LA VIA CRUCIS DEI PENDOLARI: I SERVIZI CROLLANO MA LE TARIFFE AUMENTANO
IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE: AUMENTI DEL 47% IN SEI ANNI E TAGLI DEL 15% DELLE LINEE
«Il trasporto pendolare deve diventare una priorità nazionale — dice il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini — negli investimenti e nelle attenzioni. Oggi non è così, e su troppe linee la situazione in questi anni è addirittura peggiorata».
Se i treni dei pendolari viaggiassero alla stessa velocità con cui negli ultimi sei anni sono aumentati i biglietti, il Piemonte sarebbe una lepre difficile da raggiungere.
Non è così, e lamentele e storie di ritardi stanno lì a dimostrarlo, assieme ai numeri. L’ultima fotografia di Legambiente, in questo senso, è impietosa: dal 2010 al 2016, dice l’associazione ambientalista, le tariffe hanno fatto un balzo record del 47 per cento.
Chi pagava 10 euro, insomma, oggi si trova a sborsarne quasi 15.
Un dato che fa sobbalzare gli uffici della Regione: l’incremento c’è stato, ammettono dall’amministrazione, ma è più contenuto, attorno al 20 per cento. E a partire dal 2014 non sono scattati neppure gli adeguamenti Istat.
La guerra di cifre
Dietro la guerra dei numeri, c’è una situazione di incrementi generalizzati, che coinvolge tutto il Paese.
E consola poco, anzi forse fa più male, visto che spesso le tratte finiscono per incrociarsi, il secondo posto della Liguria nella classifica di Legambiente: +41,24 per cento.
Anche perchè, contemporaneamente, le linee si sono accorciate: i tagli hanno rosicchiato l’8,4% dei binari piemontesi e il 13,8% di quelli liguri. Sul gradino più basso del podio, la Campania: tariffe su del 36,1 per cento.
Non che i 3 milioni di pendolari italiani se la passino meglio: l’associazione ambientalista nel suo rapporto «Pendolaria», lanciato alla vigilia dell’entrata in vigore dell’orario invernale, spiega che intercity e regionali si sono ridotti in 15 Regioni, mentre le tariffe sono salite in sedici.
Il servizio migliora in poche, fortunatissime, aree: svetta Bolzano. Passi avanti pure per quanto riguarda l’età media dei convogli: 17,1 anni rispetto ai 18,6 dell’anno scorso, grazie agli investimenti di alcune amministrazioni e ai contratti di servizio con Trenitalia.
Le 10 tratte peggiori
Ragionare soltanto su tagli e aumenti, però, sarebbe limitato.
Legambiente ha dato le pagelle alle singole tratte, prendendo in considerazione guasti tecnici, minuti d’attesa, sovraffollamento.
E qui, in questa sorta di classifica dei dannati, la maglia nera va, per il secondo anno di fila, alla Roma-Ostia Lido e alla Circumvesuviana.
Al terzo posto c’è la Reggio Calabria-Taranto: solo 4 collegamenti al giorno da Reggio a Taranto, per una durata minima di 6 ore e 15 minuti, ma con tre cambi e un tratto in pullman. Poi tocca alla Messina-Catania-Siracusa.
La Cremona-Brescia, prosegue Legambiente, occupa il quinto posto grazie a treni più lenti oggi di 15 anni fa (34 minuti nel 2002, 58 oggi), ritardi, soppressioni, carrozze sovraffollate, disagi dovuti allo spostamento del sottopasso di Brescia per i lavori dell’alta velocità .
Al sesto posto c’è la Pescara-Roma e al settimo posto spunta il Piemonte, e in particolare Casale Monferrato, con la linea per Vercelli e quella per Mortara.
È la pecora nera: mentre la Regione sta studiando nuovi sistemi di tariffe con il biglietto elettronico che consentirebbe di superare il sistema dell’abbonamento e stringe i tempi per rivedere il contratto di servizio con Trenitalia, chi attende in stazione inizia a perdere le speranze.
Tra la Treviso-Portogruaro e la Bari-Martina Franca-Taranto, nella classifica al contrario di Legambiente finisce pure la Genova-Acqui Terme, un altro snodo difficoltoso per chi si sposta nel Nord-Ovest.
«Le tradizioni si rispettano», sorridevano amari ieri dal Comitato dei pendolari. L’infrastruttura vede ancora 46 chilometri di binario unico sui 63 della tratta e, dice l’associazione, è ormai indispensabile un potenziamento almeno fino a Ovada, in provincia di Alessandria. Al contrario, negli ultimi anni si è assistito a tagli delle corse con quasi il 35% in meno.
Giuseppe Bottero
(da “La Stampa”)
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