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LA TESTIMONE E LE PROVE CHE INCASTRANO BERLUSCONI SUI RAPPORTI CON LA MINORENNE

LE SEI NOTTI DI RUBY IN VILLA, LE TESTIMONI SFUGGITE A GHEDINI, I BUNGA BUNGA CON LE RAGAZZE VESTITE DA POLIZIOTTE…IL RUOLO DI FEDE E DELLA MINETTI, LE TELEFONATE INTERCETTATE COI DETTAGLI DELLE SERATE… PER IL PREMIER SI METTE MALE, ALTRO CHE PERSECUZIONE

L’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, è stato molto giudizioso tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, ma non ha preso in considerazione che al mondo esistono anche donne normali.
Testimoni che non mentono.
Che rispondono con lealtà  alle domande della magistratura.
Torna comodo muovere dai suoi passi per sbrogliare una matassa che, in capo a non più di sei settimane (21/26 febbraio), potrebbe condurre il presidente del Consiglio dinanzi al giudice con l’accusa di concussione e soprattutto di “favoreggiamento della prostituzione minorile” (un reato punito con la reclusione da sei a dodici anni).
Bisogna seguire Ghedini perchè è lui   –   l’avvocato   –   che, nonostante le risorse, l’impegno e la tenacia, manca clamorosamente il colpo.
Si lascia sfuggire qualche testimone risolutivo. Sottovaluta quali prodigi investigativi si possono accumulare analizzando con pazienza il traffico telefonico, scrutinando la localizzazione cell-based con metodi capaci di definire la cellula che “ospita” un telefono mobile e quindi, con un margine di errore di cinquanta metri, il luogo in cui è attivo (o inattivo) quel “terminale”. Le tracce che si lascia dietro un cellulare possono “raccontare” la vita, gli incontri, le relazioni, i movimenti, i tempi di una persona. di un gruppo di persone.
Occorre comunque, per capire, ricordare qual è lo stato di allarme di Berlusconi in primavera. Già  il 27 maggio il capo del governo ha tra le mani tutte le ragioni per sentirsi molto preoccupato.
Ruby   –   minorenne   –   è in questura, quella notte.
Quando Michelle Conceicao de Oliveira, una prostituta brasiliana, lo chiama a Parigi, il Cavaliere ha ben chiaro che è finito in un guaio grosso.
Quella Ruby, che il Sovrano presenta come “la nipote di Mubarak” agli amici, ha la lingua lunga. Spesso è fuori controllo. È facile all’ira, se trascurata.
Il Cavaliere nemmeno osa pensare, quella notte, quale calamitosa frittata può venire fuori se la ragazza va “fuori di testa” e racconta ai funzionari della questura di Milano che lei, Ruby   –   Karima el Mahroug, 17 anni e sei mesi   –   è da tre mesi “la favorita” del Sultano. Lo sappiamo.
Quella notte, il capo del governo gioca abusivamente tutta la sua autorità  per “liberare” Ruby.
Convince i funzionari della questura a qualche mossa “indebita” (nasce qui l’accusa di concussione): Karima può allontanarsi lungo via Fatebenefratelli con accanto Nicole Minetti.
La storia, come l’angoscia del Cavaliere, è soltanto all’inizio.
Dopo qualche tempo, Lele Mora, definiamolo il direttore del carosello notturno che gira ad Arcore per l’esclusivo diletto del Sovrano, sa che la ragazza è stata più volte interrogata dalla procura di Milano in luglio e ancora in agosto. Che cosa ha detto?
Quel che ha detto ora, più o meno, lo sappiamo.
Ruby svela che il 14 febbraio, giorno di San Valentino (ha 17 anni e novantacinque giorni) la chiama Emilio Fede e le dice: ti porto fuori. Non dice dove, non dice con chi o da chi. Il giornalista (ottantenne) passa a prenderla con un auto blu. Ruby sale e filano via scortati da un gazzella dei carabinieri verso Arcore. Non entrano dal cancello principale, dove ci sono i carabinieri, ma da un varco laterale.
