INTERVISTA A LAURA BOLDRINI: “SULLA RETE CAMPAGNE D’ODIO, E’ TEMPO DI FARE UNA LEGGE”
“IO MINACCIATA DI MORTE OGNI GIORNO NON HO PAURA, MA BASTA ALL’ANARCHIA DEL WEB”… “IN ITALIA LE DONNE CONTINUANO A MORIRE, MA PER MOLTI E’ SEMPRE E SOLO UN FATALITA'”
Laura Boldrini, seduta alla sua scrivania di Presidente della Camera dei deputati, legge attentamente i messaggi che la sua giovane assistente Giovanna Pirrotta le porge.
Sono minacce di morte, di stupro, di sodomia, di tortura. Accanto al testo spesso ci sono immagini.
Fotomontaggi: il suo volto sorridente sul corpo di una donna violentata da un uomo di colore, il suo viso sul corpo di una donna sgozzata, il sangue che riempie un catino a terra.
Centinaia di pagine stampate, migliaia di messaggi. A ciascuna minaccia corrisponde un nome e un cognome, un profilo Facebook, l’indirizzo di una pagina Internet.
Le minacce – tutte a sfondo sessuale, promesse di morte violenta – si sono moltiplicate nel giro di due settimane con il tipico effetto valanga che la Rete produce: al principio erano una decina, qualche sito le ha riprese e rilanciate, i siti più grandi le hanno richiamate dai siti più piccoli con la tecnica consueta: dichiarare in premessa l’intenzione di denunciare l’aggressione col risultato, in effetti, di divulgarla ad un pubblico sempre più ampio.
In principio, quasi all’indomani della sua nomina, aveva preso a circolare una foto che a questo punto della vicenda pare addirittura innocente: una donna nuda, in spiagga, indicata come Laura Boldrini e affiancata da commenti machisti.
Poi le prime minacce, altre e altre ancora sempre più gravi fino ad arrivare alle ultime, pochi giorni fa: una donna sgozzata, uno stupro.
Siti di destra, razzisti e xenofobi, pagine Facebook, di seguito l’effetto macchia d’olio, incontrollabile.
Dunque cosa fare?, è l’intatto quesito che si ripropone ogni volta che ci si trova di fronte a messaggi, comunicati, rivendicazioni di una minoranza violenta.
Dar loro visibilità e amplificarli, facendo il loro gioco, o tacere, subire, reagire sul piano della denuncia individuale senza offrire un più largo palcoscenico a quelle miserevoli gesta.
«Io non ho paura», mormora la presidente della Camera mentre ascolta questa discussione, i suoi collaboratori attorno a lei.
«Nel senso che certo, sì. Ho paura quando i fotografi inseguono mia figlia di 19 anni in motorino, ho paura che possa spaventarsi e avere un incidente, mi si gonfia in cuore. Ho paura quando si appostano sotto casa di mio fratello Enrico, il più piccolo dei miei fratelli, che soffre di una forma grave di autismo. Non capisco come possano farlo, e ho paura per lui. Ma non ho paura io, adesso, di aprire un fronte di battaglia, se necessario. Daremo visibilità a un gruppo di fanatici? Sì, è vero. Ma non sono pochi, sono migliaia e migliaia, crescono ogni giorno e costituiscono una porzione del Paese che non possiamo ignorare: c’è e dobbiamo combatterla. Non posso denunciarli tutti individualmente: è un’arma spuntata, la giustizia cammina lentamente al cospetto della Rete, quando arriva la minaccia è già altrove, moltiplicata per mille.
