JOBS ACT IL MANIFESTO DELLA MALAFEDE
CHI AVRA’ MAI INTERESSE A TENERSI UN DIPEDENTE ANCORA TUTELATO DALL’ART 18, QUANDO UN NUOVO ASSUNTO SENZA TUTELE GLI COSTERA’ UN TERZO DI MENO?
La proposta del governo di abolire l’art 18 contiene dei paradossi persino umoristici.
Quegli stessi politici che si indignano di fronte a intercettazioni telefoniche della magistratura che tocchino loro o le loro amicizie vogliono però concedere alle imprese la possibilità di monitorare con telecamere il lavoro dei dipendenti.
Questi stessi politici che parlano di meritocrazia, con il demansionamento dei dipendenti, costringono un lavoratore ad accettare di fare un lavoro inferiore dopo una vita in cui ha cercato di migliorarsi.
Con la riforma degli ammortizzatori sociali si taglieranno la cassa integrazione e l’indennità di disoccupazione senza introdurre il salario minimo universale perchè non ci sono fondi adeguati.
Quanto alle “tutele crescenti”, i nuovi assunti nella loro crescita non incontreranno mai più l’articolo 18, quindi il loro contratto a tempo indeterminato in realtà sarà finto, perchè essi saranno licenziabili in qualsiasi momento.
Un contratto a termine al minuto, una ipocrita beffa.
L’articolo 18 resterà come patrimonio personale dei vecchi assunti, quindi non solo mano mano si ridurrà la platea di chi usufruisce di quel diritto, ma saranno la stesse imprese a essere poste in tentazione di accelerare il ricambio dei loro dipendenti.
Perchè tenersi il lavoratore che ha ancora la tutela dell’articolo 18, quando se ne può assumere uno senza, pagato un terzo in meno?
Renzi non fa niente di nuovo, applica il principio classico degli accordi di concertazione: il “doppio regime”.
I diritti contrattuali, le retribuzioni, le condizioni di orario e le qualifiche, l’accesso alla pensione, son stati negli ultimi trenta anni ridotti per tutti, ma ai nuovi assunti venivano negati completamente, a quelli con più anzianità di lavoro invece un poco restavano.
I diritti non potevano più essere trasmessi da una generazione all’altra, ma diventavano una sorta di rendita personale per le generazioni che abbandonavano il lavoro.
Questi accordi, sottoscritti dai sindacati confederali e applauditi dagli innovatori ora fan di Renzi, hanno creato l’apartheid.
Renzi stesso mente sapendo di mentire quando sostiene di voler abolire la disparità di diritti, invece tutti i suoi provvedimenti la rafforzano ed estendono.
Il jobs act non cambierà nulla nelle dimensioni della disoccupazione anzi i disoccupati aumenteranno, come è avvenuto in Grecia e Spagna che hanno per prime seguito la via oggi percorsa dal governo.
Il jobs act non risolverà uno solo dei problemi produttivi delle imprese, soprattutto di quelle più piccole che non hanno mai avuto l’articolo 18, ma che sono in crisi più delle grandi.
E allora perchè si fa?
Perchè per Draghi e Trichet la protezione costituzionale del lavoro è un lusso che l’Italia non può più permettersi.
I padroni d’Europa e della finanza vogliono un lavoro low cost in una società low cost, e tutto ciò che si oppone a questo loro disegno va trattato come un nemico.
CGIL CISL UIL in questi anni han lasciato passare tutto, sono state di una passività che il presidente del consiglio Monti arrivò persino a vantare all’estero.
Eppure a Renzi non basta ancora, per lui i sindacati devono generosamente suicidarsi per fare spazio al nuovo.
E questa è la seconda vera ragione del jobs act e del fanatismo con cui viene sostenuto: il valore simbolico dell’attacco all’articolo 18, che Renzi fa proprio per mettersi a capo di un regime, un sistema autoritario che nega la sostanza sociale della nostra Costituzione e riduce la democrazia ad una parvenza formale, fondata sul plebiscitarismo mediatico e sull’assenza di diritti veri.
Il jobs act è parte di una restaurazione sociale e politica con la quale si pensa di affrontare la crisi economica per rendere permanenti le politiche di austerità , che, secondo la signora Lagarde direttrice del Fondo Monetario Internazionale, in Europa non son neppure cominciate. Una restaurazione che nel paese del gattopardo richiede un ceto politico avventuriero disposto interpretarla come il nuovo che avanza.
Per questo il governo Renzi è il governo della menzogna e l’affermazione della verità è il primo atto di resistenza contro il regime che vuole costruire.
Giorgio Cremaschi
ex segretario nazionale Fiom
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