LA VIGILIA DI EGLE AL MERCATO DEGLI SCARTI: “BISOGNA CAMBIARE”
PENSIONATA A TORINO, E’ UNO DEGLI INVISIBILI CHE OGNI GIORNO IN PIAZZA RACCOLGONO GLI AVANZI… “PENSAVO DI AVERCELA FATTA, CI SENTIVAMO RICCHI E PIENI DI SPERANZA”
Non doveva finire così. Con questa sciarpa alta per nascondere il viso e le scarpette di pelle inadatte alla neve. Le mani screpolate. I denti che fanno male.
Gli occhiali ormai vecchi, che ti lasciano i contorni delle cose liquidi e sfocati.
Non doveva finire con questa paura di essere sorpresi, mentre stai agguantando una carota da terra.
La signora Egle Zorzan non è una ladra. Non ha mai fatto niente di male in vita sua. Ha lavorato, viaggiato, amato e pensato di avercela fatta.
Oggi, a 80 anni, sorride con disincanto, mentre mette via una mela scartata dal mondo e recuperata da lei.
Al mercato di Porta Palazzo, all’ora dei «raccoglitori», quando entrano in scena quelli che non possono permettersi di fare la spesa.
«Ci si vergogna un po’ – dice guardando dritto – ma in fondo è frutta buona. È un peccato. Andrebbe sprecata».
La prima volta era venuta per i giornali delle free press, quelli gratuiti.
Stava cercando un passatempo, ma ha trovato un modo per tirare la cinghia: «Ho notato che lo facevano in tanti. In particolare mi ha colpito una signora con la pelliccia: stava riempiendo un borsone di gambi di sedano. Mi ha sorriso, mi ha chiesto se volevo dividerli con lei. Quando sono arrivata a casa, li ho puliti bene, tagliati a pezzetti e messi nel surgelatore. Ci ho fatto il minestrone tutto l’inverno».
Sono giorni duri, questi. Di rinunce e minestre di fortuna.
Otto milioni di poveri in Italia, secondo l’Istat.
Nel 2012 solo a Torino sono state sfrattate 4.200 famiglie.
Diverse catene di supermercati hanno deciso di recintare i bidoni dell’immondizia, di fronte ai magazzini, per renderli inaccessibili. «È un modo per scoraggiare le code che si formavano alla sette di mattina», spiega un addetto alla distribuzione di Carrefour.
Giorni impietosi.
E adesso, dopo mesi di parole e promesse al centro della più brutta campagna elettorale di sempre, l’Italia va a votare e decide il suo futuro.
«Bisogna cambiare – dice la signora Zorzan – spero lo capiscano. Abbassare le tasse, alzare le pensioni minime. Prendersi cura di chi ha sempre lavorato».
I conti nel suo portafoglio sono presto fatti: 600 euro di reversibilità , meno 300 euro di affitto, meno le spese di condominio, le bollette, le tasse e il cibo.
«In media, ho calcolato, per mangiare spendo 5 euro ogni 3 giorni».
Eppure c’è stato un lungo periodo della vita in cui si era sentita orgogliosa, in pace e quasi ricca: «La mia famiglia è originaria del Veneto. Il paese si chiama Stanghella. Avevamo due campagne. Ero bambina e vedevo arrivare gli operai per la raccolta del grano, l’uva e il granturco. E quando mio nonno passava sul suo carretto, tutto il paese si toglieva il cappello: “Buongiorno signor Penon…”».
Sono partiti per Torino attratti dalla grande fabbrica.
«Era il ’59. Siamo scesi alla stazione di Porta Nuova con due bambini piccoli, come terroni del nord. Mio marito Giovanni lavorava in catena a Mirafiori. Ricordo quel periodo come il più felice della mia vita. Per me è stato il viaggio di nozze che non abbiamo fatto. Ricordo le lettere che spedivo a casa: “Mamma, siamo riusciti a mettere da parte 60 mila lire…”. Era una gioia».
Ma il ricordo più bello di tutta la vita forse – a ripensarci qui freddo, al mercato, oggi – è un altro: «La nostra famiglia su una piccola 500 nuova, con attaccata sul tetto una gigantesca lavatrice da regalare a mia suocera. Cantavamo fuori dai finestrini». Adesso sono le due di pomeriggio. Il mercato sta sbaraccando. Venditori intirizziti gridano le ultime offerte anticrisi.
È tutto un rumore di cassette che si riempiono, ferri che cadono, carretti che trainano via, a pezzi, i banchi.
La signora Zorzan si ferma a parlare, consapevole di perdere i minuti propizi.
C’è un uomo di 92 anni, dentro a un giaccone azzurro, che spulcia una cipolla con le mani tremolanti. Una ragazza bella e arrabbiata che raccoglie costine.
Una pensionata in fuga dal suo quartiere: «Perchè qui non mi conoscono».
Donne anziane, muratori romeni, signori di mezza età con piccoli trolley quadrettati e sguardi scientifici.
Quello che fa più male è il guizzo improvviso con cui raccolgono i pezzi da terra. Come fosse uno scippo. Qualcosa di inconfessabile.
La visione politica della signora Zorzan è la seguente: «Non credo più alle promesse di Berlusconi. Monti, oltre a mettere l’Imu, ha alzato troppo l’età pensionabile. Grillo urla come la Lega all’inizio. Bersani non mi hai convinto, non so perchè. C’è solo un politico che avrei votato volentieri: Matteo Renzi».
Vada come vada, lei non resterà a guardare. «Con gli ultimi risparmi ho comprato un pezzo di orto popolare. Le piantine dei piselli sono già alte 7 centimetri. Ho piantato anche radicchio, cipolline, aglio, rape».
È così che resiste, lavorando ancora e facendo sacrifici ingiusti.
«Non sono più andata dal dentista. Anche l’apparecchio acustico costava troppo». Si è riscoperta povera quando pensava di averla scampata.
«E dire che con i risparmi per molti anni ce la siamo cavata bene. Abbiamo aiutato i nostri figli. Siamo stati in Spagna, a Parigi, molte volte in Liguria a Loano, un posto che mi piace tantissimo».
Ecco, se c’è un sogno che Egle Zorzan spera che la politica italiana non gli strappi via proprio questo: «Andare al mare a ottobre. Quando è bello, ma costa meno. Sto risparmiando. Vorrei tornare nella pensione che piaceva tanto a Giovanni, quella vicino alla stazione. Ci passavamo un mese d’estate, quando ancora ci chiamavano il signore e la signora Zorzan».
Niccolò Zancan
(da “La Stampa“)
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