Dice Ruby ai pubblici ministeri: “Vengo presentata a Silvio. È molto cortese. Ci sono una ventina di ragazze e   –   uomini   –   soltanto loro due, Silvio ed Emilio. Cenammo, ma non rimasi a dormire. Dopo cena, andai via. Alle due e mezza ero già  a casa. Con un abito bianco e nero di Valentino, con cristalli Swarovski, me l’aveva regalato Silvio. La seconda volta vado ad Arcore il mese successivo. Andai con una limousine sino a Milano due, da Emilio Fede, e da lì, con un’Audi, raggiungemmo Villa San Martino. Silvio mi dice subito che gli sarebbe piaciuto se fossi rimasta lì per la notte. Lele Mora mi aveva anticipato che me lo avrebbe chiesto. Mi aveva anche rassicurato: non ti preoccupare, non avrai avance sessuali, nessuno ti metterà  in imbarazzo. E così fu. Cenammo e dopo partecipai per la prima volta al “bunga bunga”. (Ruby descrive agli stupefatti pubblici ministeri milanesi la cerimonia con molta vivezza). Io ero la sola vestita. Guardavo mentre servivo da bere (un Sanbìtter) a Silvio, l’unico uomo. Dopo, tutte fecero il bagno nella piscina coperta, io indossai pantaloncino e top bianchi che Silvio mi cercò, e mi immersi nella vasca dell’idromassaggio. La terza volta che andai ad Arcore fu per una cena, una cosa molto ma molto più tranquilla. Quando arrivai Silvio mi disse che mi avrebbe presentata come la nipote di Mubarak. A tavola c’erano Daniela Santanchè, George Clooney, Elisabetta Canalis”.
Non è il racconto che Ruby riferisce subito a Mora.
Minimizza all’inizio. Confonde i suoi ricordi. Non rivela tutto.
Mora comprende che la ragazza non dice tutto, dopo aver detto troppo in procura e avverte il premier.
Berlusconi che deve fare? Affida a Nicolò Ghedini il contrattacco difensivo. Una segretaria di Palazzo Chigi convoca le giovani ospiti del premier nello studio legale Vassalli in via Visconti di Modrone a Milano per affrontare la questione delle “serate del presidente”.
Ghedini ha dunque l’incarico di proteggere “le serate” di Silvio Berlusconi. Deve raccogliere da quelle giovani donne (stelle, stelline, aspiranti stelline, prostitute giovani, giovanissime, italiane, latine, slave, caraibiche) dichiarazioni giurate che confermino quel che il Cavaliere va dicendo: si rilassa a volte, come è giusto che sia, ma in celebrazioni che non hanno nulla di scandaloso o perverso.
Sono “testimonianze” necessarie per evitare al premier altro discredito. La procura di Milano indaga per favoreggiamento della prostituzione Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. Berlusconi teme che la prostituzione, ipoteticamente favorita dai suoi tre amici, abbia il teatro proprio a Villa San Martino nelle “serate rilassanti” che il Cavaliere organizza.
Anche nell’ipotesi peggiore, dice Ghedini, egli sarebbe l'”utilizzatore finale”. Anche se si scoprisse che le sue ospiti sono minorenni, nessun problema penale: l’utilizzatore non è tenuto a conoscere l’età  della sua ospite. È fuori di dubbio, però, che sarebbe meglio “documentare” che in quelle allegre serate il sesso non c’è.
Ecco la missione di Ghedini.
Interrogare le ragazze, raccoglierne i ricordi e lasciarle dire con buon anticipo dell’innocenza di quelle occasioni. Ghedini può farlo.
La sua iniziativa è ineccepibile perchè l’art. 391-nonies del codice di procedura penale regola “l’attività  investigativa preventiva” del difensore “che ha ricevuto apposito mandato per l’eventualità  che si instauri un procedimento penale”.
Nell’eventualità  che Berlusconi sia indagato, Ghedini già  prepara le prove non solo dell’estraneità  del Cavaliere, ma dell’insussistenza del “fatto”.
Lasciamo in un canto qui l’abuso di potere che si intravede: decine di ragazzine, ragazze, giovani donne, che hanno partecipato ai “bunga bunga” presidenziali, sono convocate   –   addirittura a Villa san Martino   –   e trovano Ghedini.
L’avvocato chiede: mi racconta che cosa accade nelle serate del presidente? Sono appuntamenti innocenti o peccaminosi? Si fa sesso? Lei ha fatto sesso con il presidente?
Quelle poverette non hanno nè arte nè parte. Hanno una sola ambizione: fare televisione, apparirvi. Sono addirittura in casa del grande tycoon, a un metro dal cielo.
