LA CONTRO-NARRAZIONE DI SANREMO SUI MIGRANTI HA BUCATO IL PAESE
HA ESPRESSO IL CORAGGIO POLITICO CHE NESSUN LEADER HA SAPUTO NEANCHE SFIORARE… E SUI SOCIAL PER LA PRIMA VOLTA PREVALGONO COMMOZIONE E RIFLESSIONE
Il Sanremo dei record firmato Claudio Baglioni va oltre i numeri travolgenti che hanno lasciato tutti a bocca aperta. La serata finale su Raiuno ha conquistato 12.125.000 spettatori, pari al 58.3% di share, sfiorando il 70% nella fase conclusiva della serata.
Le parole che hanno attraversato la serata tra le note della finale, sono rotolate su un palco luccicante segnando una vera e propria “rottura di modulo narrativo”.
Sanremo ha espresso un coraggio politico che nessun leader che si agita in questa orrida campagna elettorale ha saputo neanche sfiorare.
Manettari sanguinari, bastonatori notturni, segnano il procedere di un dibattito fatto d’insulti e violenza verbale che appassiona sempre meno e che senza alcuna spinta ideale non riesce a incidere nella vita reale della gente.
Gli esperti improvvisati e gli spin-doctor ci hanno spiegano che ci sono parole che rappresentano un tabù in questa stagione politica e “fanno solo perdere voti”, come il tema dei migranti che, associato a parole come “invasione” ed “emergenza”, rappresenta un costante allarme sociale che ha reso l’argomento terreno di conquista elettorale alimentando paure e agitando la pancia del paese.
Se questo fosse completamente vero, il monologo di Pierfrancesco Favino non sarebbe diventato uno dei momenti più toccanti dell’intero Festival di Sanremo: un monologo di grandissima intensità proprio sui migranti, tratto da “La notte poco prima delle foreste” di Bernard-Marie Koltès incorniciato e messo sull’altare dall’interpretazione di Fiorella Mannoia e dal manifesto di Ivano fossati “Mio fratello che guardi il mondo” che a proposito di parole dice: “C’è una strada sotto il mare prima o poi ci troverà , se non c’è strada dentro al cuore degli altri prima o poi si traccerà “.
Un pugno nello stomaco! Una vera contro-narrazione.
Sono corso sui social e con una certa sorpresa non sono riuscito a trovare la solita animata aggressione, ma un’onda commossa e partecipata come raramente ho registrato, come se i “bastonatori della rete” fossero incapaci di trovare parole, niente insulti niente ironia, solo commozione.
Il “mood” è cambiato? Il festival di Sanremo espressione più genuina della cultura “nazional-popolare” in questa edizione non solo ha fatto emergere l’espressione della cultura di massa, ma ha fatta convivere la canzone popolare, con sprazzi di Pier Paolo Pasolini. La massa diventa avanguardia.
Un’espressione politica che non liscia il pelo all’opinione pubblica ma lo raddrizza e lo indirizza.
La cultura popolare rappresentata senza la retorica della noia sociologica della sofferenza del sapere.
Mentre la politica ha paura di perdere voti ed esprime il peggio di sè bandendo parole come “umanità “, a Sanremo vince un albanese figlio degli stessi disperati che ci guardano dal fondo del Mediterraneo con una canzone che dice “Scambiamoci la pelle, in fondo siamo umani, perchè la nostra vita non è un punto di vista”.
Ma non facciamoci illusioni, la politica oggi è impermeabile a ogni contaminazione e non ha gli strumenti culturali per comprendere il paese che è chiamata a guidare, impegnata a occuparsi di “loro” cose serie.
Candidati e leader sono troppo impegnati a prendersi a calci in culo per guardare il festival di Sanremo.
(da “Huffingtonpost”)
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