INGRAO, FINI, CASINI, BERTINOTTI: I PRESIDENTI “GARANTI” CHE SEPPERO TUTELARE LE OPPOSIZIONI
MOLTI LITIGARONO CON LE LORO STESSE MAGGIORANZE PUR DI GARANTIRE IL RUOLO SUPER PARTES… SOLO CON SCHIFANI CI FU “CONTINGENTAMENTO” SULLA LEGGE COSTITUZIONALE
«E’ vitale per il buon funzionamento del sistema che l’opposizione abbia la possibilità all’interno dell’istituzione parlamentare di usufruire di spazi e strumenti adeguati ed efficaci (…). Una vigorosa dialettica parlamentare è stata sempre la linfa vitale della democrazia rappresentativa».
Oppure: «E’ importante garantire che l’opposizione possa far conoscere attraverso un dibattito parlamentare non asfittico le ragioni della sua contrarietà . In più di un’occasione ho ampliato i tempi del contingentamento della discussione in relazione alla complessità del dibattito proprio perchè tali ragioni potessero emergere nella completezza di tutte le loro motivazioni».
Chi parla così, un presidente d’aula amante del diritto come Piero Grasso?
O magari delle minoranze, come Fausto Bertinotti?
O magari Pietro Ingrao, il compagno Ingrao nei tempi che furono?
No, parlava così nel 2002 (dibattito sul «legittimo sospetto») Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera eletto dal centrodestra, e oltretutto non dalla destra liberale: da Berlusconi. Al quale Casini non concesse nulla.
Ecco, oggi Grasso è violentemente sotto attacco, ma diciamo che i presidenti d’aula in Italia (per fortuna) si sono quasi sempre attenuti a una prassi dialogante con le opposizioni; anche quelli di destra, con davvero pochissime eccezioni.
E dunque, Casini litigò con Berlusconi, che gli diede del «parruccone» anche perchè faceva rigorosamente rispettare le garanzie dell’opposizione. Al chè Pier rispondeva (nel 2004) «i regolamenti parlamentari non sono il Vangelo, però mi sembra che le cose funzionino abbastanza bene, cambiarli non mi pare proprio il problema prioritario che abbiamo di fronte. Ce ne sono ben altri…».
Bertinotti nel 2007 litigò con Prodi, che voleva anche lui più celerità , lamentava «i giochi politici», ma rimpallato dal presidente di Rifondazione, che gli rimproverò «scarsa dimestichezza con le aule parlamentari».
Per non dire di Fini, che anche prima di diventare bersaglio della campagna dei media berlusconiani aveva già tolto spesso la parola in aula a esponenti del centrodestra, e non sarà ricordato come uno che fece favori per accelerare le leggi della sua parte. Solo Schifani concesse qualcosa di più: non per caso, l’unico precedente di «contingentamento» su una legge costituzionale risale al 2004 al Senato, e presidente era lui. L’aveva voluto Berlusconi.
Non verrà ricordato nei momenti gloriosi di storia parlamentare.
Insomma, i presidenti d’aula – lì apposta per garantire – questo hanno sempre, bene o male, fatto.
Certo, «la Jotti era implacabile contro gli ostruzionismi», ha raccontato Massimo Teodori, che nell’81, contro la legge Reale, parlò sedici ore, e Nilde lo interrompeva con obiezioni storiche e filosofiche per sfiancarlo; ma Ingrao era assai più tollerante. Per non dire di Giuseppe Paratore, che nel dibattito del ’53 sulla legge truffa si dimise, tante le minacce.
E di Meuccio Ruini, che finì per farsela addosso.
Importante è che chi guida le Camere non lo faccia.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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