Arrivate a quel punto, potrebbero mai dire una parola storta contro o sul conto del presidente del consiglio? Ripeto, lasciamo da parte questo aspetto dell’affaire perchè ora conta l’abbaglio in cui incappa Ghedini.
L’avvocato colleziona le testimonianze delle “ragazze”, diciamo così dello spettacolo o le giovani e giovanissime professioniste del sesso e pensa di aver un buon lavoro.
Trascura (o, poverino, nessuno glielo dice) che ad Arcore ci sono state anche donne che non hanno nulla a che fare nè con lo spettacolo nè con la prostituzione.
Come la testimone A, ad esempio. È un’amica di Nicole Minetti.
Le cose stanno così.
La Minetti, a Rimini, ha tre amiche del cuore al liceo.
Anche quando Nicole, all’esame di maturità  viene bocciata, non si perdono di vista.
Una di loro   –   “assomiglia come tipo alla Carfagna”, dicono   –   si laurea in giurisprudenza e ora è prossima alla laurea in economia.
Minetti la invita a casa del presidente domenica 19 settembre 2010.
Il 20 la giovane donna (A) chiama le altre due amiche. Alla prima, che chiameremo B, racconta tutto al telefono in una lunga conversazione.
Alla seconda, che chiameremo C, dice invece che gliene parlerà  da vicino della sua serata ad Arcore.
A sarà  interrogata (la prelevano all’università  alla fine di un esame) e conferma l'”imbarazzante serata”, parole sue.
B non sarà  interrogata (quel che può sapere lo si è già  ascoltato nell’intercettazione dalla viva voce dell’amica che le racconta la sua notte dal presidente).
C sarà  convocata da Bologna. Frequenta un corso di specializzazione post-laurea in attesa di affrontare il concorso in magistratura.
È seria, motivata, estranea all’ambiente del presidente. Dalla convergenza delle due testimonianze e del documento sonoro, si può ricostruire che cosa accade quella notte.
È dunque il 19 settembre 2010. A arriva a Milano. Va a casa della Minetti a Segrate, Milano 2. Si cambia.
Raggiungono due stelline dello spettacolo televisivo (A ne conosce una, ne indica il nome) e poi tutte insieme via verso Villa san Martino.
All’ingresso è sufficiente il nome   –   “Minetti”   –   per superare i controlli di polizia.
A cena 20/25 ragazze, più della metà  straniere, e tre uomini: il Cavaliere, l’immancabile Emilio Fede, Carlo Rossella, presidente di Medusa. Cena un po’ noiosa. Parla sempre il presidente. Racconta barzellette, canta. Tutti sono chiamati soltanto a ridere e a cantare in coro.
È soltanto un preludio.
Dopo cena, si scende in quella che tutti chiamano   –   dicono A e B   –   “la sala del bunga bunga”.
È più o meno una discoteca, un banco con l’asta per la pole dance, divani, divanetti, “camerini” dove le ragazze si travestono da infermiere, da poliziotte, tutte con il seno nudo e poi improvvisano uno striptease (stripper anche la Minetti), mimano scene di sesso.
Devono essere “convincenti”, “spregiudicate”, disinvolte e molto disinibite chè le performance migliori saranno premiare con un invito a restare per la notte (allo spettacolino sono presenti Rossella e Fede).
Dopo il “bunga bunga”, si risale in un’altra sala dove Berlusconi sceglie e comunica chi rimarrà  per la notte.
A racconta che qui l’atmosfera si fa elettrica, competitiva, carica di adrenalina e addirittura di odio. E’ il momento clou della serata.
Chi sarà  la favorita? Chi resterà ? Chi avrà  l’opportunità  di “guadagnare” di più? Non è che chi ritorna a casa va via con le mani vuote. I
Il premier   –   ancora in un’altra stanza   –   congeda chi va via.
E’ qui che accoglie la giovane A. C’è anche la Minetti. Berlusconi le chiede se si è divertita.
A dice: “No!”.
Il Sovrano, alquanto risentito, chiede: “Perchè?”.
A rincara: “Mi sono sentita imbarazzata” (Dirà  meglio alle amiche: “Quello è malato, si vede che è un malato!”).