E poi non è una questione che riguarda solo me. Ci sono due temi di cui dobbiamo parlare a viso aperto. Il primo è che quando una donna riveste incarichi pubblici si scatena contro di lei l’aggressione sessista: che sia apparentemente innocua, semplice gossip, o violenta, assume sempre la forma di minaccia sessuale, usa un lessico che parla di umiliazioni e di sottomissioni. E questa davvero è una questione grande, diffusa, collettiva. Non bisogna più aver paura di dire che è una cultura sotterranea in qualche forma condivisa. Io dico: un’emergenza, in Italia. Perchè le donne muoiono per mano degli uomini ogni giorno, ed è in fondo considerata sempre una fatalità , un incidente, un raptus. Se questo accade è anche – non solo, ma anche – perchè chi poteva farlo non ha mai sollevato con vigore il tema al livello più alto, quello istituzionale. Dunque facciamolo, finalmente».
Sul tavolo della presidente le pagine in cui uomini con nome e cognome, dati a cui corrispondono persone reali, scrivono «ti devono linciare, puttana», «abiti a 30 chilometri da casa mia, giuro che vengo a trovarti», «ti ammanetto ti chiudo in una stanza buia e ti uso come orinatoio, morirai affogata», «gli immigrati mettiteli nel letto, troia». Accanto alla foto della donna sgozzata: «Per i Boldrini in rete ecco l’Islam in azione».
La seconda questione è se possibile ancora più delicata, riguarda i reati commessi via web. Ogni volta che si interviene a cancellare un messaggio, ad oscurare un sito – dice Roberto Natale, portavoce della Presidente – c’è una reazione fortissima della rete che invoca la libertà e parla di censura.
Valentina Loiero, responsabile comunicazione: «Al principio abbiamo individuato un sito, di cui è titolare Antonio Mattia, che aveva diffuso la foto di una nudista spacciandola per Laura ed aveva dato il via ai commenti sessisti. Abbiamo informato la polizia postale. La reazione dell’uomo alla visita delle forze dell’ordine stata una denuncia di violazione della privacy a cui hanno fatto seguito in rete accuse di abuso di potere, subito riprese da esponenti politici della destra».
Boldrini: «Abbiamo due agenti della polizia postale, due, che lavorano alla Camera, distaccati qui a vigilare sulle moltissime violazioni di cui un luogo istituzionale come questo può essere oggetto. C’è stato il caso della parlamentare del Movimento Cinque Stelle di cui è stata violata la posta personale. C’è il caso di una deputata oggi ministra che non ha più potuto accedere ai suoi social network e teme che a suo nome si possano divulgare messaggi non suoi. Poi ci sono le minacce di morte nei miei confronti. Tutte donne, lo dico come dato di cronaca. So bene che la questione del controllo del web è delicatissima. Non per questo non dobbiamo porcela. Mi domando se sia giusto che una minaccia di morte che avviene in forma diretta, o attraverso una scritta sul muro sia considerata in modo diverso dalla stessa minaccia via web. Me lo domando, chiedo che si apra una discussione serena e seria. Se il web è vita reale, e lo è, se produce effetti reali, e li produce, allora non possiamo più considerare meno rilevante quel che accade in Rete rispetto a quel che succede per strada».
C’è in questi giorni la discussione sulla scorta. «Io ho chiesto di non essere scortata. Non ho paura di camminare per Roma, non ho paura di andare da casa in ufficio. Può accadere qualsiasi cosa in qualsiasi momento, certo, ma questo vale per chiunque. Piuttosto mi pare molto più grave, molto più pericoloso che si diffonda in rete una cultura della minaccia tollerata e giudicata tutt’al più, come certi hanno scritto, una “burla”.
Mi sento molto più vulnerabile quando penso che chiunque, aprendo un computer, anche mia figlia, anche i suoi amici, anche i ragazzi giovanissimi che vivono connessi al computer possono vedere il mio volto sovrapposto a quello di una donna sgozzata. Mi domando che effetti profondi e di lungo periodo, fra i più giovani, un’immagine così possa avere».
La campagna contro Laura Boldrini si è impennata all’indomani della sua visita alla comunità ebraica, il 12 aprile scorso.
In quell’occasione, incontrando i dirigenti della comunità , ha parlato della necessità di «ripristinare il rigore della legge Mancino» a proposito dell’incitamento al razzismo e all’odio razziale su web.
