LA UE NON CI DÀ UN ANNO IN PIÙ PER FAR SLITTARE IL PAREGGIO DI BILANCIO
IL TESORO MINIMIZZA, MA ORA CI SONO DA TROVARE DUE MILIARDI
La questione è più politica che strettamente contabile.
La bocciatura del rinvio del pareggio di bilancio decisa dall’Ecofin a metà giugno e ratificata nel vertice del Consiglio europeo appena concluso di cui parla oggi Repubblica peserà poco nella lista della spesa che il premier si prepara ad affrontare al ritorno della vacanze a settembre in vista del varo della legge di stabilità .
Meno di due miliardi, sempre ammesso che le stime di crescita su cui si regge tutto l’impianto previsionale del governo non si rivelino poi infondate.
Ma non passa comunque inosservata la coincidenza dei tempi: mentre il presidente del Consiglio era a Bruxelles per negoziare, a parole, maggiori margini di flessibilità all’interno del rispetto dei trattati esistenti, contemporaneamente lo stesso vertice sanciva nero su bianco la bocciatura alla prima e unica richiesta formale fatta dal governo di deroga ai patti europei.
E dire che, mentre si discute di ben più consistenti spazi di manovra da poter sfruttare all’interno delle strettissime maglie dei trattati comunitari, la richiesta formalizzata ad aprile dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan era stata — pur dovuta —piuttosto esigua.
Vale a dire uno slittamento minimo rispetto al pareggio di bilancio in termini strutturali: dal 2015 chiesto dall’Europa al 2016 fissato nel Documento di Economia e Finanza, arrivando comunque a un passo (-0,1%) già il prossimo anno.
“Il governo — aveva scritto il ministro nella sua missiva a Bruxelles – si impegna a rispettare il piano di rientro del debito con il raggiungimento dell’ obiettivo pieno nel 2016 e sostanziale nel 2015”.
Anche per questo dal Tesoro trapela serenità . Un po’ perchè le raccomandazioni erano note almeno dalla metà di giugno, quando l’Ecofin ha corretto, in peggio, il testo uscito dalla Commissione all’inizio di giugno.
Il via libera di qualche giorno fa, si spiega, è un atto di normale prassi istituzionale. Ma il punto più importante sta proprio nelle parole utilizzate dal ministro Padoan.
Le nuove raccomandazioni, pur irrigidite rispetto al testo uscito dalla Commissione, non impongono nè manovre correttive nè interventi straordinari per il prossimo anno, fanno sapere da via XX settembre.
Il pareggio di bilancio verrà “sostanzialmente” raggiunto già il prossimo anno, rispettando così anche le richieste formulate dal Consiglio. Anzi, quello 0,1% di differenza tra l’obiettivo europeo e la tabella di marcia italiana potrebbe costituire un primo banco di prova in Europa della flessibilità di cui tanto si parla in questi giorni.
Diversamente, la correzione nella legge di bilancio per il prossimo anno sarebbe stata ancora più robusta di quanto già non sia destinata ad essere.
Già ora ci sono 20 miliardi da trovare. A partire dai 10 miliardi per rendere strutturale il taglio dell’Irpef che solo in una minima parte, circa 3 miliardi, sono già stati trovati in modo permanente nel decreto varato ad aprile.
Senza contare il fatto che l’estensione della platea per la concessione del bonus, promessa tanto da Renzi quanto da Padoan, rischia di far lievitare sensibilmente la cifra.
A questi — ed altri 5 miliardi che il governo dovrà trovare per spese indispensabili come il rifinanziamento delle missioni internazionali o la cassa in deroga — si aggiungono i 4,9 miliardi con cui il governo sa già di dovere fare i conti per abbassare il deficit strutturale.
La previsione era di dovere scendere di “0,5 punti percentuali” dallo 0,6 del 2014 fino allo 0,1 “grazie ad una manovra di consolidamento interamente finanziata da riduzioni di spesa pari a 0,3 punti percentuali di pil sul primario”. I 4,9 miliardi.
Aggiustamento che, a questo punto, potrebbe essere eventualmente leggermente più caro.
(da “Huffingtonpost”)
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