B. le chiede un bacetto e le dà  due cd di Apicella e tra i cd una busta con quattro fogli da 500 euro.
In auto sarà  rimproverata dalla Minetti: “Sei stata troppo dura, ricordati che potrà  esserti di aiuto”.
Queste testimonianze, sfuggite all’occhiuto Ghedini, non dicono soltanto delle “serate rilassanti” del presidente. Chiudono un cerchio.
Le intercettazioni raccontano che è Emilio Fede a muovere la giostra. Chiama Lele Mora e gli dà  il via: “Stasera bunga bunga”. Mora si muove. Convoca stelline e prostitute.
Sono consapevoli del “mestiere” di quelle giovani donne, come è consapevole Berlusconi che le riceve e le trattiene per la notte.
Quando varcano il cancello di Villa san Martino, nelle serate del “bunga bunga”, l’amministratore personale del presidente, Giuseppe Spinelli, ha già  preparato e lasciato nella “stanza dedicata” il numero necessario di buste con un vasto spettro di retribuzioni, dai cinquecento euro per la presenza ai diecimila euro “per la notte”.
E non sempre finisce così. Spinelli riceve anche dopo, le telefonate della “ragazze”. Si sono affannate a capire chi ha avuto quanto e perchè più delle altre e come ha fatto, che cosa ha fatto, che cosa ha detto.
Ci provano tutte con Spinelli, il giorno dopo. Il segretario non è mai infastidito o impaziente. Ascolta con pazienza. La risposta sempre uguale: “Ho bisogno di essere autorizzato, richiamerò”.
E richiama, richiama sempre o per dire che “no, non ha ottenuto l’autorizzazione” o “va bene, la busta è pronta”.
Queste scene devono avere ancora dimostrare due questioni essenziali: Ruby si prostituisce? Ha fatto sesso con Berlusconi?
Sono quadri che la procura di Milano ricostruisce con altri testimoni (amici di Ruby, “clienti” di Ruby prima e dopo i mesi del “capriccio” del Sovrano) e soprattutto con l’ascolto telefonico della ragazza.
In una conversazione, un amico la prende in giro: “E così, Ruby, hai preso il posto di Noemi Letizia”.
“No, caro mio   –   risponde la “nipote di Mubarak”   –   Noemi per lui era un angelo, io per lui sono…”
È ancora il telefono di Ruby a rivelare le menzogne e le omissioni e a svelare quante volte e per quanto la minorenne marocchina si è intrattenuta a Villa san Martino.
I giorni in cui il cellulare della ragazza è presente nella cella di Arcore, notte e giorno, sono sei.24, 25 (quella notte dormì ad Arcore anche Vladimir Putin) e 26 aprile 2010. E ancora il 1 maggio. Infine nei giorni di Pasqua e Pasquetta, 4 e 5 aprile 2010 (oltre che il 14 febbraio, San Valentino, quando però la ragazza   –   non ha mentito   –   torna a casa intorno alle 3 del mattino).
Dunque, ricapitoliamo. Ruby è una prostituta. La ingaggia Lele Mora. Fede l’accompagna dal presidente del consiglio. Il presidente del consiglio la paga per la sua presenza notturna in sei occasioni.
È sufficiente per contestare al capo del governo il favoreggiamento della prostituzione minorile alla luce del secondo comma dell’art. 600-bis?
Bisogna farsi aiutare dalla lettura del codice penale.
Se Lele Mora, Emilio Fede, Nicole Minetti risponderanno del primo comma (“Chiunque induce alla prostituzione una persona di età  inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da 15.493 a 154.937), Berlusconi dovrà  rispondere del secondo comma: “Salvo il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età  compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità  economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a 5.164”.
Qui si deve dire quanto malaccorto sia stato Ghedini a confessare l’abitudine del Cavaliere a farsi “utilizzatore finale” della prostituzione.
Perchè, è vero, che questi non è imputabile, ma nel caso in cui la prostituta sia minorenne è imputabile, eccome.
Anche se non c’è stato “atto sessuale” in quanto, per giurisprudenza costante della Cassazione, è configurabile come “atto sessuale”, in soldoni, anche una “palpazione concupiscente”.

Giuseppe D’Avanzo
(da “la Repubblica“)

This entry was posted on sabato, Gennaio 15th, 2011 at 09:14 and is filed under Berlusconi, Costume, denuncia, emergenza, Giustizia, radici e valori, Sicurezza. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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