È infatti dell’8 aprile la sentenza di condanna dei quattro gestori di Stormfront, sito web neonazista, condannati per antisemitismo. È la prima sentenza che riconosce un’associazione a delinquere via web: a quella si richiamava Boldrini nel suo discorso alla comunità . Da quel giorno è partita la valanga.
Il sito “Tutti i crimini degli immigrati” associa il volto del presidente della Camera alle notizie di reati commessi da cittadini stranieri. “Resistenza Nazionale”, “Fronte Nazionale”, “MultiKulti” e altri indirizzi web diffondono. Poi i fotomontaggi, e le minacce.
Dal 28 aprile, dopo la sparatoria davanti a palazzo Chigi, hanno iniziato a circolare centinaia di messaggi che dicono «Dovevano sparare a te», «la prossima sei tu», «cacati sotto, a morte i politici come te».
La magistratura è avvertita, le denunce sono partite.
«Ma è come svuotare il mare con un bicchiere. Credo che ci dobbiamo tutti fermare un momento e domandarci due cose: se vogliamo dare battaglia – una battaglia culturale – alle aggressioni alle donne a sfondo sessuale. Se vogliamo cominciare a pensare alla rete come ad un luogo reale, dove persone reali spendono parole reali, esattamente come altrove. Cominciare a pensarci, discuterne quanto si deve, poi prendere delle decisioni misurate, sensate, efficaci. Senza avere paura dei tabù che sono tanti, a destra come a sinistra. La paura paralizza. La politica deve essere coraggiosa, deve agire».
Concita De Gregorio
(da “La Repubblica”)
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Il commento del ns. direttore
Diverse cose ci differenziano dalle posizioni politiche di Laura Boldrini, ma una persona appartenente alla destra vera, e come tale attenta alla coerenza dei percorsi personali, non può che nutrire rispetto per questa donna che ha saputo fare scelte coraggiose.
Non so quanti fighetti “pseudo destri” abituati a sparare cazzate nei salottini dei bar avrebbero rinunciato a 19 anni a una vita agiata per partire per il Venezuela senza mezzi allo scopo di aiutare i campesinos.
Altro che inneggiare al “Che” dalle ville di lusso di certi rivoluzionari all’amatriciana, tanto per capirci…
Chi ha vissuto gli anni di piombo ed è stato “costretto a odiare” per sopravvivere, non può che provare disprezzo per coloro che hanno ridotto ideologie a macchiette da Bagaglino, magari lucrando anche poltrone in parlamento.
Il fenomeno migrazione è un problema di flussi dei poveri del mondo che già trent’anni fa la destra più colta e intelligente aveva analizzato, auspicando di aiutare queste popolazioni nei loro Paesi di origine.
E ricordando i viaggi dei nostri immmigrati di inizio Novecento verso le Americhe o quelli del dopoguerra verso Germania e Svizzera: come è facile passare da vittime a carnefici…
A fronte di una becerodestra che cerca consenso seminando odio e istigando alla violenza, occorre contrapporre una destra sociale che chiede il rispetto dei diritti e dei doveri, ivi compresi il rispetto del diritto internazionale e delle convenzioni che l’Italia ha firmato.
Il governo italiano, con la prassi dei respingimenti in mare, non solo ha violato tali norme, subendo molteplici condanne, non solo ha fatto accordi con un assassino giustiziato dal suo popolo, ma si è reso responsabile di veri e propri assassini di profughi affogati in mare.
Sulle minacce via web alla Boldrini qualcuno si chiede “che fare”?
Sul web nessuno deve censurare opinioni, ma i reati sono definiti dal codice penale e dalla civiltà giuridica.
Noi non metteremmo nessuno in galera: la pena va tramutata in due anni in campi di lavoro nei Paesi africani per aiutare a costruire strade, scuole, ospedali.
Frequentare persone normali e sudare dodici ore al giorno è sempre stato un ottimo viatico.
Anche contro la stupidità .
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