penale che cancella tre reati: l’omessa dichiarazione dei redditi, la dichiarazione infedele e l’omesso versamento. Di fatto, il grande perdono agli evasori. Pella sta parlando con il viceministro berlusconiano della Giustizia Francesco Paolo Sisto.
«L’emendamento – concordano – va presentato». Non basta a frenarli il fatto che soltanto qualche ora prima quella stessa norma è stata cancellata, a penna, dall’elenco delle proposte di modifica finite sul tavolo di Giorgetti. Sanno che proprio per questo motivo, l’unica possibilità residua è che il via libera arrivi direttamente da Meloni.
Serracchiani esulta
Va in scena l’ultimo disperato tentativo di salvare la norma. Passano dieci minuti, il tempo della triangolazione tra la premier, il titolare del Tesoro e Tajani. La capogruppo del Pd Debora Serracchiani esce dall’aula della commissione. «Vittoria, lo scudo penale non c’è!». Perde Forza Italia, si sbloccano i lavori. La legge di bilancio, a questo punto, sarà approvata entro il 23 dicembre. In quelle stesse ore, Meloni volerà in Iraq per incontrare il contingente italiano impegnato nel Paese.
Non si dissolvono, invece, i ritardi accumulati. E resta in piedi anche l’idea del condono. Gli azzurri fanno sapere di essersi garantiti l’impegno diretto della premier a recuperare il progetto in un decreto ad hoc da approvare in consiglio dei ministri il 29 o il 30 dicembre, a manovra appena licenziata dal Senato. Un progetto che non sembra combaciare del tutto, in realtà, con i ragionamenti con cui Giorgetti stronca l’emendamento azzurro.
Una diversa formulazione
Le osservazioni del ministro si soffermano in particolare sull’omessa dichiarazione, il reato in cui incorre chi non presenta il 730. Il giudizio è netto: un segnale sbagliato, di fatto un regalo agli evasori, per questo da cancellare. Anche il suo viceministro Maurizio Leo, in quota Fratelli d’Italia, concorda.
Altro discorso, invece, per le altre due fattispecie, ma da declinare comunque in modo differente rispetto a quanto scritto da Forza Italia: nessuna estinzione del reato, quindi nessun condono penale, ma solo la possibilità per il contribuente infedele di vedersi sospeso il processo se impegnato a versare, a rate, le somme dovute al Fisco.
Un beneficio per andare sostanzialmente incontro a chi non è riuscito a pagare per problemi economici, con la clausola della riattivazione del procedimento in caso di inadempimenti nei versamenti.
Le opposizioni, intanto, incassano un primo successo. E si organizzano per mettere di nuovo in difficoltà l’esecutivo prima della fine dell’anno. Il 27 dicembre è atteso alla Camera il decreto sui rave. Va convertito entro il 30 dicembre, per evitare che decada. Il Pd e i grillini l’hanno messo nel mirino e si stanno coordinando proprio in queste ore per trasformare l’Aula in un pantano.
L’ostacolo ordini del giorno
Se anche la fiducia sul testo dovesse passare, infatti, bisognerebbe superare l’ostacolo degli ordini del giorno. Ogni deputato di minoranza – sono 120 soltanto tra dem e 5S – può presentarne uno. E ogni odg porta via almeno dieci minuti.
Poi ci sono le dichiarazioni di voto e il voto finale. La maggioranza potrebbe uscirne soltanto sfoderando l’arma estrema della cosiddetta “ghigliottina”, che taglia brutalmente i tempi. L’effetto sarebbe quello di infuocare l’Aula e rovinare le feste a Palazzo Chigi. La battaglia sta per iniziare.
(da La Repubblica)
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